Capitolo 16

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Luciano sarebbe stato tra tutti quello che più avrebbe avuto diritto di avercela con Franz Schwartz: aveva ucciso suo padre, aveva sedotto la sua amata e tanto cara sorella, l'aveva messa incinta e poi aveva levato le tende fin quando un giorno era tornato pretendendo di riaverla nella sua vita. Eppure dopo aver passato quasi sei anni lontano da casa aveva deciso che non se la sarebbe presa con quell'uomo, voleva solamente mettersi alle spalle la guerra e soprattutto non voleva litigare con Elisabetta. Per questo motivo quando la sorella minore gli aveva confidato tutto il suo sconforto nel come erano andate le cose con i due ragazzi, ma soprattutto con il figlio che il tedesco aveva avuto nel primo matrimonio non aveva esitato a chiamare Hermann chiedendogli un aiuto e così in mattinata il medico tedesco si era recato a casa dell'amico ormai di lunga data.

Hermann si era stabilito a Bolzano da ormai qualche anno, nonostante fosse riuscito a sposare Alice, la donna di cui si era innamorato a Rubiano, nessuno lo aveva mai davvero accettato e quando anche la giovane moglie era divenuta oggetto di occhiatacce e commenti poco piacevoli avevano entrambi deciso che era meglio cambiare aria e la località in Alto Adige faceva al caso loro: era popolato sia da italiani che tedeschi e nessuno avrebbe parlato male dei due, inoltre era anche relativamente vicina a Verona e ciò gli aveva permesso di rimanere in buoni rapporti con Luciano.

"Hallo" aveva salutato in tedesco il primogenito di Schwartz quando lo aveva trovato nel giardino della casa dell'amico. Joachim alzò il capo guardandolo storto, sapeva bene chi era e se lo ricordava altrettanto bene visto che le prime volte che era andato in Italia, quando il suo italiano era ancora molto scarso, l'unica persona con cui riusciva a parlare era lui. A differenza di quanto era successo con suo padre di Hermann si era sempre saputo che era una SS e nessuno ne aveva mai fatto mistero, visto che il suo incarico gli aveva permesso di salvare Luciano.

Joachim lo guardò scettico.

"Chi ti ha chiamato?" Domandò serio, si sentiva decisamente preso in giro e trattato come un bambino quando ormai era praticamente al ridosso dell'età adulta.

"Importa?" Replicò Hermann sedendosi accanto a lui, il ragazzo sospirò distogliendo lo sguardo, non sembrava particolarmente intenzionato a seguire quanto il connazionale voleva dirgli.

"No non importa, ma in ogni caso è un tentativo vano e stupido, come se ti avessero voluto paragonare a lui, tu che hai aiutato un prigioniero a scappare con lui..." Hermann accennò un sorriso, così il giovane gli rendeva solamente le cose più facili.

"16 - iniziò Hermann, Joachim tornò a voltarsi verso di lui guardandolo perplesso. - 16 sono le persone che ho ucciso direttamente, quelle a cui ho puntato personalmente una pistola alla testa e poi ho sparato." Spiegò l'altro come se fosse la cosa più comune del mondo. Il ragazzo invece continuava a guardarlo senza capire dove volesse andare a parare. "Eppure sono una persona rispettata - scosse il capo. -perché ho salvato una vita, la stessa cosa che tuo padre ha fatto." Il ragazzo lo guardò sconcertato.

"Ah si? E chi ha salvato?" Il medico incurvò le labbra in un sorriso e indicò la finestra della casa dove Elisabetta credeva di osservarli senza essere vista. Joachim si bloccò.

"Mamma?" Chiese appena abbassando la voce, non era più sbruffone come prima.

"Non penso che tu sappia come sia andata davvero la loro storia." Cominciò Hermann. "Ma non penso di essere io la persona adatta a raccontarla..." aggiunse poi.


La giornata era iniziata nel peggiore dei modi possibili: innanzitutto non aveva praticamente dormito in quanto aveva continuato a ripensare a quanto Franz le aveva detto al telefono e poi appena svegliata era dovuta correre in bagno a vomitare e quel malessere non l'aveva ancora del tutto abbandonata anche se era riuscita comunque a mangiare qualcosa.
Aveva provato a richiamare Franz in mattinata ma non c'era stato modo di trovarlo.
Si era poi rifugiata nella sua camera, perché doveva essere tutto sempre così difficile per loro?
Poco dopo la porta si aprì e sbucò la faccia di Joachim, era decisamente più rilassata rispetto al giorno prima quando avevano avuto quella discussione.
Il ragazzo mosse qualche passo in avanti con esitazione sedendosi sul letto accanto alla donna che gli aveva fatto da madre.
"Mi dispiace per ieri, non avevo nessun diritto di trattarti così, non dopo tutto quello che hai fatto per me." Elisabetta fece per aprire bocca e ribattere ma lui mise una mano avanti facendole segno di aspettare. "Quando sei arrivata a casa e papà mi ha detto che saresti rimasta con noi ero piccolo però ho pensato che tu e Sofia mi avreste portato via mio papà dopo che era stato così tanto tempo lontano. - Elisabetta lo continuava ad ascoltare andando ora a tenergli una mano. - Invece tu mi hai cominciato a trattare come se fossi tuo figlio anche io e lo hai sempre fatto, quello che ti ho detto ieri non te lo meritavi e sono davvero rammaricato." La donna non si aspettava quelle parole e istintivamente gli occhi le si fecero lucidi.
"Grazie Jo, mi fa molto piacere sentire ciò." Il ragazzo accennò un sorriso mentre Elisabetta andava ad asciugarsi gli occhi con un dito.
"Volevo chiederti di raccontarmi come vi siete conosciuti tu e papà e come sono andate le cose." E questa volta Elisabetta raccontò tutta la verità senza occultare nemmeno un particolare, l'unica cosa che non fu rivelata fu il racconto di Schwartz sulla madre biologica di Joachim.



Non ci aveva poi impiegato molto la sera prima a trovare la cimice, dopo aver controllato armadio e cassetti aveva spostato il letto della camera sua e di Elisabetta e lì l'aveva trovata. Quel oggetto così piccolo aveva probabilmente rovinato non solo la sua di vita, ma anche quella delle persone che facevano parte della famiglia. La sua segretaria gli aveva comunicato che la moglie aveva provato a cercarlo ma lui non ci aveva prestato molta attenzione, o almeno, lo aveva fatto ma senza agire di conseguenza. 

Era da poco passato mezzogiorno quando il telefono del suo ufficio squillò, di solito chiunque cercasse di contattarlo doveva passare tramite la segretaria perciò voleva dire che la chiamata era stata approvata.

"Schwartz." Rispose atono al telefono, come praticamente sempre faceva.

"Herr Direktor, vorrei parlarle di una questione." Non ci fu neanche bisogno che l'interlocutore si presentasse perché Franz aveva già riconosciuto la voce.

"Signor ministro - iniziò sempre atono, sapeva anche già di quale questione l'altro parlava. - certamente." In seguito.

"Pensavamo che il suo passato non fosse essere a rischio di essere rivelato." Schwartz cercò di celare un sospiro, ci aveva preso in pieno.

"Si è trattato di una spia sovietica, Herr Minister.- cominciò lui. - Si è infiltrato tra i miei uomini e con la scusa di una festa di compleanno è riuscito ad arrivare a sistemare una cimice nella camera da letto mia e di mia moglie." Spiegò lui senza nascondere la vergogna nell'aver permesso che un agente nemico si spingesse fino a quel punto.

"Un sovietico? - domandò l'altro incredulo. - Lo avete preso o avete almeno qualche indizio." Schwartz sorrise, lo avrebbero sbattuto fuori ma almeno avrebbe concluso con un risultato.

"E' da ieri sera nelle aree di detenzione qui al quartier generale." Si limitò a dire lui, si immaginò in quel momento il ministro della difesa battere felice le mani nel suo ufficio. Magra consolazione. "Come può immaginare preferisco avere la confessione firmata prima di dare la notizia, ma i miei uomini hanno trovato il materiale che lo può inchiodare quindi è questione di pochi giorni. - una piccola pausa - c'era anche una ragazza di Stoccarda con lui al momento dell'arresto, dobbiamo capire ora se era effettivamente coinvolta o no, anche se penso si trattasse solo di un passatempo per la spia." 

"Ottimo lavoro, davvero." Franz non fece neanche caso ai complimenti dell'altro. "Questo rende le cose decisamente più facili, il fatto che ha arrestato un infiltrato sovietico darà alla stampa quello che vogliono per smettere di parlare del suo passato e nella vicenda lei sarà la vittima di un attacco nemico." Il cuore di Schwartz si fermò: non sarebbe stato licenziato. 

Terminò la telefonata con il ministro e dovette alzarsi in piedi per metabolizzare quanto era accaduto: aveva ancora un lavoro, uno stipendio e la sua reputazione sarebbe rimasta pressoché intatta.

Ora però rischiava di perdere la sua famiglia.


-

Ciao a tutti e grazie a chi ha deciso di continuare a seguire la storia anche dopo il mio mostruoso ritardo nell'aggiornare. E' stato un periodo di cambiamenti e, onestamente, non riuscivo a buttare già quattro righe neanche sotto tortura. Ora però credo e spero di aver ritrovato il ritmo e sono abbastanza contenta di come sta risultando la storia. Cosa ve ne sembra dell'atteggiamento di Franz? Elisabetta che dovrebbe fare ora?

Weg zum Himmel -  #2 gli Uomini del ReichDove le storie prendono vita. Scoprilo ora