6.

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Mac e suo fratello mi fissano, in attesa di una risposta.

"Cosa mi dovrei ricordare?"

Non so davvero a cosa si riferisce.

"Non ci posso credere." bisbiglia.

"Fino a tre anni fa, ero il tuo migliore amico."

Un lampo mi percorre la mente e tutto mi è più chiaro.

"Michael?" gli chiedo, abbracciandolo istintivamente.

"Sì! Sono cambiato così tanto?"

"Mamma mia Mich, sei un altro proprio."

Michael era stato il mio migliore amico, poi si era trasferito e io un anno dopo ho fatto lo stesso, venendo qui.

"Ragazzi" dico, voltandomi verso di loro, ancora a bocca aperta.

"Lui è Michael, era il mio migliore amico tre anni fa, in Italia."

Tinus si fa avanti e gli stringe la mano.

Con forza.

Molta forza.

"Piacere." gli dice in tono brusco.

"Piacere" gli fa eco Mac, in tono ancora più brusco.

"Ehm...piacere. Io ora devo andare. Ci vediamo domani?" dice, rivolgendosi a me.

"Non so, ci devo pensare." gli rispondo seria.

"Oh, okay. Ciao."

"Ciao." gli rispondiamo in coro.

Due secondi dopo, eravamo in camera mia.

"Perchè non ci hai mai parlato di lui?" chiede Tinus.

"Be', non lo so. Comunque con te fino a ieri sera nemmeno ci parlavo, non do spiegazioni a te."

"Perfetto, io me ne vado." offeso, esce dalla stanza sbattendo fortemente la porta.

"Io..." bisbiglia Mac.

"Tu potrai sapere. Ma domani, ora sono stanca, voglio stare un po' da sola. Scusa."

"Tranquilla, cerco di calmare lui, intanto." risponde, facendo un cenno verso la porta.

Annuisco e lui esce da casa mia.

Li sento che parlano, ma ho paura a voler sapere l'argomento.

Quando sento il mio nome, mi precipito alla finestra.

"Perchè ti comporti così con lei?" è Mac che parla.

"Così come, scusa? E' tutto il giorno che mi rinfaccia questa cosa."

"Ma è ovvio, Tinus. E' sempre stata convinta di non andarti a genio."

"Glielo lasciavo credere, come ben sai."

"Questa storia non può andare avanti molto a lungo, Tinus.

Prima o poi glielo dovrai dire."

Fermi un secondo.

Cosa deve dirmi Tinus?

"Non posso, e lo sai."

Si zittiscono tutti e due ed abbassano lo sguardo.

"Ti piace proprio origliare, eh?"

Mac alza di scatto lo sguardo, fissando Tinus, che a sua volta fissava me, sorridendo.

Oddio, chissà da quanto lo aveva capito.

"Perchè non posso mai sapere niente?" chiedo io, con una voce più mortificata di quanto vorrei.

"Perchè sei più piccola."

"Due mesi, in verità."

"Fanno la differenza. E comunque non c'è niente da sapere."

"Ah, no? A quanto ho sentito mi sembra proprio di sì." dicendo questo, unisco le braccia al petto.

"Non ti deve interessare." risponde Mac.

Lo guardo, stupita.

Non mi ha mai risposto così freddamente.

Mi fissa in modo duro, perciò decido di rientrare in casa, sbattendo la finestra.

Vedo i loro corpi sobbalzare.

Sono stanca, sono le otto di sera e non ho la minima voglia di scendere al piano di sotto.

Mi infilo il pigiama e vado al pain terreno.

Sul frigorifero c'è un post-it della mamma.

Il solito:

"C'è un insalata di pollo nel frigorifero e della frutta. Ti voglio bene, mamma."

Lo strappo come ogni volta e lo butto.

Afferro una mela e mi rintano nella mia stanza.

Tra due ore arriveranno i miei genitori, e non ho la minima intenzione di parlare con loro.

Afferro un libro dal comodino che in questo periodo mi ha presa moltissimo.

"Deathdate".

Lo lancio sul letto e, prima di immergermi nella lettura, mi faccio una coda e tolgo quel poco di matita che mi ero messa quella mattina.

Inizio a canticchiare, come mio solito, ed una notifica mi interrompe.

Era un messaggio.

"Scusami, davvero. Quando potrò, ti spiegherò tutto."

Mac.

Mi affaccio alla finestra ma vedo solo la luce del televisore.

Ecco un altro messaggio.

"Ho bisogno di parlarti.

Chiaramente."

Un brivido mi percorre il corpo quando realizzo che il messaggio è di Tinus.

Suonano al campanello.

Mi precipito di sotto, sperando che sian tutte le persone del mondo, anche un ladro, a parte i miei genitori.

Guardo dallo spioncino.

Tinus.

"Ma sei matto? Entra che mi muori di broncopolmonite!"

Lo afferro per un braccio e lo tiro dentro.

Chiudo la porta, ma non riesco a staccare la mano dal suo braccio.

Dopo minuti infiniti, lo lascio.

"Ehm...scusami." gli dico, davvero poco imbarazzata.

Era in canottiera e pantaloni della tuta, quindi per me era un tantino imbarazzante.

Anche per il semplice fatto che io ero in pigiama.

"Carino." mi dice, osservando l'enorme cupcake sulla mia maglia e ridendo sotto i baffi.

"Ma piantala" gli tiro un pugno amichevole sulla spalla.

Ci fissiamo intensamente e posso assicurare che, per pochi secondi, mi sono incantata a guardare i suoi.

"Devo parlarti." mi dice, rompendo il silenzio.

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