Capitolo 8

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Luglio 1936 - Konzentrationslager Dachau (campo di concentramento di Dachau), Germania.

"Franz" lo richiamò l'Hauptsturmfuehrer Heinz mentre la macchina su cui erano a bordo varcava i cancelli del campo. "lo sai perché siamo qui?"

Friedrich Heinz era il suo responsabile, non solo suo ma degli altri nuovi ufficiali che si erano arruolati con lui, eppure aveva una predilezione per lui, sosteneva che fosse l'unico con la testa per andare avanti.

"Nein, Herr." Rispose lui facendo un cenno negativo col capo. L'uomo accennò un sorrisetto.

"Non è la prima volta che vieni qui a Dachau vero?" Franz negò nuovamente, il campo di concentramento distava circa mezz'ora di macchina dall'ufficiò in città, tra l'altro vi era anche un campo di addestramento per le nuove reclute.

"C'è un uomo che il SD - il servizio di sicurezza interno alle SS e di cui lui faceva parte - sta cercando da un po' e si è scoperto che uno dei suoi conoscenti è nostro gradito ospite qui." Schwartz lo guardava interessato, Heinz era una miniera per lui e aveva capito chiaramente che se voleva fare carriera doveva ascoltarlo.

"Ora faremo una chiacchierata con lui, vediamo se ha qualcosa da dirci." Franz annuì serio, si era arruolato da poco ma non era nuovo al modus operandi delle SS, soprattutto durante gli interrogatori, sapeva perfettamente cosa aspettarsi.

"Herr Hauptsturmfuehrer, si aspetta qualcosa da me?" Chiese serio, non voleva deludere Heinz. L'uomo scosse il capo mentre l'autista arrestava la vettura.

"No, nulla di particolare." Mise il cappello in testa per poi aprire la portiera. "Forza." Uscendo poi dalla macchina.

Franz Schwartz aveva capito una cosa, nelle SS c'erano due tipi di soldati: quelli che vedevano la violenza come un mezzo per raggiungere uno scopo e altri che semplicemente la trovavano eccitante, come una droga. Lui si reputava tra i primi.


L'uomo di cui Heinz gli aveva accennato era abbastanza malconcio, Franz se lo aspettava, dopotutto sapeva già come funzionavano i campi, seppur all'epoca non erano ancora così diffusi come sarebbe successo negli anni successivi.

I vestiti erano logori, probabilmente non erano stati cambiati per giorni. Era stato legato su una poltrona, sembrava molto simile a quelle del dentista, solo che le braccia erano state legate ai braccioli, anche le caviglie erano state bloccate alle gambe della seduta.

"Herr Mayer" Il sorrisetto con cui Heinz approcciò il prigioniero avrebbe fatto rabbrividire chiunque. "Spero stia gradendo la sua permanenza qui." sempre strafottente mentre l'altro teneva lo sguardo basso.

Franz guardava la scena da qualche passo dietro Heinz. Aveva l'abitudine all'inizio di ogni interrogatorio di cercare di capire che tipo di persona fosse il prigioniero. Ne aveva trovati diversi: gli irriducibili, ovvero quelli che resistono fino alla fine, i codardi, quelli che aprono bocca immediatamente, i convinti, quelli che iniziano dicendo che non diranno nulla ma che poi dopo cinque minuti parlano e infine, la sua categoria preferita, i bugiardi, quelli che iniziando negando tutto e la cui confessione dopo è ancora più piacevole da sentire.

Avrebbe scommesso cento marchi, la sua paga praticamente, che l'uomo era proprio uno di quelli.

"Allora Florian, non ti dispiace vero se ti chiamo per nome o? Cerchiamo una persona che conosci, e non negare perché ne abbiamo le prove, si chiama Paul Doner." Franz non aveva un ruolo attivo negli interrogatori, piuttosto doveva concentrarsi sul prigioniero e cercare di comprendere o dare un senso alle sue azioni, questo era il consiglio che Heinz gli aveva dato quando avevano iniziato a lavorare insieme.

"Lo conosco Herr, ma non so dove possa trovarsi, l'ultima volta che l'ho visto è stata più di sei mesi fa, forse anche un anno." Franz accennò un sorriso, ci aveva preso.

"Uhm..." Mormorò Heinz osservando l'uomo. "Quasi un anno fa dici? Eppure Frau Olga, la tua vicina nel caso avessi un altro vuoto di memoria, è sicura di averlo visto entrare in casa tua qualche giorno prima che venissi arrestato, che si tratta di due settimane fa..."

"No Herr, si deve essere sbagliata, io non vedo Paul da più di sei mesi." Franz intercettò l'occhiata tra Heinz e il soldato che li accompagnava e che si voltò verso una cassa estraendone qualcosa.

"Capisco, probabilmente è così, d'altronde Frau Olga è anziana..." Considerò l'ufficiale. "Ho saputo che fai il pianista, non ti dispiacerà vero se ci prendiamo cura delle tue mani? Nel mentre puoi provare a pensare se Paul Doner è entrato in casa tua due settimane fa o no." E' stata questione di pochi secondi, come da copione il soldato impugnò il martello e, come se dovesse fissare un chiodo ad una parete, iniziò a batterlo sulle dita di Florian Mayer che invano cercava di dimenarsi. Al termine di ciò le mani erano informi e rosse dal sangue. Il prigioniero era invece scosso da tremiti e gemiti di dolore.

Franz non fece cenno di cedimento, il prigioniero invece sì.

Fu una confessione veloce, circa cinque minuti, ma sufficienti per far sì che Heinz avesse quello che gli serviva.

"Franz portalo fuori, con quelle mani lì non può fare più nulla, a te l'onore." Schwartz lo guardò sorpreso ma poi, vittima dell'adrenalina del momento obbedì in silenzio agli ordini.

Lo trascinò dietro il muro di una baracca, il dolore alle mani probabilmente lo aveva reso inattivo, o forse la consapevolezza di aver condannato un suo amico.

"In ginocchio." Ordinò serio. Non aveva mai ucciso nessuno, non vi era mai stata l'occasione, ma aveva visto altri farlo. Doner esitò ma un calcio ben assestato del giovane ufficiale lo fece capitolare a terra.

Franz non esitò, prese la sua Walther, la pistola in dotazione, dalla fondina e, dopo aver rimosso la sicura la posizionò dietro la nuca dell'uomo. Fu un momento, premette il grilletto e il prigioniero collassò a terra mentre del sangue schizzava dalla testa di questo contro la giacca della divisa. In silenzio Franz rimise l'arma al suo posto e si voltò raggiungendo la vettura.





Aveva ucciso un uomo. In un primo momento un'onda di eccitazione lo aveva avvolto, poi era giunto il momento di togliere la divisa nella camera dell'albergo un conato di vomito lo colse mentre osservava il sangue che aveva macchiato la giacca.

Fu una delle sue notti peggiori fino a quel momento, vomitò tre volte e non toccò cibo, non riusciva a prendere sonno. Si chiese se fosse degno di quella divisa, se fosse all'altezza di essere una SS.


Il mattino dopo aveva la faccia di chi non aveva chiuso occhio quando si presentò in ufficio. Heinz se ne accorse, suo malgrado.

"Vuoi dirmi qualcosa Franz?" Gli chiese l'ufficiale, come se avesse capito l'imbarazzo.

"No, Herr." rispose sicuro lui, si vergognava di ammettere quella debolezza.

"Sai Franz, a tutti, o quanto meno quasi tutti, capita di star male la prima volta, c'è chi soffre di incubi, chi vomita, chi non dorme, non mi interessa quello che hai fatto te. Non c'è da vergognarsi però, siamo pur sempre esseri umani, seppur superiori. E proprio in quanto superiori dobbiamo essere in grado di andare contro la nostra natura e la nostra coscienza per raggiungere un obiettivo, l'obiettivo è quello di rendere il mondo un posto migliore." Franz lo guardò stupito, non si aspettava tali parole. "Non siamo migliori perché non proviamo sentimenti, siamo migliori perché in grado di mettere i nostri sentimenti in secondo piano in favore di tutti. Siamo persone generose Franz." E si congedò con una pacca sulla spalla.

Da quel giorno Franz Schwartz perse il conto di quante persone per un suo ordine o direttamente persero la vita, fatto sta che nessuna di queste fu in grado di scalfirlo.

Weg zum Himmel -  #2 gli Uomini del ReichDove le storie prendono vita. Scoprilo ora