Stavo per smettere di lottare contro quel caos, quando quei bisbiglii diventarono qualcosa di più: un urlo potente risuonò vicino, alle mie spalle sembrò, per quanto strano, che mi desse una spinta energetica, mille volte più grande e potente di quella della scatoletta.
Percepii gli artigli guizzare fuori dalle dita e contemporaneamente i canini mi fendettero le gengive facendo dilagare il sapore del sangue per tutta la bocca.
Appena capito che cos'era successo ripresi a respirare e...
Non c'era niente, niente di niente che mi facesse male; non un'unghia che dolesse, non un un capello...
Aprii gli occhi che come altre volte erano rimasti chiusi e scoprii che come quando mi ero risvegliata, tutto era chiaro come il sole, ogni piccolo pulviscolo di polvere ben visibile come al microscopio...
Le persone!
Mi voltai di scatto che per poco non caddi... ma mi ritrovai a fissare una porta di legno bianco con la maniglia in ottone, rovinata dalle tante volte che era stata toccata...
Ma le descrizioni di quella stupidissima camera potevano anche aspettare; mi guardai le mani e le unghie da lupo erano ancora lì come in attesa.
Per tutta risposta mi gettai contro la porta e cominciai a tirarle unghiate a non finire, con la vernice bianco latte che volava via.
Ma dei graffi non mi avrebbero certo aiutata e mi fermai.
Non ero a conoscenza di altro, ma mi bastava sapere che c'era una speranza, uno sprazzo di luce: che quell'alternarsi frustante di coscienza e irrazionalità sarebbe prima o poi finito...
Quindi mi ricordai, una parte piccola, insulsa e remota del mio cervello ricordò, che oltre a zanne e artigli, i lupi sono avvantaggiati da una forza immane.
Presi i cardini ossidati dal tempo e tirai con tutta la forza bruta di cui ero capace.
Sentii qualcosa cedere e ritentai più forte.
Ancora qualche piccola vite da qualche parte non resistette e la vidi cadere sulle piastrelle beige di marmo.
Stranamente le mani, anche se stavano compiendo uno sforzo enorme, non mi facevano male, anzi un'energia di adrenalina e una sorta di entusiasmo mi davano la convinzione che in confronto a me quel pezzo di legno vecchio come il bacucco non fosse niente.
Ce la feci. Dopo qualche altro tentativo mi ritrovai un buco nel muro e per terra quella che fino a poco prima mi era stata chiusa alle spalle per non farmi uscire.
Be' pensai col cavolo che non posso uscire.
Con un vago senso di soddisfazione oltrepassai la soglia e un corridoio poco illuminato mi si aprì davanti.
Faceva più fresco che nella stanza, ma nessun brivido mi percorse la schiena; non che avrebbe dovuto, ma era come se il mio corpo fosse ricoperto da un'armatura di freddo, protettiva e rassicurante.
Ma se un'armatura fa di una persona un buon combattente, allora dei begli artigli affilati e una vista da paura dovevano per forza fare di me una buona lupa mannara.
Tenni le mani lungo i fianchi, pronta a percepire il minimo movimento, le unghie sollevate verso l'alto e un ghigno animalesco -e come se no?- dipinto sul volto.
Come con il piccolo cofanetto circolare e il grido del lupo di poco prima, anche ora un fluido scorreva dall'interno del mio corpo fino alle dita, al viso; ogni mia fibra, cellula, atomo ne sentiva il torpore benefico e tendeva a mettermi sull'attenti ad ogni pulviscolo si posasse sulla maglietta che mi ero ritrovata indosso.
Verso la metà del corridoio delle scale semi-illuminate scendevano di sotto, ma c'erano delle altre stanze che si affacciavano lì sul piano superiore e non avevo nessuna intenzione di non andare a dare un'occhiata.
Erano tutte chiuse, ma se ci fosse voluta la forza... be' non mi mancava.
Arrivata all'entrata più vicina mossi la maniglia che non oppose resistenza e la porta, anch'essa bianca come l'altra, si aprì su una camera grande, ma poco illuminata.
Solo qualche raggio di sole riusciva a filtrare tra le tende pesanti e formava un triangolo sottile che lasciava trasparire il pavimento impolverato.
Mi accorsi di non aver niente ai piedi -non era stata una delle mie priorità pensare alle infradito mentre cercavo di capire chi mi avesse rinchiusa lì dentro-, e i piccoli granellini di sporco mi si infilavano fastidiosamente tra le dita come sabbia di una spiaggia.
Quella stanza a differenza della prima, era interamente ammobiliata: un letto neutro con la base in ferro era alla mia sinistra, con un piumino verde un po' spiegazzato adagiato sopra, mentre un armadio alto con le antine a specchio era lì di fronte, con il letto riflesso dentro, silenzioso e immobile.
Feci qualche passo e anche il mio riflesso comparve sull'armadio.
Indossavo una maglietta a maniche lunghe bianca e dei pantaloni della tuta grigi, con il cordino in vita per stringerli. I capelli erano raccolti in una coda bassa e disordinata, con le ciocche che sfuggivano all'elastico.
Sarei potuta benissimo sembrare una ragazza intenta a fare le pulizie se non fosse stato per le unghie acuminate e il rivolo di sangue che mi scendeva sulla tempia.
Nonostante tutto non faceva male, se non mi fossi vista non me ne sarei neanche accorta.
Oltre al letto e al guardaroba non c'era molto altro, a parte quelle inquietanti tende di velluto nero che oscuravano l'ambiente.
Decisi che quel posto non meritava molta più attenzione.
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Out the real [IN PAUSA]
Teen FictionAlice, la sorella di Derek, è innamorata segretamente del suo migliore amico. Quando finalmente lui sembra ricambiare i suoi sentimenti lei e tutto il branco dovranno scontrarsi con molti problemi... QUESTA STORIA NON L'HO SCRITTA IO MA UNA MIA AMIC...