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Questa volta l' occhio si mosse all' indietro, come se Kira lo avesse schiacciato dentro la parete. Tutti rimanemmo lì a fissare il muro che si spostava da un lato e apriva un' entrata nascosta.

Al di là del muro c'era un altro tunnel identico a quello dove ci trovavamo noi. Ci guardammo diffidenti, poi uno ad uno entrammo nel varco.

Lo percorremmo tutto con i passi che aumentavano di velocità man mano che camminavamo. Alla fine arrivammo in fondo dove c' era un' altra parete uguale all' altra, con lo stesso occhio.

Kira appoggiò la mano al bassorilievo e la parete si spostò ancora di lato; superammo anche quella, ormai correndo fino a quando non ci ritrovammo in una stanza. Era fetida come tutti i corridoi, ma illuminata da lampade al neon.

Ci stavamo tutti guardando in torno, quando sentimmo un lamento. Era smorzato, come se chi lo avesse prodotto fosse in difficoltà, ma non sembrava lontano.

La stanza era piena di tubi di alluminio e oggetti arrugginiti ammucchiati in cataste disordinate. Scavalcai la più vicina a me e, dietro ad essa, vidi Scott e Peter seduti per terra pieni di ferite e tutti insanguinati. Erano legati con delle catene di rame, che non promettevano niente di buono. Praticamente mi scaraventai su di loro cercando in tutti i modi di togliere quelle manette, ma non appena le sfiorai un' incredibile scarica elettrica mi attraversò per tutto il corpo. Fu così violenta da buttarmi per terra. Mi fece sbattere la testa, sentii un urlo, un rumore di qualcosa che cade per terra e poi più niente, un vuoto totale offuscò la mia mente.

Sentii delle urla, vidi delle ombre che si muovevano velocemente davanti a me, però erano confuse, i contorni non definiti, chi stava combattendo contro chi? Mi guardai intorno. Peter e Scott erano di fianco a me e stavano cercando di liberarsi da qualcosa, ma non vedevo cosa, perché delle saette gli attorcigliavano le mani arrivandogli fino al petto come serpenti stritolatori.

Provai anch' io ad aiutarli, ma le scariche erano troppo forti.

Non mi importa, pensai, il mio compito era quello di liberarli? Bene, lo avrei fatto. Rimisi le mani sulle manette, e cercando di non pensare alle scariche, provai a sciogliere quelle legate ai polsi di Scott, che sembrava quello messo peggio. Quando finalmente riuscii a slegarle si alzò di scatto e si precipitò ad aiutare gli altri che, adesso sì che riuscivo a capirlo, stavano lottando contro quello che sembrava un fortissimo branco di Alfa. Un branco di Alfa.

Ad un tratto ricordai, me ne aveva parlato Derek qualche tempo prima per farmi capire che lui non era la "bestia più feroce di tutte" come lo avevo chiamato io. Esisteva, appunto, un branco di soli Alfa, mi aveva spiegato, il cui Alfa Supremo era una vera e propria macchina da distruzione, creata solo per uccidere.

Mi ridestai dai miei pensieri, e, non so come, mi accorsi che ero riuscita a liberare anche Peter. Mi alzai anch' io e vidi che Stiles era in netto svantaggio con il suo avversario. Mi precipitai da lui appena in tempo per schivargli un colpo che gli sarebbe stato fatale. Cercai in tutti i modi di trasformarmi, e dopo qualche minuto ci riuscii, ma solo grazie al dolore provocato dal graffio che l' avversario mi aveva fatto. Riuscii a tirargli un calcio sul mento, proprio con la punta delle mie Super Star. Sputacchiò un po' di sangue per terra e provo a graffiarmi ancora con quei suoi artigli affilati, ma io ormai ci avevo preso la mano e visto che conoscevo le mosse dell' autodifesa, gli tirai un altro calcio, questa volta dritto nei gioiellini. Cadde per terra pietrificato, come una statua con il piedistallo sproporzionato. Ma non feci neanche in tempo a congratularmi con me stessa, che un altro graffio sulla schiena mi fece voltare di colpo. Era stata un' Alfa-donna a infliggermelo. Cavoli, non avrei potuto sferrare un altro calcio-spacca-palle, ma non mi scoraggiai.

Mi tirò un calcio dritto allo stomaco, ma io riuscii a schivarlo e subito dopo i miei artigli le si conficcarono nel fianco. Fortunatamente per lei le avevo ferito il fianco destro, perché se fosse stato il sinistro le avrei preso la milza e l' avrei uccisa. Indietreggiò di qualche passo appoggiandosi alla parete che aveva alle spalle. Conoscevo quasi tutti i punti sensibili, così le presi il gomito e cerai il punto di pressione. Quando lo trovai, svenne e si accasciò al suolo, supina. Mi guardai intorno: Alison stava prendendo la mira con il suo arco e quando scoccò la freccia, quella andò a finire dritta, dritta nel fianco di un Alfa robusto e muscoloso. Il mio sguardo, a quel punto, cadde su Lydia. Era per terra con un altro Alfa che la sovrastava. La raggiunsi e buttai a terra l' uomo, che non si era accorto del mio arrivo. Aiutai Lydia ad alzarsi ed entambe andammo ad aiutare chi aveva bisogno, ma ormai gli Alfa, che erano di meno, si stavano arrendendo: quello a cui avevo tirato il fatidico calcio era ancora a terra, la femmina stava tirando qualche debole calcio a Malia; l' uomo che avevo atterrato si stava riprendendo, ma gli mollai un altro calcio e svenne del tutto; mentre l'Alfa a cui Alison aveva scoccato la freccia si teneva in piedi a fatica e sanguinava dove l' arma lo aveva colpito.

Out the real [IN PAUSA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora