Cap.8

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La città non era mai stata così soleggiata come quel giorno. Le persone  che camminavano per strada, inoltre, erano tutte così sorridenti da trasmettere buonumore anche al più triste cittadino della metropoli. Il che era strano... strano davvero.
Persia e Sebastian erano ľ una affianco alľ altro in un silenzio a dir poco imbarazzante. La ragazza continuava a pensare a ciò che Sam avrebbe potuto dire... tipo 'VAI TIGRE!'   O altre frasi così simili a quella da rasentare un ulteriore imbarazzo.
Tornando alľ obbiettivo della mattinata...
Quella zona di Brooklyn pululava si bar e la scelta era davvero vasta. Dato che Sebastian si fidava di lei così tanto però allora decise di fare di testa sua. Svoltarono per due strade prima di arrivare al solito bar di lei. Questo era meno patriottico e molto più sobrio. Persia conosceva i proprietari, entrambi irlandesi e con un accento del nord est davvero piacevole da ascoltare.
Si sedettero così alľ aperto in un tavolo dove Persia vide un posacenere: non era sicura se il figlio del suo capo fumasse o meno.
"Effettivamente pensandoci" si disse tra se e se osservandolo mentre affondava il naso nel suo capuccino "questa potrebbe essere un' ottima opportunità per studiarlo". Le intenzioni di lei non erano cattive. Voleva solo capire bene chi aveva di fronte. Sebastian alzò velocemente lo sguardo incrociando il suo e così Persia si tradì. In compenso il ragazzo le sorrise
"Qualcosa non va?" per poi dire una volta averla guardata meglio "sei tutta rossa. Non è che sei malata?" Quello fu il colmo. Dentro di se, o per meglio dire sulla sua faccia, un fuoco stava avvampando sempre di più dandole una leggera colorazione cremisi alle gote. Persia non rispose, troppo immersa nella figuraccia che aveva fatto. Allungò la mano sul telefono appoggiato al tavolino"Se vuoi dico a mio padre che stai male e..." si interruppe quando una mano calda si pose sopra la sua. Era Persia che istintivamente lo voleva bloccare per evitare che chiamasse il padre. Tolse subito la mano. "No cioè... sto bene. Non ho nulla".
Ma Persia non aveva una malattia che si potesse diagnosticare o identificare con qualche esame clinico. Tuttavia era una malattia molto delicata. Sarà capitato anche a voi, no? Solitamente attacca il cuore e atrofizza il cervello. E non è che ci sia una cura particolare. Tra se e se Persia sperava non si trattasse proprio di QUELLO.
Sebastian la guardò sospettoso e tornò al suo capuccino. Cambiando argomento. Persia sapeva che in un' uscita con un ragazzo, se voleva pagare lei, doveva essere astuta.
"Io intanto vado in bagno. Torno tra poco" gli disse con una falsa smorfia di dolore mentre si teneva lo stomaco. Sebastian le stava per chiedere se stesse bene o meno ma Persia lo anticipò dicendo che era in un momento particolare del mese. Se vi chiedete se questo bastò a far calare il suo interesse verso la questione allora SI. Sebastian non era poi così diverso dagli altri ragazzi e come tali le cose che lo mettevano a disagio erano più o meno le stesse. La lasciò quindi andare senza tanti problemi. Appena entrata nel locale si buttò a capifitto verso la cassa, tirando fuori i soldi nascosti dalla manica
"Ciao Steve. Dovrei pagare il conto: due Brioche, un capuccino ed un caffè"
Steve, il cassiere, la guardò storto perciò gli fu spontaneo rispondere "scusami cara ma il conto è già stato pagato"
"da chi?" Si chiese più a se stessa che al cassiere
"Beh dal tuo amico. Quando è venuto ad ordinare" le rispose con ovvietà.
Persia si voltò lentamente verso il tavolo trovando Sebastian che le sorrideva sornione. Le rodeva farsi pagare le cose ed ancor di più farsele pagare dal figlio del suo capo. Gli sorrise di rimando per poi tornare al suo posto
"Stai meglio?" Le chiese, perfettamente al corrente fin dalľ inzio della mega balla che aveva sparato. Persia colse ľ ironia della frase per poi rispondere che non era mai stata meglio. Quando fu ora di andare, Sebastian lasciò alzare prima lei per poi seguirla. Da vero gentleman. Dopo aver fatto 50 m, Persia non riuscì a trattenersi.
"Non c'era bisogno di pagare anche per me" disse con sguardo basso nonostante Sebastian cercasse di incrociare il suo. Benché però i suoi occhi avessero solo poche volte avuto il piacere di guardare i suoi, Sebastian ne aveva potuto scorgere la bontà della ragazza, fermo sostenitore che gli occhi sono lo specchio delľ anima. Ed il suo era un animo buono.
"Se non ľ avessi fatto io ľ avresti fatto tu"
Persia sorrise a quel ragionamento chenon faceva una piega.
Il resto del tragitto lo passarono in silenzio fino al lavoro.
Magari per Sebastian quel momento della giornata era uno come gli altri ma per Persia la mattina era la parte migliore per poter pensare. Arrivati al lavoro la situazione prese una piega ancora più strana: tutti gli occhi erano su loro due. Le lavoratrici erano un misto di sorpresa ed invidia mentre gli uomini... beh loro erano solo sorpresi. E tutti quanti parlavano tra di loro continuando a guardarli.
"Ci stanno fissando" sussurrò Sebastian cercando di non farsi sentire se non da Persia
"E che ci fissino. Non hanno mai nulla di cui parlare se non degli altri . Comari " rispose fredda dato che ľ opinione loro non le importava granché . Ľ ultima parola lo fece sorridere dal momento che ľ appoggiava in pieno. Arrivarono davanti alľ ascensore e premettero il pulsante. Il livello di disagio era alle stelle (altro che picco di ascolti). Persia non se ne era resa minimamente conto ma Sebastian nel frattempo stava guardando, o per meglio dire studiando le ragazze, giusto per vedere come si comportassero. Sghignazzavano alle spalle della povera Persia, mormorando cose sul fatto che era impossibile che una ragazza così mediocre potesse stare un un 'figo spaziale del genere' (testuali parole). Proprio lei che era forse ľ unica con un pelo di umanità in quella sala. Questa cosa lo infasitidì parecchio. Ognuna di quelle ragazze gli ricordava le sue ex: acide arpie che sapevano solo sparlare senza mai pensare ai sentimenti altrui. Nemmeno ai suoi. Solo quando si accorsero che le stava guardando sfoggiarono un sorriso svenevole da gatta morta da manuale. Era troppo. Perché invece non dar loro una lezioncina? Pensò, soddisfatto delľ idea che gli era appena venuta in mente.
Poco prima che si aprisse ľascensore e la ragazza potesse entrare, Sebastian prese le mani di Persia portandosele a pelo delle labbra. Persia era oltremodo sorpresa. Gli chiese spiegazioni con gli occhi ma non sembrò capire neanche quando Sebastian le fece ľ occhiolino per farle intendere di reggere il gioco. Era calato un breve silenzio nella sala.
"Sono stato proprio bene con te questa notte. Spero avremo un' altra occasione"
 le baciò il dorso delle mani
"e tu sei stata fenomenale" aggiunse con voce roca e maliziosa. Questo era il colmo. Sebastian si avvicinò poi per darle un bacio sulla guancia, proprio  accanto alľ angolo della bocca.
Ľ ascensore si aprì. Ma mentre Persia era immobile cercando di metabolizzare ľ accaduto, Sebastian la tirò per un braccio, dando ad intendere che lì dentro volesse di più. Non perse tempo per guardare gli sguardi stupiti della gente e delle ragazze. Alcune avvampavano di invidia, altre proprio rodevano. Le ante delľ ascensore si chiusero davanti allo sguardo vuoto e perso delľ ingenua Persia.

Angolo Autrice:
Finalmente dopo tanto tempo ľ ispirazione sembra essere tornata. Quando lessi poi che 130 persone avevano letto la mia storia provai una gran soddisfazione. Spero che quello che scriverò continuerà a piacere. Eh niente... buon proseguimento.

Un amore color Manhattan| Sebastian Stan Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora