CAPITOLO 29

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Ripiego la lettera zuppa di acqua salata.

Fatico ad alzarmi per arrivare al letto e tuffarmici sopra, calpestando ogni più piccolo fotogramma con lui.

Sono stata così tanto tempo a pensare che lui mi avesse abbandonata perché io non ero abbastanza. Io, non lui.

E sono stata tutto questo tempo a martellarmi il cervello credendo di essere stata io il motivo della sua scomparsa.

E credevo di non dover più ripensare a queste cose.

Credevo di poter passare il resto dei miei giorni avendone magari un qualche vago e sfocato ricordo nel tempo.

Pensavo di aver dimenticato.

Pensavo male. Tanto male.

Io ho trovato la persona con cui voglio vivere però, e ora basta con i rimpianti.

All'interno della scatolina c'è la sua collana a forma di luna crescente.

Non sarò mai in grado di usarla.

La guardo e mantengo le distanze.

Non voglio che mi porti da lui, faccia scintille o quant'altro.

Però forse potrei provare... No. No Morgan sii forte, posa la collana e metti via tutto.

Chiamo Layton.

Dopo il terzo squillo solitamente risponde.

È successo qualcosa, me lo sento.

Prendo la lettera, rimetto la collana nella sua scatoletta e nascondo il tutto nel fondo dell'armadio.

In casa non c'è nessuno come al solito.

Papà è a lavoro e Tobias sarà da qualche suo amico.

Mi tocca sbrigare questa faccenda da sola.

Prendo il telefono e corro giù per le scale mentre mi sistemo la maglietta. Prendo le mie chiavi di casa dal porta caramelle che c'è su un mobiletto all'ingresso.

Mi assicuro di aver chiuso bene e, quando comincio a camminare, penso in quale posto si possa essere cacciato.

Dovrei andare a casa sua e poi, in caso non lo trovassi lì, dovrei andare in quella di sua mamma.

Mi affretto a raggiungere l'altra parte della strada per arrivare più facilmente a casa sua.

Dopo forse pochi minuti di strada, arrivo nel vialetto di casa sua.

Ha un senso decorativo esterno molto fine, ma il punto non è questo.

Il punto è: lui dov'è?

Busso al citofono dove c'è la targhetta a cognome Joffrey.

Nessuno risponde.

Mi dirigo a casa di sua mamma, che si trova a pochi isolati dalla sua, e nel mentre provo a richiamarlo.

Lo lascio squillare cinque o sei volte ma ancora nulla. Nessuna risposta.

Con il fiatone in gola arrivo a casa della signora Joffrey, sua madre.

Mi attacco pesantemente al bottone del citofono e risponde suo padre.

"Salve signore, sono Morgan. Suo figlio non risponde alle mie telefonate e sono preoccupata. Volevo chiederle se per caso fosse lì con lei."

Appoggio l'orecchio al citofono per poter sentire meglio.

"No cara, qui Layton non c'è.", risponde con una voce distorta a causa della voce robotica del citofono.

Un segreto da custodireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora