Al mio Franz Schwartz per avermi fatta arrivare dove sono e perché i finali nella vita non sono come nei libri.
I tre giorni precedenti erano stati distruttivi per Elisabetta, da un momento all'altro si era trovata a rischiare di perdere tutto e ancora adesso non c'era certezza.
L'immagine che le tormentava la mente era quella di Franz che si abbassava sulla sua fronte baciandogliela dicendo che la amava per poi lasciare la casa. Se avesse saputo che si sarebbe trattata dell'ultima volta che lo avrebbe potuto vedere non ci avrebbe pensato due volte a rispondere a quel ti amo e invece no, ora era lei che gli ripeteva quanto lo amasse ma senza ricevere una risposta.
La sera prima, verso mezzanotte, aveva ceduto ai consigli di suo fratello e di sua sorella e si era addormentata con la testa poggiata su un tavolino. In realtà non aveva molta voglia di allontanarsi dalla camera del marito, ma Hermann le aveva ricordato che doveva preoccuparsi di un'altra vita ora.Quando qualcuno la scosse si svegliò con la schiena praticamente bloccata, la posizione in cui si era addormentata non era decisamente la più confortevole.
Le prime luci dell'alba filtravano dalle finestre.
"Ehi...- Si trattava di Luciano che le accarezza dolcemente la spalla. Pian piano si riprese ma poi si rese conto che se era stata svegliata era perché c'era qualcosa che non andava.
"Franz?" Chiese spaventata. Suo fratello fece un sorriso sincero.
"C'è qualcuno che vuole vederti." Disse calmo l'altro. Elisabetta si alzò in piedi in fretta e furia e si diresse verso la camera del marito. Non fece neanche caso a bussare precipitandosi dentro, al suo interno, ansiosa di rivederlo ed infatti era lì: lo schienale del letto era stato rialzato e gli permetteva di stare quasi seduto.
Con lui c'era Hermann ma appena la donna entrò questo si allontanò di qualche passo. Le labbra di Franz si incurvarono in un sorriso e Elisabetta sentì gli occhi farsi lucidi.
"Franz grazie al cielo." Mormorò avvicinandosi a lui e sedendosi sulla stessa sedia che la aveva vista come occupante principale per i passati giorni.
L'uomo continuava a guardarla con un sorriso.
"Non sono facile da ammazzare." Le ricordò lui, era la stessa frase che le aveva detto quando si era risvegliato nell'infermeria del comando dieci e più anni prima.
La donna scosse il capo prendendogli la mano tra le sue.
"Non farlo più! Non sai quanto mi hai fatto preoccupare, non provarci neanche lontanamente a lasciare me e i ragazzi da soli." Nel mentre Hermann aveva lasciato la stanza consentendo così ai due di avere un po' di privacy.
"Ehi... Sono qui..." Disse lui lasciando che la moglie gli stringesse la mano, con un certo sforzo alzò il braccio andando a passare il dito sotto gli occhi di Elisabetta asciugandole le lacrime.
"Mi spiace, quando te ne sei andato via io non ti ho risposto ma non è cambiato nulla, ti amo anche io- Franz sorrise cercando di avvicinarsi a lei anche se il movimento fu interrotto da un gemito di dolore.- e poi c'è un'altra cosa che devo dirti." Era arrivato il momento. Franz si fece incuriosito riuscendo questa volta a farsi più vicino a lei.
"Cosa devi dirmi?" Chiese, il tono non era quello di sempre e era chiaramente indebolito, ma Elisabetta non ci fece neanche troppo caso: era vivo e quella era l'unica cosa che realmente contava.
"Tra circa sette mesi ci sarà un'altra o un altro Schwartz." Disse lei calma non volendo aspettare un minuto di più, aveva già atteso troppo. L'espressione di Franz si fece radiosa.
"Mi alzerei, ti stringerei e poi ti bacerei, ma temo di non riuscire a farlo ora, però è la più bella notizia che potessi darmi." Disse lui e Elisabetta si alzò in piedi abbassandosi su di lui e baciandogli le labbra dolcemente.
"Si sono comportati tutti bene con te?" Chiese poco dopo l'uomo, questa era una cosa che a Franz premeva molto ogni volta: sapere che sua moglie veniva trattata in modo rispettoso da tutti in sua assenza.
