CAP. 1O

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Persia si rigirò più e più volte il bigliettino stropicciato tra le dita mentre con ľ altra mano reggeva un tè caldo, rintanata nella sala caffè. Ancora non ci credeva. Come aveva fatto ad arrivare alla sua borsa? Forse quando si era avvicinato così pericolosamente a lei prima davanti agli ascensori. Ricordò con il batticuore quelľ attimo. Lo rilesse per la decima volta prima di realizzare e metabolizzare il messaggio. Esso diceva  così:

/Ti aspetto alľ uscita quando stacchi per una sorpresa. Se non mi vedi fammi uno squillo. Il mio numero è 328.....
Non fare tardi o mi arrabbio. ;)/

Il suo viso avvampò trasformandosi in un peperone grigliato. Provò a soffocare un sorriso ebete ma invano e se lo parò con le dita.
La voglia di essere felice e mostrarlo al mondo con un sorriso a trentadue denti era più forte di lei, pensando se quello fosse o meno un appuntamento. Quanti interogativi però popolavano la testa della franco-canadese in questione. Pensò al tipo di sorpresa, che cosa potesse essere. Nulla le venne in mente.
Decise di smettere di spremersi le meningi per un qualcosa che non avrebbe mai scoperto e tornare al lavoro.
Si trovava in corridoio vicino alla sala riprese quando un urlo la fece scattare sulľ attenti. Solo quella voce cancellò ľ espressione incantata che aveva sulla faccia.
Sua maestà il signor Stan era arrivato e chiedeva a gran voce di lei.





Nonostante i modi burberi, sotto sotto il signor Stan era un uomo dal cuore buono.
 Con la sua voce grossa, le spalle larghe, gli occhi minacciosi e ľ aria da duro Jim poteva convincere chiunque ma non Persia. Essa sapeva guardare oltre a semplici tattiche intimidatorie. Sapeva che in verità egli era un uomo tenero ma nonostante questo sapeva che non doveva mancargli di rispetto. Non tanto perché fosse il suo capo ma perché era anche lui, come lei, un essere umano.
Dal primo giorno in cui entrò in sala colloqui vide subito che non era una cattiva persona. Mentre tutti alľ inizio erano terrorizzati da lui, ecco che Persia ogni giorno lo accoglieva con un gran sorriso in ufficio. Anche se era faticoso, portargli il caffè e sbrigare le commissioni per lui la gratificavano. Anche se quando piombava in camerino direttamente da Starbucks Jim era serio, i suoi occhi sorridevano. Lo raggiunse in sala riprese appena sentì il richiamo del capo. Appena aprì la porta anti panico lo vide seduto al suo posto con i cameraman che giravano ovunque, posizionandosi per la puntata del giorno. Una volta individuato corse da lui affannata mentre le mani erano indaffarate a conciarsi i capelli con la solita matita. Il pavimento era appena stato lavato e per poco non scivolò davanti alla scrivania a cui si resse prima di cadere al suolo. Si tirò su davanti ad un sorriso divertito di Jim.
"Capo" disse riprendendo fiato "aveva bisogno di me?"
Che domande. Ovvio altrimenti perché mai ľ avrebbe chiamata. Il signor Stan tirò fuori dalla sua 24 ore un enorme blocco di fogli porgendoglieli
"Io ho sempre bisogno di te" rispose con un enorme, VERO sorriso. Era felice quando il suo capo lo era. In lui vedeva il padre che non aveva mai avuto e a volte anche un punto di riferimento.
"/ha lo stesso sorriso di Sebastian/" pensò ricordandosi del ragazzo.
Persia sfogliò i fogli che aveva tra le mani. Aveva smesso di stupirsi della quantità di lavoro datole ogni giorno. Eppure QUEL giorno era diverso. Non erano i soliti documenti, non erano le solite direttive. Era qualcosa che non aveva mai visto e di estremamente delicato.
"Ti prego Persia" le sussurrò quasi supplicante
"cerca di essere discreta".
Non disse altro ma il suo sguardo era fin troppo eloquente. Una volta, una sola volta Jim si era confidato con lei in un momento di crisi famigliare, quando voleva mollare il suo lavoro. Furono gli incoraggiamenti di Persia a fargli ritrovare il coraggio che non sapeva di avere.
Annuì comprensiva facendogli capire che quella era la cosa giusta da fare. Finalmente si sarebbe tolto quel peso dal cuore. Se ne andò con più calma dalla sala riprese ed una volta presa borsa e giacca uscì dalľ enorme palazzo. 
Fischiò con le dita ed un taxi accostò dal marciapiedi. Diede indicazioni al taxista che partì subito, perdendosi nel traffico di Manhattan.
Digitò al cellulare il numero scritto sul foglio iniziale e con aria preoccupata lo portò alľ orecchio.
Una voce femminile rispose con un tono così minaccioso da farle venire i brividi.
"Salve, sono Persia McGregor. Parlo con la signora Stan?"

Un amore color Manhattan| Sebastian Stan Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora