Capitolo 11

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La mezzanotte era da poco passata e, solo qualche decina di minuti prima, l'ultimo ospite aveva lasciato la casa restituendola così ai proprietari.

"Rimango dell'idea che averti nella mia vita sia sempre il miglior regalo di compleanno..." Mormorò Franz sulla pelle nuda della moglie lasciando qua e là qualche bacio lungo l'addome della donna. Elisabetta sorrise istintivamente andando ad accarezzare la chioma bionda e corta del marito.
"Nella tua vita o nel tuo letto?" Provò a rispondere sfacciata mentre l'uomo continuava quella scia di baci che si avvicinava sempre di più al centro del suo piacere. Percepì la smorfia divertita del tedesco che poi alzò lo sguardo trovandola coi suoi occhi azzurri. Sembrò voler rispondere, poi però rimase in silenzio scuotendo il capo. Infine si riabbassò portando Elisabetta fino al punto di non ritorno.


Qualche tempo dopo i capelli castani di Elisabetta giacevano sul petto nudo del marito, i loro corpi coperti dal piumone e ancora privi dei vestiti, come a testimoniare l'ennesima unione che avevano vissuto.

"Ti è piaciuta la festa oggi?" Chiese all'improvviso lei mentre col dito tracciava i contorni del volto del tedesco.

"Sì, anche se sai che non serviva tutto questo..." Franz sentì la donna scrollare le spalle in segno di noncuranza.

"E' il tuo compleanno." Disse solamente, quasi fosse la cosa più ovvia del mondo, e forse per lei lo era.
"Di certo meglio del compleanno in cui hanno cercato di uccidermi..." Mormorò l'altro, Elisabetta accennò un ghigno divertito, anche se c'era ben poco da ridere a riguardo.

"Probabilmente se non ti avessero cercato di uccidere non ci saremmo conosciuti così bene." Considerò l'altra e l'uomo annuì consapevole che quello che lei stava dicendo era la verità.

"Non capisco ancora però perché, insomma chi te lo ha fatto fare di venirmi a trovare quella volta?" Chiese Franz, era surreale il modo in cui riuscivano ora a trattare argomenti che un tempo erano stati così delicati e critici.

"Non lo so... A casa avevano detto che un ufficiale tedesco era stato ferito, tu mi avevi salvato dal bombardamento." Elisabetta per qualche istante si perse nei suoi pensieri. "Poi su un letto dell'infermeria e moribondo eri meno spaventoso che con la divisa addosso." Franz accennò un sorriso. "Però dopo averti visto in quello stato non potevo lasciarti così, mi sembravi abbandonato." Si giustificò infine.

"Già, in effetti in infermeria non erano molto calorosi." Rispose lui, sulla schiena portava ancora i segni di quell'assalto subito. "Quando Baumann mi ha detto che era passata un'italiana a trovarmi e la descrizione corrispondeva a te non ci potevo credere. Poi mi è piaciuto averti lì il giorno dopo." Questa volta toccò ad Elisabetta a sorridere.

"Non mi hai mai raccontato com'è andata davvero quel giorno, come ti hanno ferito intendo." Franz sospirò, poi iniziò a parlare.


Rubiano, marzo 1944

Era una delle tante operazioni di routine, qualche paesano che non aveva consegnato qualcosa, che fosse un fucile, una macchina o una bicicletta. Con lui c'erano altri cinque soldati, tutti giovani, probabilmente non avevano neanche un'idea concreta di quello che stavano facendo ed erano mossi puramente dai loro ideali.

"Circondate la casa." Ordinò Schwartz per poi muovere qualche passo verso la porta e bussare a questa. Si ricordava ancora la faccia ostile dell'uomo, un tale Giovanni Canali, quando se lo era ritrovato davanti.
"Signor Giovanni" Aveva esordito con una falsa cortesia prendendosi il permesso di entrare nell'abitazione senza nemmeno chiedere. "Mi duole disturbare, ma sa, rileggendo alcune carte risulta che lei non ha consegnato la sua autovettura." Si fermò appena, studiando l'altro. "Può confermarmi se ciò è vero?" Chiese poi sollevando il sopracciglio destro e accennando un sorrisetto beffardo. L'altro scosse il capo.

"No, ho dato la mia macchina a quelli che c'erano prima di voi. Ci deve essere stato un errore." Schwartz annuì silenzioso guardandosi in giro.

"Comprendo, è possibile che ci sia stato un errore." Aggiunse poi. "Tuttavia se non le dispiace faccio controllare il fienile ai miei uomini." E detto questo si voltò uscendo dall'edificio. Aveva appena varcato la soglia di casa quando un dolore lanciante lo colse alla schiena. In un attimo sentì il respiro mozzarsi, le gambe cedergli e tutto divenne buio.

Giovanni Canali era stato colpito da una raffica tedesca e, come Schwartz, era anche lui caduto a terra. La macchina era stata trovata nel fienile e lui era stato portato in infermeria in condizioni estremamente precarie.


"Il resto lo conosci." Concluse Schwartz. Elisabetta sospirò, certi ricordi facevano sempre un certo effetto.
"Eri così vicino a non farcela..." Mormorò lei. "Non voglio neanche pensare a cosa sarebbe successo se fossi morto..." Aggiunse poi tornando ad affossare la faccia sul suo petto. Franz non disse nulla, si limitò ad accarezzarle la schiena con un tocco delicato. Non voleva pensarci neanche lui.


Dall'altra parte di Bonn Thomas tirò via le cuffie dalle quali stava ascoltando e guardò sconvolto il suo volto allo specchio. Non credeva a ciò che aveva sentito. Franz Schwartz era stato un membro delle SS, e non uno qualunque, un ufficiale.

Recuperò il numero di telefono che gli era stato dato da contattare solo in caso di emergenze e quella lo era decisamente.

"Pronto." Arrivò la voce assonnata del suo contatto.

"Schwartz era un ufficiale delle SS." Disse tutto d'un fiato. Ci fu una pausa dall'altra parte.

"Va bene." Dopodiché riattaccò. Quello che Thomas non seppe è che il suo contatto dopo aver messo giù chiamò il quotidiano Die Zeit fornendogli la prima pagina per la giornata successiva.

Weg zum Himmel -  #2 gli Uomini del ReichDove le storie prendono vita. Scoprilo ora