3.

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Prima di andarmene, mi volto verso Mac ed Emma, salutadoli.

" Dopo avete gli allenamenti?"

"Sì, i tuoi lavorano?"

"Che domande." gli rispondo, rabbuiandomi.

I miei genitori lavorano ogni giorno, tutte le ore.

Quindi sono sempre a casa da sola, o a casa di Mac e Tinus.

Sono i miei vicini di casa da un anno e grazie a loro, mi sento meno sola.

Per questo motivo, per il lavoro dei miei genitori, passo quasi sempre la mia giornata da loro.

"Vuoi venire? Dopo, agli allenamenti."

"Non credo che a qualcuno farà piacere." rispondo, facendo un cenno verso il giardino, più precisamente verso Tinus.

"Ma smettila, non lascerò che mio fratello ti permetta di passare un pomeriggio da sola."

"A dopo allora."

Così dicendo, gli rivolgo un sorriso ed esco da casa loro.

Attraverso a passo svelto il vialetto, ignorando completamente Tinus.

Stavo morendo di freddo.

Appena sulla soglia di casa, mi giro un secondo e lui volta immediatamente lo sguardo.

Mi stava ancora fissando.

Prima o poi dovrò chiedergli perchè non parliamo quasi mai.

Non ci penso troppo perchè sto congelando, perciò mi rintano dentro casa.

Appena entrata, il tepore del riscaldamento a pavimento mi percorre tutta la schiena.

Saltando le scale a due a due, arrivo in bagno e mi guardo, sbalordita.

Davvero ero così messa male quella mattina?

I capelli erano un disastro legati in una coda, le occhiaie erano perlopiù borse di Louis Vitton e le mie guance erano più rosse del solito.

Mi succede spesso, prima di andare a dormire e la mattina, le mie guance si infuocano.

Vado nel salotto e mi siedo sulla poltrona di mio padre.

Il silenzio inconbeva nella casa, così guardo l'ora.

Le 8:30.

Di bene in meglio.

Tra dieci minuti sarebbe arrivata la mia insegnante privata.

Indosso una felpa della nike bianca e lascio i pantaloni del pigiama.

Ripasso un po' di storia e, proprio mentre ripeto l'ultima riga, suonano al campanello.

Per due nano secondi rimango sbalordita.

Credevo di trovare di fronte hai miei occhi la giovane, carismatica e gentile Rita, la mia insegnante.

Qualsiasi persona sulla Terra, non mia madre.

Mi saluta con un cenno e il suo solito sorrisetto su un lato della bocca e sguscia via, dietro le mie spalle.

Noto subito che è al telefono, quindi so già che non mi degnerà di uno sguardo.

Stranamente, appena fa capolinea nel soggiorno, spegne la chiamata.

"Rita sta male, non verrà per un po'."

E' forse la prima frase sensata che esce dalla bocca di mia madre da quando sono nata.

"Non farai lezione per due settimane, a te sta bene?"

Troppi shock in così pochi secondi.

E' la prima volta che mia madre chiede la mia opinione su qualcosa.

Annuisco.

"Perfetto, devo andare. A stasera."

Prima di uscire, mi lancia un'occhiata.

Sappiamo benissimo tutte e due che quella sera non ci saremmo viste.

Esce rapidamente e sbatte la porta alle sue spalle.

Sento intanto che mi è arrivato un messaggio.

E' Mac.

-Ci hanno spostato l'allenamento stamattina, vieni lo stesso?

-Ah no aspetta, hai lezione.

-No no, Rita sta male. E poi ho voglia di uscire, due minuti e ci sono.

Mi fiondo dentro l'armadio e mi cambio solamente i pantaloni, sostituendoli con dei jeans strappati.

Mi stistemo la coda, per quanto possibile, ed esco.

Appena fuori casa, mi rendo conto di avere gli occhiali.

Li uso soltanto per studiare, anche se dovrei portarli sempre.

Pigra come sono, per una volta me li tengo.

Raggiungo Tinus di fronte alla loro casa, con in mano un monopattino.

Che novità.

"Tu? Gli occhiali? Da quando?" mi sorride.

"Be, in realtà da sempre, ma li uso principalmente per studiare."

All'improvviso si sente una finestra aprirsi.

E' Mac che, ovviamente, è in ritardo.

"Voi andate, vi raggiungo."

Io e Tinus annuiamo e ci dirigiamo verso la strada.

"E tu come ci arrivi al campo? A piedi?" mi domanda, con aria di sfida.

"Faccio atletica da quasi dieci anni, direi che sono allenata."

Sorrido.

Vorrei davvero chiedergli perchè non ci parlavamo fino a quel momento.

Glielo chiedo.

"Tinus, posso chiederti una cosa?"

"Certo."

"Perchè non ci parliamo quasi mai?"

Vedo i suoi occhi oscurarsi e la sua mascella stringersi.

"Davvero, vorrei saperlo."

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