"Si, non temere.- Lo trovava un po' assillante a volte.- A proposito, credo dovresti dirmi qualcosa a proposito di Schreiber." L'uomo sospirò accennando un sorrisetto.
"Te lo ha detto lui?" Domandò perplesso.
"No, Hermann. Schreiber è stato un suo superiore e credo lo abbia minacciato di fargliela pagare se tu non ce l'avessi fatta." Ammise lei, all'improvviso era diventato molto più facile parlare di quelle cose.
"Vero, Hermann. La prima volta che mi aveva scritto ci eravamo visti due o tre volte credo e mi aveva chiesto di portarti la lettera." Elisabetta annuì.
"Me lo ricordo bene.- ammise calma.- mi hai portato la lettera e mi hai chiesto di darti delle uova e del vino e di riportarti poi la risposta alla lettera in ufficio." Rispose pacata lei, era passato del tempo ma quei ricordi erano ancora indelebili nella sua mente.
"Oh quella volta in ufficio." Sorrise sarcastico lui. Sapeva bene Elisabetta perché stava ridacchiando.
"Sei stato un cretino, ti avrei preso volentieri a sberle solo che non potevo." L'altro si lasciò andare ad una risata anche se dovette fermarsi mettendosi una mano sull'addome trattenendo un gemito di dolore per non preoccupare la moglie.
"Volevo solo zittirti ma tu invece continuavi a blaterare cose contro di me, mi aveva fatto così innervosire." Si spiegò Franz, Elisabetta scosse il capo.
"Quindi mi hai baciato solo per zittirmi?" Domandò lei facendo la finta indignata.
"Solo la prima volta.- Affermò Schwartz.- La seconda invece lo ho fatto perché ero sotto antibiotici e ero anche un po' rincoglionito." Aggiunse poco dopo.
"Tu non sai come mi ha guardato Ralf quando il primo giorno gli ho chiesto di portarmi da te." Ricordò la donna pensando a quando aveva varcato la soglia del comando e aveva dovuto spiegare che voleva vederlo, mentre lui era su un letto dell'infermeria morente.
"Ralf credo mi abbia odiato quando eravamo in guerra, le mie decisioni non gli andavano mai bene, eppure poi ha fatto qualcosa per cui non smetterò mai di ringraziarlo." Ammise lui, in effetti se Buchmann non le avesse dato l'indirizzo della casa di Schwartz probabilmente non si sarebbero più rincontrati."C'è una cosa che non ti ho mai chiesto.- lo risvegliò dai suoi pensieri. Franz alzò lo sguardo andando a trovare gli occhi della donna.- Se io non ti avessi scritto la lettera, se non ci fosse stata Sofia, saresti mai tornato?" Domandò lei. Per un po' aveva avuto come la sensazione che lui l'avesse cercata solo per la figlia, certo era sparita nel corso del tempo, però era una cosa che la attanagliava. Franz si sistemò sui cuscini.
"Sofia ha accelerato le cose. Ero molto arrabbiato con te dopo quello che era successo, però pian piano col passare del tempo mi ero reso conto che tutto quello non poteva essere finzione.- sospirò appena.- Poi ho cercato di capire perché non mi avevi detto nulla e inoltre ho dovuto riconoscere che quei momenti con te mi servivano e mi facevano stare bene. Quindi probabilmente senza sapere di Sofia o avere notizie di te magari sarei tornato, anche solo per vedere come era la situazione." Elisabetta annuì con gli occhi lucidi. Nonostante la loro storia era stata tormentata da di tutto e di più e probabilmente altro sarebbe successo in futuro non avrebbe voluto nessun altro al suo fianco.-
Signore e signori, è tornato!
Grazie a tutti per continuare a leggere, commentare e votare la storia, anche perché è sempre nella top 5 delle storie, cosa che non mi sarei mai aspettata!
Al prossimo capitolo e continuate a farmi sapere che ne pensate!
STAI LEGGENDO
Weg zum Himmel - #2 gli Uomini del Reich
Ficción históricaFranz Schwartz, ex ufficiale delle SS e ora direttore dei servizi segreti della Germania dell'ovest, e Elisabetta Colli, ora Frau Schwartz, sono sopravvissuti alla guerra, a tutte le avversità e ora vivono sposati e con famiglia a Bonn. Tutto sembra...