CAPITOLO 6

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"Lunedì dovrai cominciare anche tu la nuova scuola, sei pronto?", gli chiedo mentre aggiungo due pizzichi di sale nell'acqua che bolle.

"Non molto, ma mi farò nuovi amici.", afferma mentre con il telecomando è concentrato con lo zapping tra i canali.

"Hai tanta fame?"

"Sí, oggi ho speso tutte le mie energie su quella complicata espressione."

Sorrido e prendo un pacco di pasta dallo scaffale restando in punta di piedi. Maledetta bassezza.

Butto duecentocinquanta grammi nella pentola e metto il coperchio.

"Io vado un attimo di sopra, torno subito."

Annuisce mentre è concentrato a guardare la maratona di cartoni in televisione.

Entro in camera e cerco un posto sicuro dove nascondere l'oggetto. Lo prendo dall'armadio e resto impalata nel bel mezzo della stanza pensando ad un posto in cui sia introvabile.

Vado sopra in soffitta a cercare uno scatolone, o qualcosa di simile.

Ecco. Trovato.
Uno scatolone azzurro impolverato.

È vuoto, ed è perfetto per nasconderlo.

Impacchetto il tutto senza far rumore e torno in cucina.

È ancora ipnotizzato dalla tele.

Alzo il coperchio e una volata di vapore mi appanna la vista.

"È pronto.", dico spegnendo la fiammella del fuoco."quanta pasta vuoi?"

Non risponde.

"Tobias dai."

È incantato davanti a quello schermo luminoso, so che mi sta ascoltando.

"Devo mettermi a contare?", dico incrociando le braccia al petto.

A mali estremi, estremi rimedi.

"Tre.", il suo sguardo è ancora incollato a guardare quello stupido orso che cucina.

"Due.", urlo un po' di più.

"Uno e mezzo!", un acuto così forte che spaventa anche me stessa.

"Un-"

"Arrivo!", urla.

Sorrido soddisfatta.

"Un giorno di questi dovrei metterti in punizione."

"Non puoi!"

"Io no, ma papà si.", un ghigno malefico compare sulle mie labbra.

Divido la pasta nei piatti e gliene mostro uno.

"Dai vieni qui, va bene così?"

Gli faccio vedere il piatto che ho riempito quasi a metà.

"Di più."

"Di più? Sei sicuro? Non la finirai tutta lo sai?"

"Sí invece, io sono grande.", afferma felice mostrandomi i muscoli del suo piccolo bicipite.

"Mamma mia che muscoli, aiuto!", sghignazzo senza farmi sentire.

Gli metto il piatto a tavola anche se sono più che sicura che non lo finirà mai tutto.

Impiatto anche per me e, dopo aver messo l'acqua e i bicchieri sul tavolo, mi siedo davanti a lui.

Guardiamo i cartoni per tutto il tempo.

"Hai finito tutta la pasta! Mamma mia, stai diventando proprio un ometto."

Fiero di sè, prende il bicchiere e lo porta alle labbra, ingurgitandone il contenuto rimasto, per poi posarlo rumorosamente sul tavolo come se avesse appena finito un intero calice di birra.

Un segreto da custodireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora