CAP.11- "Sei qui" "Sono qui"

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Ľ Upper east side di New York era forse, anzi niente forse, era il quartiere più ricco di tutta la metropoli.
Assurdo quanto i ricchi fossero disposti a spendere per una grande casa: grossa, ingombrante e piena di stanze.
Per qualcuno poteva anche significare simbolo di ricchezza e di stabilità economica.
Per Persia significava solo ore da spendere a pulire o soldi da buttare in domestici.
Molto meglio la sua cara e vecchia abitazione ad una reggia simile.
Di questo ne era fermamente convinta.

La casa di fronte a lei vantava di quattro piani ed un portone verde, un po troppo grande per una persona sola.
Eppure la signora Stan viveva da sola ed ormai da anni.
Aveva cacciato letteralmente Jim in quel periodo in cui la depressione lo aveva colto di sorpresa e non riusciva più ad andare al lavoro.
Margaret Stan era un' approfittatrice

Scese dal taxi soffermandosi sulla bellezza del cielo di quel momento.
Magari il suo capo non aveva poi così torto riguardo alle previsioni.
Non dovette nemmeno cercarla quella casa dato che era esattamente di fronte a lei.
Ľ esitazione iniziale nel suonare il campanello venne cancellata quando la porta si aprì.
Si trovò di fronte ad una donna alta, bionda e dagli occhi così chiari che sembravano essere stati forgiati con il colore del cielo. Aveva gli stessi occhi del figlio. Era vestita in maniera impeccabile: completo di Chanel e collana di Swarosky, così come gli orecchini.
La donna la squadrò dalla testa ai piedi con sguardo di sufficienza

"Tu devi essere Persia"
le disse con il disgusto negli occhi. Cosa su cui Persia sorvolò facendo appello a tutta la sua pazienza

"Salve. Lei dev' essere la signora Stan"
rispose sorridendo e porgendole la mano mentre con ľ altra teneva una cartellina.

Margaret rispose alla stretta e solo dopo che si fu pulita nelľ abito la fece entrare.
 Una vera vipera.
Nonostante ciò Persia non si fece intimidire e la seguì chiudendo la porta.
Ľ ingresso era enorme e di fronte a lei un enorme scalinata in vecchio stile portava ai piani superiori.
Si guardò attorno meravigliata, guardando attentamente le enormi foto appese in giro.
La voce della donna la riportò alla realtà

"vuole rimanere impalata lì tutto il giorno? Il mio ex marito non la paga per oziare"

Esclamò con voce squillante dal salotto alla sua sinistra.
La seguì senza fiatare e si accomodò sul divano davanti a lei

"Il signor Stan mi ha mandata per farle firmare delle pratiche. Non so di cosa si tratti"

mentì spudoratamente.
 Le porse i fogli che le vennero brutalmente strappati di mano. Margaret con sguardo diffidente le lesse.
Persia studiò la sua espressione ma soprattutto il modo fastidioso in cui variò: dal dissenso alla derisione passando da brevi momenti di serietà.
Come aveva fatto una donna simile a partorire un ragazzo così fantastico come Sebastian?
Sono quel genere grazie che Dio ha ľ abitudine di dare a chi non si merita.

Margaret si guardò un attimo attorno alla ricerca di qualcosa ma Persia fu così veloce da anticipare il suo desiderio.
Tirò fuori dalla tasca una penna. Tutto pur di levarsela di mezzo. Margaret le prese la penna senza degnarsi nemmeno di ringraziare.

"Questo poveretto"
disse poi
"non ha neanche la decenza di venire di persona"
firmò velocemente
"almeno così non avrò più seccature"
aggiunse allungandole i fogli firmati.
Ľ accompagnò poi verso la porta dopo essersi assicurata che non ci fosse altro.
Ma proprio sul punto di uscire Persia si girò verso la donna, mossa da tutto il nervoso represso che quella donna le aveva suscitato

"Lei, signora, non ha la minima idea di cosa ha appena perso. Non solo parte dei suoi averi ma anche un marito devoto ed innamorato, forse ľ unica persona disposta a prendere con se una strega come lei.
Qui ľ unica poveretta è lei"

indicò poi con lo sguardo tutto quello attorno a loro

"e mi creda quando le dico che tutti i soldi del mondo non basteranno a riempire tutto quel vuoto che lei sicuramente ha dentro"

Margaret era basita, Persia soddisfatta.
Questa volta fu lei a guardarla con aria di sufficienza: forse non aveva soldi nè ricchezza nè una dote da vantare ma almeno aveva un cuore e coraggio da vendere. Prima che Crudelia Demon potesse ribattere, Persia le chiuse la porta in faccia.
Ora che quella... cosa non era più la moglie del suo capo non le doveva più nulla
Si sentì vincitrice.

"Maledetto traffico, maledetta New York, maledetta America!" Una raffica di pensieri attraversarono la testa di Persia in pochi secondi quando scoprì di essere imbottigliata nel traffico.
Ľ ora di punta era passata ma la situazione non si era mossa minimamente.
Guardò ľ orologio che segnava le 17:45. Si ricordò anche di Sebastian e del loro... appuntamento se così si può chiamare e la tensione toccò le stelle.
In poco tempo ciò che era improbabile fare per lei divenne un pensiero allettante fino a trasformarsi in una vera e propria intenzione.
Al diavolo il raziocinio.
Decise di fare una pazzia.
Ľ ufficio non era molto lontano e a piedi era fattibilissimo.
Afferrò la borsa accanto a lei
"Io scendo qui"
disse alľ autista dandogli i soldi che gli doveva
"Ma signorina... siamo nel bel mezzo del traffico"
urlò lui dal finestrino.
Persia non lo ascoltò.
Era troppo concentrata a passare tra le macchine che già da mezz'ora suonavano.
A bordo guidatori imbestialiti.

Le 18:00 erano arrivate molto più velocemente di quanto non pensasse.
Persia non era una velocista o almeno non più.
Cominciava a sentire a 100 metri dalľ edificio il fiatone e la stanchezza impossessarsi dei suoi polmoni e del suo corpo.
Odiava arrivare in ritardo e quelle poche volte che accadeva erano per lei una verane propria seccatura.
Ripensò al bigliettino ed un sorriso si dipinse sul suo volto. Non aveva minimamente pensato a chiamarlo.
Grande errore.
Quando arrivò quasi davanti al grande grattacielo non lo vide ed uba volta entrata ancora nessuna traccia.
Ne approfittò per riprendere fiato.
Era ormai orario di chiusura e la hall era praticamente vuota, riempita solo da due donne delle pulizie.
Che le avesse dato buca?
Beh di certo non darebbe stata una novità
Uscì ancora una volta a prendere una boccata ď aria fresca.
Era sola ed il sole cominciava già a calare dandole un senso di vuoto misto a tomore.
La sua mente venne inondata da un sacco di pensieri negativi, tipo a quanto ora se la stesse ridendo alľ idea di averla presa in giro.
Ma se davvero non le piaceva, come aveva più volte affermato, perchè ora le mancava terribilmente?
Perchè sentì di aver semplicemente bisogno di averlo accanto?
Si guardò i piedi cercando una risposta ma allo stesso tempo di non pensarci.
Dopo aver aspettato un quarto ď ora decise di andarsene sconsolata.
"Che stupida"
pensò prima di avanzare il primo passo.
Lei, Persia McGregor, farsi prendere in giro così.
Neanche il tempo di pensare a dove andare che due mani le pararono gli occhi.
Quel contatto la fece trasalire.
Riconobbe subito il suo profumo, il suo dolce tocco e le sue mani forti e grandi.

Le sfiorò con un enorme sorriso facendo salire le sue fino ai polsi.
Disse il suo nome, il nome della persona che inconsciamente il suo cuore aveva cercato e magicamente le mani sparirono dai suoi occhi.
Si voltò verso di lui e subito i suoi occhi sprofondarono nelle pozze color mare di Sebastian.

"Scusa per il ritardo ma non puoi capire che traffico"

lui si scusò subito ma lei lo zittì senza accorgersi di starsi avvicinando pericolosamente a lui.

"Non importa"
gli rispose sospirando sollevata. Quella volta non avrebbe distolto lo sguardo.
Non se lo sarebbe fatto scappare. Una leggera folata di vento accarezzò dolcemente i suoi capelli
"Sei qui" disse semplicemente come se quella fosse la cosa più importante del mondo per lei.
Sebastian annuì riprendendo la sua affermazione.
"Sono qui"

Un amore color Manhattan| Sebastian Stan Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora