«Calum!» urlai con tutte le forze che avevo, strattonando le manette che mi tenevano ancora ferma «Calum! No, ti prego!»
Lo vidi cadere all'indietro, un tonfo che mi riempì le orecchie. Poi non sentii più alcun rumore, tutto si muoveva al rallentatore e io non potevo fare nulla. Ero immobile. Urlavo, ma non mi sentivo. Strattonavo così tanto le manette che ad un certo punto mi parve di sentire il sangue colare tra le mie dita, ma non era nulla in confronto a quello che si accumulava velocemente attorno alla sua testa. Una pozza viscida, liquida e che gli stava risucchiando la vita fuori dal corpo.
«Calum!» urlai ancora, la voce che usciva rotta e incrinata dalla paura, dal terrore. Non era successo davvero. Non poteva essere successo davvero. Lui non stava veramente lì steso a terra, immobile. Non era reale. Non era vero.
«Angie, Angie» un uomo mi afferrò la spalla e io lo guardai negli occhi. Erano calmi, riuscivano a mantenere la calma «Adesso è importante che tu stia ferma. Stai ferma»
Mi ritrovai ad annuire cercando di respirare, cercando di imbrogliare la stessa calma che possedeva lui. Mi guardò un'ultima volta, dicendomi ancora di stare ferma. Poi sparò alle mie manette.
Potei muovere le mani, potei muovermi. Alzandomi immediatamente in piedi mi accucciai affianco a Calum. Era terribile e io mi ritrovai a singhiozzare ancora. Il proiettile lo aveva colpito al collo e stava perdendo molto sangue, la pozza sotto il suo capo continuava ad espandersi. Calum boccheggiò e un rigagnolo rosso uscì dalle sue labbra.
«Calum» dissi iniziando a togliermi la felpa che portavo. Premetti forte contro il suo collo, cercando di non tremare, e pregai che il sangue perso non fosse troppo.
«Angie» mi richiamò l'uomo, ma non mi voltai per guardarlo «Resta con lui, corro a chiamare i soccorsi»
«Ti prego, fa presto» mormorai mentre correva via.
Dovevo respirare, dovevo restare lucida. Dovevo farlo per Calum. Ma non riuscivo a smettere di piangere mentre il tessuto della felpa si inzuppava di sangue e io premevo sempre più forte. Ce l'avrebbe fatta. Doveva farcela.
«Cal» ansimai «Ti prego, apri gli occhi. Ti prego, resisti, fallo per me, fallo per noi»
Sbadatamente gli sfiorai la guancia con la mano, sporcandolo anche lì, ma almeno lo vidi aprire gli occhi. O, perlomeno, socchiuderli.
«Resisti Calum» sussurrai «So che ce la puoi fare»
Il mio respiro tremava mentre Calum cercava di non morire. Mi guardò, passò lo sguardo su tutto il mio viso «Ti amo, Angie» disse «E vorrei che tu sapessi che non avrei mai trovato... un'altra persona meravigliosa come te, che avrebbe potuto prendere il tuo posto... nel mio... cuore» rantolò.
Un singhiozzo mi creò un groppo in gola «Ti amo anch'io Calum, e tu non te andrai» scossi forte la testa «Resterai qui e potrai dimostrarmi quanto mi ami, e io potrò fare lo stesso con te»
Chiuse gli occhi «Devi dire ai ragazzi che ho voluto loro un bene dell'anima»
«Smettila!» sbottai tra le lacrime «Glielo dirai tu, non sarò io a farlo»
Iniziò a piangere anche lui, facendo scorrere le piccole e delicate gocce a lato del viso «Anche alla mia famiglia»
Non riuscii a ribattere e premetti più forte la felpa sul suo collo. Tremavo da morire e ormai, con tutto quel sangue, anche le mie ginocchia erano immerse nella pozza.
Poi aggiunse ancora «Non ricordarmi così, per favore»
Chinai il viso, ormai stravolto, e annuii solamente. Mi stavano mancando le forze.
Calum aprì gli occhi per l'ultima volta e mi guardò «Innamorarmi di te è stata la cosa migliore che abbia mai fatto nella vita, nonostante tutto» mormorò.
Persi il controllo e piansi ancora più forte, chinandomi fino ad appoggiare la fronte contro la sua spalla «Mi dispiace così tanto, Calum»
Lui non rispose. Quando mi alzai vidi che era tornato con gli occhi chiusi.
Iniziai a sentire dei passi veloci in lontananza e presi un grande respiro. Mi morsi le labbra «Devi vivere!» urlai singhiozzando «Devi vivere, Calum!»
Arrivarono molte persone e dei paramedici mi fecero spostare per poter prestare il primo soccorso. Mentre indietreggiavo le gambe mi cedettero, e sarei caduta se non fosse stato per l'agente Snow. Mi guardò, con tenerezza, poi mi prese tra le braccia. Cominciai a piangere senza alcun controllo.
Avevano portato anche me al pronto soccorso, curandomi la pelle lacerata dei polsi, dandomi del ghiaccio per la storta alla caviglia e qualche altra pastiglia che, se avevo capito bene, aveva qualcosa a che fare con lo shock che avevo subito.
Ero calma, più o meno. La definizione più adatta sarebbe stata "troppo sconvolta per capire razionalmente quello che era realmente successo", in pratica mi trovavo in uno stato in cui tutte le mie emozioni erano state compresse in una minuscola pallina che avevo trasferito nel posto più oscuro e lontano da me possibile. Ma non bastava, perché il senso di vuoto assoluto mi stava frantumando il cuore.
Non ero ancora stata interrogata e i poliziotti avevano convenuto che sarebbe stato meglio aspettare per farlo, dandomi un po' di tempo, ma tanto non sarebbe servito. Avevo rimosso tutto, ogni cosa, tranne Calum che stramazzava al suolo, che perdeva fiotti di sangue... L'agente Snow, però, era stato così gentile da riassumermi tutto, fino alla sparatoria: Snow era staro svelto, e aveva sparato a Dominic meno di un secondo dopo che l'aveva fatto lui, ma non era bastato comunque. È vero che Dominic era morto sul colpo, ma anche Calum aveva sfiorato e continuava a sfiorare la morte. Il proiettile aveva toccato una vena principale del collo, non troppo da lacerarla completamente ma abbastanza da provocare una grave emorragia. Aveva perso molto sangue.
Intanto io ero in sala d'aspetto con una coperta sulle spalle e un asciugamano sulle gambe, e venivo mangiata dall'ansia ogni secondo di più.
Nella sala d'aspetto vuota entrarono tre persone e si fermarono a parlare con un infermiera. Non alzai lo sguardo nemmeno quando i ragazzi si inginocchiarono davanti a me. Iniziarono a parlare, ma non capivo una parola. Decisi comunque di guardarli: erano sconvolti, com'era normale fosse, e tutti avevano gli occhi lucidi.
«Gli ha sparato» dissi piano. Cadde un grave silenzio prima che io scoppiassi ancora a piangere. Michael si inginocchiò davanti a me, appoggiò le mani sulle mie gambe e mi obbligò a guardarlo. Nonostante fossero pieni di lacrime, i suoi occhi mi calmarono.
«Lo sai che è un ragazzo forte» mormorò «Lo sai che ce la farà»
Annuii, reprimendo le lacrime. Mi sorpresi che ne avessi ancora «Mi ha detto di dirvi che vi ha voluto un bene dell'anima»
Fu il limite per tutti noi. Luke rimase a guardarmi ancora per un attimo prima di prendersi la testa fra le mani, sedersi a terra e incominciare a singhiozzare. Ashton si appoggiò al muro e fissò il vuoto, poi abbassò la testa e strinse forte la mascella prima di dare un pugno alla parete e lasciarsi cadere su una delle sedie. Michael, invece, annuì prendendo un profondo respiro, si sedette al mio fianco e mi circondò le spalle con un braccio, lasciandomi piangere contro di lui mentre mi baciava la testa e si lasciava andare come tutti quanti.
Non potevamo fare nulla. Dovevamo solo aspettare e sperare.
Okay. Direi che è stata decisamente dura da scrivere, ma sono felice di come sia uscito. Non ho molto da dire, ma, parlando sinceramente, spero di avervi strappato un paio di occhi lucidi e magari qualche lacrima (come è successo a me mentre scrivevo) e di essere riuscita a trasmettere qualcosa. Spero davvero che sia valsa la pena aspettare per voi. Ci rivedremo nel prossimo capitolo? Bye <3
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My (Fake) Boyfriend || Calum Hood
FanfictionBussai. Nemmeno un rumore provenne da dentro, così riprovai, con più forza. «Ehi ehi, tranquilla» esclamò il moro aprendo la porta con una faccia assonnata «Ti rendi conto che per me è notte fonda al momento?» Giocai con le mie dita «M...