Cap.5

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Per quanto si concentrasse e per quanto continuasse a rimuginarci su Persia non riusciva davvero a capire dove, dopo enormi tentativi per evitare ciò , avesse sbagliato. Si era imposta di non fare altre cavolate con il figlio del capo ma questo proposito era durato... quanto? 30 minuti? Ora era di nuovo davanti alla stampante e con un nuovo pensiero che le gironzolava per la testa. Batteva nervosamente il dito sulla superficie di plastica sbuffando qualche volta  mentre aspettava impaziente le 18. Mancavano 12 minuti. Aveva quasi finito di fotocopiare e compilare ma il resto lo avrebbe svolto a casa sperando che Samantha la potesse aiutare. Quando il signor Stan passò di lì per andare a casa, ovviamente salutandola appena, non accennò minimamente a Sebastian, troppo preso da se stesso e da quello che dopo doveva fare. Era molto teso.
Il tempo  non sembrava passare mai e,quando finì di lavorare, corse velocemente verso il set per prendere le sue cose. Era completamente vuoto e questo le mise quel pizzico di ansia in più che le bastava per darsi una mossa. Prese borsa, giacca e occhiali appoggiati alla parete e a passo svelto andò verso ľascensore. Di Sebastian ancora nessuna traccia. Insomma,doveva chiedergli scusa o lasciar correre? E poi dire scusa per cosa? Per essere stata formale ed educata come richiede ľ etichetta? Ma per favore.
Il sole cominciava già a calare quando fu vicina a casa. Si godette quella passaggiata che, per quanto lunga, non sembrava affatto stancarla. Preferiva andare a piedi più che prendere il taxi, cosa che Jim non aveva ancora capito. Arrivò a casa alle sette anche se 'casa' era una parola grossa se si tiene conto che la casa è dove sta il cuore e casa sua era a miglia e miglia più a nord e più al freddo.
Era soprattutto il freddo a mancarle, se ne rese conto nella sua prima estate Newyorkese quando ľ unico modo per superare quelľ afa era la pista di pattinaggio su ghiaccio. Anche quel posto si poteva quasi definire una casa:il freddo, il ghaccio, i corsi di hockey. Scacciò via quel pensiero canadese "troppe emozioni" disse tra se e se aprendo la porta del condominio. Fece i soliti due piani di scale che la dividevano dalľ appartamento facendo tintinnare le chiavi tra le dita. Dopo 3 minuti era già dentro. Buttò la borsa e le scarpe sparse per il pavimento sdraiandosi nel divano. Urtò il braccio ferito che le provocò un istantanea scossa di dolore costringendola a cambiare posizione. Sfilò il telefono dalla tasca della giacca guardandone il display. Nessun messaggio o chiamata. Si mise a paciugare con le varie applicazioni, instagram in particolare, fino a non accorgersi più del tempo che passava. Amava guardare foto di panorami esotici e terre dalľ aria inesplorata.  Era alľ ennesima foto del monte fuji quando lo schermo del suo telefono cambiò istantaneamente. Samantha la stava chiamando "Pronto?"
"Persia sono io. Mi apri? "
"Si arrivo. Scendo" detto questo mise giù la chiamata e dopo aver preso le chiavi, anche se scalza, si precipitò giù nonostante le strane occhiate degli altri inquilini. Appena aperta la porta Samantha era lì davanti. Aveva appena parcheggiato la sua Lamborghini dalľ altra parte della strada quando si avviò verso la porta. Il rumore di tacchi scandiva il tragitto fino alľ entrata. Alta, bella,intelligente  e ricca Samantha Sullivan  era ľ emblema di chi è riuscito a farsi strada da solo nel mondo del lavoro. Ogni settimana una meta diversa in giro per il mondo da cui lavorava con il PC per una ditta di cosmetici. I lunghi capelli biondo cenere e boccolati le ricadevano sulle spalle incorniciando due occhi verdi mozzafiato. E Persia? La classica ragazza della porta accanto.

Appena Samantha fu abbastanza vicina Persia le buttò subito le braccia al collo ricevendo dalľ amica la stessa reazione ma di certo più composta. Con quei tacchi era ancora più alta "piano piano koala, mi fai male" le disse spingendola un po più indietro. Persia alzò le mani "oh scusa non volevo rovinarti ľ acconciatura da 800 dollari" scherzò facendo ridere anche lei "dai scema! Aiutami a scaricare le valigie" si riavviarono verso la macchina che splendeva sotto la luna crescente ormai quasi sveglia. Erano tre trolley ed un porta trucchi
"Tu non sei normale" mormorò prendendo le due più grandi.
Eh già... tra un viaggio alle Bahamas ed una visita alle Hawaii passando per una cenetta a Tokyo certe volte Samantha la passava a salutare e si fermava lì finchè non ľ avrebbero richiamata per un altro viaggio . Certo poteva scegliere tra la sua villa in Italia o Città del Capo e magari perchè no... ne aveva una anche a Londra ed altre tre sparse chissà dove. Era ricca da far schifo quella ragazza.

Arrivarono di sopra dopo quattro rampe di scale equivalenti, con tutto quel peso, alle fatiche di Ercole. Samantha arrivò su prima di lei "dai lentona muoviti" la incoraggiava dopo aver appoggiato il suo misero trolley ed il porta trucchi davanti alla porta. Persia era spompata già dopo le prime due scalinate "facile eh! Ho preso io la maggior parte delle cose" le lanciò le chiavi delľ appartamento "dai apri"  disse indicando la porta con un cenno della testa "sai che non è per le valigie ma solo perchè fumi. Se solo tu smettessi"
Persia alzò gli occhi al cielo mentre Samantha stava già entrando. Quella ragazza le era mancata.

Un amore color Manhattan| Sebastian Stan Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora