Your eyes. My strength.

713 54 18
                                    

A volte la vita ci prende alla sprovvista, non è così? Suppongo di si.
Quante volte vi sarà capitato di credere che la vita vi sia in pugno, di essere finalmente felici.
Poi basta un niente: un susseguirsi di eventi sbagliato, una parola di troppo.
Un gancio della vita allo stomaco insomma.

Ľ unica sensazione di pace a cui Persia potè aggrapparsi in quel momento fu il caldo che le infondeva la tazza di the tra le mani e morbido divano di Sebastian sotto di lei.
Gli occhi sembravano voler bucare il vuoto e il pavimento.
Da mezz'ora era in quello stato di leggere lacrime agli occhi, labbra tremanti e sguardo vuoto.
Il suo viso diceva terrore.
Fuori il buio era già calato assieme alla temperatura.
Percepì il suo equilibrio alterarsi quando Sebastian si sedette accanto a lei con una coperta tra le mani
"Persia"
disse provando a ridestarla da quello stato.
Non rispose.
"Ti ho portato una coperta. La temperatura è scesa.
Non vorrei prendessi freddo"
Persia sospirò tentando di non scoppiare a piangere, appoggiando poi sul tavolino la tazza quasi vuota
"Grazie Sebastian"
mormorò a voce spezzata, in frantumi. Proprio come la sua anima.
Il ragazzo la coprì alľ altezza delle gambe e così facendo coprendo anche lui.
Le si avvicinò quando Persia si voltò verso di Sebastian.
Tirò un sorriso palesemente finto. Di semplice cortesia
"Ne vuoi parlare?"
 Le chiese arrischiandosi in quella domanda.
Persia deglutì
"Cosa c'è da dire? Il mio ex leggendario è tornato..."
cominciò con leggera ironia
"...e nonostante il carcere, i richiami del tribunale, le denuncie e gli ordini restrittivi ha ancora il coraggio di farsi vivo"
si soffermò un attimo sulle ultime parole
"Ma non è questo quello che ti fa star male, dico bene?"
Eccome se era così.
Con quelle parole aveva toccato un tasto dolente di quel bellissimo piano forte quaľ era il cuore di Persia.
Cominciò a piangere e singhiozzare cercando invano di darsi una qualche sorta di contegno.
Tutto inutile.
"La cosa che più mi ferisce è quello che avrebbe potuto fare a Samantha. La colpa mia... è solo mia"
affondò la faccia tra le mani prima di continuare con lo sguardo rivolto verso ľ alto
"Dio solo sa cosa darei per essere al suo posto ora"
Ľ espressione sul viso di Sebastian mutò nel giro di secondi assumendo un sentimento di rimprovero
"Persia non darti colpe che non hai. Ľ unico da biasimare è quel bastardo del tuo ex"
rispose d' impulso.
La ragazza lo guardò con ringraziamento benchè le lacrime non la smettessero di scorrere. Senza pensarci si appoggiò alla sua spalla tra le sue braccia che la coccolavano dove dopo cinque minuti si addormentò, stanca della sua vita.

******

Quando Persia si svegliò il mattino dopo sembrò uguale a quello precedente:
stesso letto, stesse lenzuola, stesso odore di pulito che fino ad un giorno fa le avevano provocato stupore e paura.
Per un attimo il sentimento fu lo stesso ma poi si ricordò di tutto ed il sorriso mattutino si spense nelľ arco di poco.
Qualcos' altro però era cambiato: Sebastian non era accanto a lei.
Ricordò solo piccole reminescenze in cui Sebastian la stringeva a se e la consolava con dolci carezze.
Poi il vuoto.

Si mise a sedere sul letto con i piedi al pavimento.
La testa le girò per qualche istante e gli occhi ancora lucidi.
I pancakes  la stavano invitando con il loro odore ad andare in cucina.
Ma non fu solo quello.
La scia del dopo barba di Sebastian ľ accompagnò fino alla porta.
Quello bastò da richiamo alla fanciulla.
Quando però la mano era già sulla maniglia qualcuno dalľ altra parte ľ anticipo tirando verso di se la superficie in legno.

Seb davanti a lei che reggeva un vassoio coperto di lecornie la prese di sorpresa.
"Seb. Seabstian... b.buon giorno" mormorò, indietreggiando abbastanza da lasciarlo passare. Inutile dire che una volta di fronte a lui non solo ľ imbarazzo raggiunse le stelle ma gli occhi di Persia improvvisamente si interessarono al pavimento
"Buon giorno. Ho pensato di portarti la colazone. Sai... ieri eri davvero stanca quindi non sapevo se avresti mangiato"
Tra i due il silenzio era più che eloquente.
La ragazza si limitò a seguirlo verso il letto dove entrambi si accomodarono: Sebastian si sdraiò per il lungo mentre Persia, più timida, si rannicchiò in un angolo del letto.
A separali solo il vassoio sulle coperte
"Sebastian... davvero non dovevi"
Il ragazzo la zittì piazzandole davanti alla bocca una forchettata di pancake che Persia mangiò senza esitazione
"Non dire sciocchezze.
Ora sei mia ospite e le ospiti vanno trattate come principesse"
Lei scoppiò a ridere coprendosi la bocca con il dorso della mano evitando di sputare il cibo
"E questa da dove te la sei tirata fuori?"
"Me lo ha insegnato il tuo capo. Ringrazia lui"
Persia tornò seria ma Sebastian anticipò le sue parole
"Tranquilla. Ho avvertito mio padre. Mi ha testualmente detto: 'prenditi cura di lei e guai a te se le combini qualcosa'. Mio padre ti vuole bene"
Persia si rasserenò
"Questo è il sorriso che voglio vedere"
Disse poi infilandole in bocca un altro pezzo di cibo.
"Non ci provare. Ricorda: principessa"
Aggiunse quando Persia tentò di impadronirsi della forchetta. Capì che opporre resistenza sarebbe stato inutile.
Forse farsi coccolare non sarebbe stato così male.
Specialmente se da Sebastian.

Quella stessa mattina Sebastian uscì per andare a far compere. Aveva progettato di lasciare la casa per le 10:00 ma tempo di convincere una Persia ostinata a non uscire e si fecero le 11:00. Voleva rendersi utile, non una parassita.
Avrebbe cucinato lei quel giorno portando avanti il progetto di una bella pasta alľ italiana per poi fare le pulizie.
Tutto pur di non sentirsi prigioniera.
Telefonò col telefono di casa alľ ospedale per chiedere notizie su Samantha.
Era stabile ma il colpo alla testa le costò altri pochi giorni prima delle dimissioni.
Stava bene.
Solo questo contava.

"Cavolo Sebastian! Non so come ringraziarti"
esclamò Persia nel momento stesso in cui il ragazzo le diede il pacchetto di sigarette in mano
"Figurati. Servivano anche a me". Sebastian appoggiò affianco al tavolo la spesa mentre Persia finì di apparecchiare sistemando davanti ad ogni piatto due bicchieri
"Hai fatto i lavori di casa eh" constatò guardandosi attorno
"Si. Ho anche preparato un secondo con quello che ho trovato. Nulla di speciale"
Il ragazzo annusò ľ aria e ne rimase colpito.
Si sedette di fronte a lei.
Persia cominciò a fare le razioni dandone una abbastanza abbondante a lui.
"Persia"
disse con stupore dopo averne assaggiato un boccone
"Mi costringi a rapirti se cucini così bene"
Gli sorrise spostandosi una ciocca di capelli dalla visuale.
Ora al contrario di prima i suoi occhi a fatica si sarebbero staccati da quelli di lui, troppo immersi in quel blu.

Il secondo consisteva in un piatto di verdure e crostini con qualche pezzetto di tonno in scatola. Anche quello fu gradito da Sebastian.

Alla domanda
"che si fa oggi pomeriggio?"
di Persia, Sebastian propose una maratona di film
"E questa sera..."
disse quando entrambi furono già sul divano con la sigaretta accesa
"Ordino giapponese. Spero ti piaccia"
si augurò scrollando la sigaretta sul posacenere tra di loro.
Le finestre erano state spalancate anche perchè ľ estate stava arrivando e nessuno dei due intendeva morire ne per il fumo ne per il caldo.

Cominciarono con il primo film: The tourist.
Un film pazzesco, a detta di Sebastian.
Persia era della medesima idea.
E per il resto film della Marvel a gogo.
Ore e ore passate vicini a scambiarsi commenti, battute e frecciatine.
Arrivò anche il momento del sushi.
Persia si era addormentata così per sicurezza Sebastian ne prese anche per lei.
Forse aveva paura morisse di fame.

Alla consegna Sebastian pagò meno del previsto solamente perchè il fattorino era un suo amico di infanzia.
Appoggiò il cibo sulla penisola. Per un attimo fu  tentato di svegliarla ma nel vederla dormire, nel vederla serena il suo cuore si sciolse alľ improvviso.
La luce soffusa della stanza le dava una parvenza di angelico mentre ľ espressione rilassata era così bella che sarebbe rimasto lì anche ore a contemplare quella visione.
Allo stesso tempo però mangiare da solo quelle pietanze sarebbe stato a dir poco maleducato per il padrone di casa.

Le appoggiò una mano sulla spalla scuotendola leggermente.
I suoi occhi si aprirono lentamentea così lentamente che la loro luce sembrò pervadere la stanza.
Anche quando mangiarono Sebastian cercò di guardarli il più possibile.
Uno di fronte alľ altra, gli occhi di lui in quelli di lei sul divano a parlare del più e del meno e la fragranza muschiata del dopo barba di Sebastian mischiato al profumo alle orchidee che dal collo di lei si andava ad unire alľ odore del sashimi e ľ aria stanca di Persia che la rendeva ancore più innocente e pura di quanto già non fosse.
Bastò questo a Sebastian per capire che mai e poi mai avrebbe voluto o si sarebbe innamorato di altre ragazze.
Di altri sguardi.
Altri occhi.


Nota Autrice:
Prima cosa chiedo scusa per la monotonia del capitolo. Non ci sono scene bellissime quindi scusate se non vi ha colpite particolarmente. 😢
Sono sicurissima che alľ inferno hanno messo un girono esclusivamente per me.
Per me che non riesco ad essere costante.
Per me che non merito tutti i vostri complimenti.
In questi giorni ho avuto un blocco tremendo e di cose spiacevoli ne sono accadute e perciò ho trascurato la scrittura, dimenticandomi che di questo male essa è ľ unica cura. Vi prego di perdonare il mio ritardo ma anche che, me ne rendo conto, il mio modo di scrivere sta andando peggiorando giorno dopo giorno.

P.S.: Vorrei che nei commenti mi scriveste il vostro autore/autrice preferito/a in assoluto.
La mia è Jane Austen.
Buona serata.

Un amore color Manhattan| Sebastian Stan Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora