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Uscii e mi diressi verso l'altra porta, l'unica che mi rimaneva.

Mentre percorrevo quei tre metri, mi sorpresi di quanto quel posto fosse silenzioso; d'altra parte non avevano appena fatto irruzione almeno tre o quattro lupi per costringermi tra quelle quattro mura?

Pensavo che fossero più di due perché avevo sentito delle voci, e il mo udito era riuscito a captarne almeno tre...

Accedetti anche a quel locale senza difficoltà, ma mi ritrovai in un ambiente totalmente diverso.

Tranne che per la luminosità del posto, dove non si potesse dire che si vedesse tutto a meraviglia.

I miei occhi però riuscivano comunque a cogliere ogni più piccolo elemento, dalle imperfezioni dell'intonaco sulle pareti, alle minime pieghe del copriletto blu scuro.

Tutto qui era trascurato: sembrava che l'occupante di quel locale non badasse per niente ne all'ordine ne all'estetica di qualsiasi cosa; il pavimento era disseminato di giornali, magliette, libri... e c'erano perfino delle banconote ai piedi del letto.

Feci qualche passo in avanti e per poco non trasalii quando calpestai il foglio di un quotidiano... davvero una stranissima sensazione non averlo notato... be' non potevo di certo essere Wonder-Woman.

Arrivai alla finestra oscurata dai tendaggi pesanti e li scostai per dare un'occhiatina fuori.

Un filo di accecante luce solare mi trafisse le pupille, ma quando la vista si stabilizzò riuscii a scorgere ciò che il velluto nero mi aveva celato.

Davanti ai miei occhi si estendeva, abbastanza ampia, un tappeto di case, strade e edifici di vario genere, tutti almeno dieci piani più in basso.

Ai margini di quella che doveva essere una cittadina, un fitto bosco si allargava a perdita d'occhio, con la sua macchia verde smeraldo.

Mi discostai dalla finestra e mi accorsi che stavo tenendo il davanzale interno quasi spasmodicamente, tanto che le nocche erano sbiancate. Mi staccai, ma un capogiro come pochi mi fece pentire di essermi allontanata seppur di poco.

Era abbastanza strano perché un parte di me sapeva qual era la causa di quello stordimento; una sensazione di indescrivibile familiarità mi aveva colta sin da quando mi ero ridestata nella camera dalle pareti candide. Era poi continuata per tutto il tempo, ma probabilmente avevo avuto altro a cui pensare e non l'avevo percepita così intensamente.

Ora però, in quel posto, con la luce fioca del sole proiettato sul marmo del pavimento, era come se avessi un groppo allo stomaco... formato da familiarità.

Ma se avevo saputo riconoscere il motivo del disorientamento momentaneo, era molto più difficile capire perché una camera disordinata e una città con un semplice bosco dovessero essere così importanti.

Cercai di calmarmi e ritornai in corridoio.

Questa volta mi attaccai alla balaustra che lo percorreva, e senza volerlo mi sporsi di sotto.

A quel punto fu come se il groppo diventasse più grande di me e lo stomaco non riuscisse più a contenerlo; si diffuse per tutto il corpo, accompagnato da un'indecifrabile e negativa sensazione... No più che negativa era semplicemente troppa familiarità.

È la fastidiosa sensazione di doversi assolutamente ricordare una parola durante un discorso, averla sulla punta della lingua, ma non poterla rammentare.

Voltai le spalle al piano inferiore e fissai la porta davanti a me, quella della stanza disordinata.

Le mie mani rimanevano saldamente ancorate al corrimano, ma stavo cercando in tutti i modi di calmare la mente.

Era già successo che quella percezione mi cogliesse, intensa e senza risposte; l'avevo superata tutte le volte, bastava rilassarsi e non farsi troppe domande, altrimenti le incognite sarebbero sembrate di più.

Mi resi conto di essermi appoggiata mollemente al parapetto, con le dita non più attorcigliate sulla barra di legno lucido.

Certo non era il meglio del meglio, ma dovevo andare avanti; se avevo scardinato una porta non era certo per arrendermi davanti ad una blanda sensazione.

Con rinnovata sicurezza scesi le scale lì vicino, con i piedi nudi sul pavimento fresco.

Quando un grande loft mi si aprì davanti, tutto open-space dalla cucina alla grande porta d'ingresso, cercai di reprimere il nodo a livello d'intestino che si era formato e mi guardai intorno.

Come al piano superiore, tutto era intonso come se non ci entrasse qualcuno da settimane... eppure poco prima quattro grossi lupi mi si erano fiondati addosso...

Un sottilissimo strato di polvere sul pavimento non faceva che confermarne la non presenza.

Nella cucina moderna tutto era in ordine, e c'era solo un portafrutta pieno di mele e banane sul tavolo.

La tranquillità cominciava a presentarmisi sempre meno tranquilla a dire la verità... e il tutto continuava ad essere circondato dall'alone del familiare.

Mi diressi verso il portone.

Non sembrava per niente la porta d'ingresso di un'abitazione, piuttosto quella di una vecchia stalla o di un magazzino poco usato. E di quest'ultimo aveva in comune anche il catenaccio con lucchetto che lo teneva fortemente chiuso e impossibile da aprire.


SPAZIO AUTORE:

Questo è l'ultimo capitolo che ho, e che quindi pubblicherò...

vi voglio bene

Luna hale

Out the real [IN PAUSA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora