Capitolo 23

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Erano passate ventiquattro ore esatte da quando Elisabetta era stata prelevata da casa sua a Rubiano ed era stata portata all'ospedale dove ancora adesso Franz era stato ricoverato.
Non aveva fatto molti progressi, anzi, la sua situazione era rimasta invariata da quando era uscito dalla sala operatoria. Nel mentre era però arrivato Hermann insieme a Luciano che si era recato lì per dare un supporto alla sorella.

"Signora Schwartz.- Era nei corridoi quando venne richiamata da un uomo in divisa da carabiniere con un marcato accento del sud.- Dovremmo farle alcune domande." Elisabetta annuì, era stata avvertita del fatto che avrebbe dovuto sottoporsi ad una sorta di interrogatorio.
"È possibile farlo qui in ospedale?" Chiese lei con fare stanco, aveva dormito pochissimo la notte e il bambino che portava in grembo le succhiava troppe energie. L'uomo annuì.

Era una piccola stanza quella che era stata assegnata dall'ospedale per svolgere quella prassi ma infondo l'unica cosa che importava a Elisabetta era rimanere nell'edificio.
"Bene...- mormorò il maresciallo dei carabinieri che era venuto a chiamarla poco prima.- Sono solo alcune domande necessarie a trovare i colpevoli dell'assalto a suo marito." La donna annuì, sapeva bene che anche se fossero stati trovati sarebbero rimasti impuniti in quanto nessuno si sarebbe mai sognato di processare e mandare in carcere chi aveva cercato di farsi giustizia uccidendo un criminale di guerra.
"Ricapitolando, lei era a conoscenza del fatto che lui sarebbe venuto in Italia?" Cominciò l'altro.
"No." rispose calma.
"Quindi nessuno era a conoscenza di questo viaggio?" La donna sospirò.
"Questo non posso dirlo, credo che qualcuno tra i suoi collaboratori e i miei figli sapessero che lui sarebbe venuto qui, ma come le ho già detto, non posso saperlo." Cercò di tenere il tono più calmo possibile ma non era facile parlare di suo marito.
"Quando è arrivato chi sapeva della sua presenza?" Elisabetta sospirò, aveva già raccontato come erano andate le cose e ora doveva ripetere tutto.
"Mia sorella è l'unica che so che per certo che lo abbia visto." Rispose calma.
"Sua sorella potrebbe avere un movente per consegnare una tale notizia a qualcuno?" Elisabetta lo guardò scioccata.
"Sta per caso dicendo che mia sorella avrebbe potuto mettere a rischio la vita di mio marito?" Domandò ora furiosa lei, brutta cosa gli ormoni impazziti della gravidanza.
"Signora funziona così, si devono valutare tutte le ipotesi e in questo caso c'è anche la possibilità che sia stata lei. In ogni caso c'è qualcuno in particolare a Rubiano che ha dimostrato particolari ostilità nei confronti di suo marito?" Elisabetta questa volta scoppiò a ridere.
"Non so se ne è reso conto, ma si è fatto odiare da tutto il paese, lo sa vero che era il comandante delle SS della zona?" Era più che altro un tentativo di sdrammatizzare. Il maresciallo sospirò annuendo.
"Va bene, direi che per ora è tutto." Abbastanza arreso.

Finite le domande era tornata nella camera che era stata affidata al marito, aveva recuperato la sedia e si era seduta lì vicino a lui. Aveva posato una mano sul ventre ancora quasi del tutto piatto e con l'altra aveva stretto la mano del marito libera dall'ago della flebo.
"Perché sei stato così stupido da venire fino a qui?- Mormorò piano.- Lo sapevi che era pericoloso ma tu no, perché sei un cretino orgoglioso..." Stava sfogando tutte le frustrazioni che quell'avvenimento le aveva portato. Ci fu poi un bussare alla porta e così si alzò dovendo lasciare la mano di Franz.
Quando aprì la porta fu una sorpresa per lei vedere la figura di Tobia, amico suo e di suo fratello fin dall'infanzia ma con il quale aveva poi perso i contatti dopo essersi trasferita a Bonn.
Tobia aveva perso la gamba all'inizio del conflitto mondiale, però ora era dotato di una protesi che gli permetteva di muoversi dovendo utilizzare solo un bastone.
"Ciao..." Lo salutò stanca, era curioso ritrovare Tobia lì, anche perché l'uomo non sapeva nulla di chi fosse suo marito.
"Ciao.- Rispose imbarazzato mentre Elisabetta si chiudeva la porta dietro di sé muovendo qualche passo verso il corridoio.- Io... Si è sparsa la voce di quello che è successo in paese..." Elisabetta annuì, non aveva neanche provato a sperare che rimanesse segreto.
"Schwartz." Considerò Tobia, come se ripeterlo lo rendesse più vero. Elisabetta accennò un sorriso annuendo.
"È incredibile...- poi scosse il capo.- Scusami immagino tu ora abbia altre preoccupazioni." Considerò l'altro alla fine.
"Tranquillo, immagino sia stato difficile da scoprire, però sono contenta che tu non sia qui a urlarmi contro." L'altro scosse il capo.
"No, no... Immagino sia lui il padre di Sofia allora." Continuò poi Tobia, incredibilmente quando le persone venivano a conoscenza di questo fatto cambiavano opinione su Schwartz.
"Già." Sorrise appena Elisabetta, avrebbe voluto anche aggiungere che era pure il padre del bimbo che portava in grembo ma si fermò.
"Lei è in Germania?" Domandò quindi l'uomo riferendosi ovviamente alla figlioletta.
"Si, è lì con suo fratello e la madre di Franz è venuta a dare una mano a tenerli, penso che tra due o tre giorni li faremo scendere qui." Rispose lei, parlava ancora al plurale come se si riferisse alle azioni che entrambi facevano ma la realtà era che ora era da sola e chissà per quanto lo sarebbe stata.

Tobia era poi tornato da suo fratello e lei era rimasta in camera mentre Hermann e un'infermiera controllavano le ferite.
"La febbre si sta abbassando e questo è buono..." Considerò Hermann, i due avevano optato per parlare in tedesco così da avere quella privacy di cui Elisabetta necessitava tremendamente.
"Hermann onestamente, ce la farà?" Chiese la giovane donna, tutti cercavano di convincerla che sarebbe sopravvissuto ma lei voleva avere delle risposte sincere e concrete.
L'uomo si fermò interrompendo per un attimo il suo lavoro.
"Ha buone possibilità, ma potrebbe succedere di tutto, il suo percorso è positivo, ha ormai passato tre notti e quindi è difficile che si dimostrino complicazioni, ma non posso darti certezze." Elisabetta annuì, l'uomo accennò un sorriso e poi riprese a lavorare.
"Poi vuoi mica che si perda un'altra nascita." La donna arrossì, Hermann se ne era accorto evidentemente.
"È così evidente?" L'uomo scosse il capo.
"Sono un medico, ti conosco e ti sono stato vicino in questi giorni, dubito che qualcun altro potrebbe accorgersene." Rispose calmo. Elisabetta annuì accennando un sorriso.
"Comunque spero seriamente che sopravviva e si riprenda, anche perché sennò il suo braccio destro troverà un modo per farmi fuori." Elisabetta lo guardò scioccata.
"Herr Schreiber?" Domandò perplessa.
"No!- Esclamò sfilando una benda.- Non sai da dove lo ha preso Franz? È stato un mio superiore per un anno circa. Non il tipo che vuoi far arrabbiare." Elisabetta lo guardò perplessa, non si aspettava certo qualcosa del genere.
"Era nelle SS?" Domandò lei, Hermann lanciò uno sguardo all'infermiera come per verificare che questa non stesse capendo davvero nulla.
"Già, comunque temo di doverti confessare che la sua carriera nelle SS gli ha salvato la vita, anche se è lo stesso motivo per cui è stato attaccato, però senza il tatuaggio sul braccio non avrebbero saputo il suo gruppo sanguigno e ti assicuro che quando è arrivato gliene serviva di sangue." Elisabetta sospirò.
"Odio quel tatuaggio, in ogni caso..." Disse lei sospirando andando ora ad adocchiarlo sotto il braccio dell'uomo.

-
Ecco qui un nuovo capitolo.
Non succede nulla davvero di speciale, se così vogliamo definirlo, però si entra un po' nel come Elisabetta vive questo momento, torna Tobia e poi c'è l'interrogatorio, pensate che la sorella possa essere coinvolta?

Weg zum Himmel -  #2 gli Uomini del ReichDove le storie prendono vita. Scoprilo ora