Capitolo 18

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Marlene sapeva bene quando aprì la porta dell'ufficio di Herr Schwartz che ci sarebbero state poche possibilità di successo in quel tentativo che stava per fare però, a suo parere, ne valeva la pena.
Certo trovarsi l'esercito in camera mentre era a letto con Stefan, che poi si era rivelato essere Thomas, era stato un bello shock e finché non era stata rilasciata aveva odiato il ragazzo per averla ingannata e averla trascinata nei guai. Eppure prima di andarsene dal quartier generale del servizio di sicurezza aveva chiesto di poter parlare con lui quanto meno per esprimere il suo sdegno e le erano stati accordati cinque minuti, non un secondo di più.

Non si ricordava di averlo mai visto particolarmente entusiasta, ma ora che lo rivedeva attraverso quel vetro le pareva un fantasma.
"Mi dispiace..." Furono le prime parole dell'altro che se ne stava seduto su una sedia, le mani ammanettate dietro la schiena e il capo chino, quasi si vergognasse di farsi vedere in volto. Un moto di compassione prese Marlene. Che razza di spia sovietica era?
"Così ti chiami Thomas..." Mormorò lei poco dopo ignorando le scuse dell'altro. Il ragazzo annuì con un cenno del capo.
"Credimi Marlene non volevo fare nulla di male, soprattutto non a te." Marlene scosse il capo e gli occhi le si arrossarono.
"Perché lo hai fatto allora? Sai cosa ti succederà ora? Non uscirai mai di prigione." Thomas scosse le spalle, ne era pienamente al corrente, ma c'era ben poco che potesse fare.
"Non avevo scelta, mio padre mi ha consegnato al ministero della sicurezza e mi hanno minacciato di arrestarmi e mandarmi in un campo di lavoro e non farmi uscire più."

Schwartz inarcò il sopracciglio quando vide la ragazza entrare all'interno del suo ufficio. Cosa diamine voleva da lui quella lì?
"Scusi il disturbo Herr Schwartz, volevo parlare di una questione con lei." Nonostante il tono sembrasse deciso la postura ne tradiva l'agitazione e il nervosismo.
L'uomo si limitò ad un cenno del capo indicando una delle due sedie davanti a lui e invitandola così a sedere, invito che la donna colse al volo prendendo posto.
"Prego mi dica." Disse quindi lui dando un'occhiata veloce all'orologio, non voleva perdere troppo tempo.
"Si tratta di Thomas Brunner - e anche se non le sfuggi lo sguardo carico d'odio del biondo decise di proseguire. - ora le sue sorti sono quasi del tutto in mano a lei, la prego di dargli una seconda possibilità, è stato vittima di un ricatto da parte delle autorità sovietiche e del padre." Schwartz la guardava inespressivo, le braccia incrociate al petto.
"E cosa dovrei fare a riguardo?" Chiese quindi lui, sapeva dove la ragazza voleva andare a parare ma ciò non sarebbe bastato.
"Vi prego, non ha nemmeno venticinque anni... Non dico di farlo tornare a casa, ma quanto meno dargli una possibilità di redimersi."


Elisabetta entrò nell'ambulatorio del medico ancora con una faccia sconvolta, ogni volta che quanto fatto dal marito tornava a galla e le veniva sputato addosso era sempre un momento difficile. Cercò di ricomporsi quando si accorse che il dottore era già lì ad attenderla. Si trattava di un uomo sopra i cinquanta, il tempo aveva lasciato pochi capelli sulla sua testa, il viso pulito era privo di barba.
"Buongiorno." Sorrise timida Elisabetta entrando nello studio. L'uomo rispose con un pacato cenno del capo.
"Allora - cominciò l'altro. - cosa posso fare per lei?" Domandò sempre calmo sistemandosi il camice.
"È da alcuni giorni che ho una continua nausea e malessere vario, anche se questi ultimi giorni sono stati parecchio stressanti per me." Spiegò, in realtà non aveva trovato altri motivi attribuibili a quei problemi di salute diversi dallo stress che la aveva assalita da quando la questione di Franz e dei suoi precedenti era emersa.
"Comprendo. - Disse l'uomo. Scarabocchiò qualcosa su un foglio bianco per poi alzare lo sguardo verso di lei. - Il ciclo mestruale è invece regolare?" Domandò come fosse la cosa più normale del mondo. Elisabetta stava per rispondere che non c'era nulla di anormale quando l'occhio le scappò alla parete sul calendario. La su faccia sbiancò e fece cenno di negazione con il volto senza però aprire bocca.
"C'è una possibilità di una gravidanza?" Tornò a chiedere il medico. Anche questa volta Elisabetta non aprì bocca ma annuì con un gesto del capo. Lei e Franz avevano rapporti regolarmente e ovviamente all'epoca non c'erano metodi contraccettivi diffusi.
L'uomo sorrise appena e ciò contagiò Elisabetta che a sua volta incurvò le labbra in una smorfia felice. Ma in un attimo quel sorriso si spense. Franz l'aveva lasciata e aveva dimostrato di non fidarsi di lei nonostante fossero sposati da dieci anni.

Weg zum Himmel -  #2 gli Uomini del ReichDove le storie prendono vita. Scoprilo ora