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Stranamente notai che la vista non era poi così tanto appannata -non come in altre situazioni- e aprì gli occhi che, mi ritrovai a constatare, erano rimasti chiusi.

Sentii pizzicarmeli, come quando si è sull'orlo di un pianto e mi accorsi che lacrimavo. Non ci badai: in quel momento mi resi anche conto che ero nuda, faceva un freddo cane e dovevo assolutamente capire almeno dove mi fossi accasciata.

Qualcosa si mise a fuoco dietro l'opaco delle lacrime e vidi un'imponente sagoma, più scura della notte lì intorno, stagliarsi in tutta la sua altezza di fronte a me.

Una fioca luce, forse della luna o del cielo stellato, la illuminava solo in parte e le dava un aspetto ancora più macabro se possibile.

La costruzione era in condizioni pessime con il tetto che mancava e parte dei muri anneriti, quasi fosse stato appiccato un incendio...

E a quella parola il buio calò sulla mia mente, ma in qualche modo questa riuscì a rimanere cosciente.

Fiamme, alte fiamme rossastre, circondavano e risucchiavano tutto ciò che incontravano... non c'era molta gente... solo un ragazzo alto e muscoloso che con le mani davanti alla bocca -stava forse urlando qualcosa?- e altre tre o quattro figure.

Una era inginocchiata per terra sopra un altro corpo, ma non sembrava proprio umano... più che altro animale...

Il ragazzo intanto gridava... un nome, come se si fosse perso e stesse chiedendo aiuto... anzi sembrava davvero perso, smarrito nella confusione dell'incendio e del fumo, della casa alle sue spalle che veniva inghiottita centimetro dopo centimetro dalle lingue di fuoco...

Ma rinvenni dalla visione -che altro poteva essere?- trasalendo, quasi fossi stata in apnea per dieci minuti e persi per un attimo l'equilibrio.

Quando il terriccio umido smise di girare, posai le mani davanti a me e cercai in qualche modo di capire... qualcosa, visto che non ci stavo capendo una beata...

digrignai i denti trattenendomi. Dovevo stare calma se volevo avere risposte.

Mi rilassai, con le braccia allacciate intorno alle ginocchia per non disperdere troppo calore.

Guardai ancora la baracca davanti a me, un fantasma in quella radura pacifica.

Era proprio quella che avevo visto poco prima avvolta dalle fiamme, non c'era dubbio. Non osavo muovermi o comunque alzarmi, avevo troppo freddo, ma anche dal basso verso l'alto era chiaro che il fuoco l'aveva avvolta e aveva lasciato intatto solo il cemento armato e quel poco di ferro che può comporre la struttura di una casa.

Era quindi la medesima, solo che ora il silenzio era quasi alieno in confronto al crepitio incombente del fuoco nel sogno o visione che fosse.

Non c'era modo di capire chi fossero il ragazzo o gli altri individui o perché mai una catapecchia come quella avesse dovuto risvegliare le mie meningi in maniera tanto brusca; comunque restava quella sensazione che avevo provato appena mi ero ritrovata in quel posto, lì nel bosco: familiarità.

Anzi se possibile più di familiare, c'era qualcosa che mi attraeva in quella stamberga; e di sicuro non era l'aspetto o la sensualità date le sue condizioni; era qualcosa di più intimo, profondo, che mi diceva "vieni più vicino, vieni...".

Ma avvicinarmi era l'ultima cosa che volevo fare; il freddo mi stava ibernando dita e anche braccia e gambe e lasciare che quei trentasei gradi si disperdessero ancora di più non mi sembrava la migliore delle idee... Inoltre avrebbe sempre potuto essere una trappola... non avevo mica addosso dei lupi che mi tenevano incatenata in uno scantinato?

Quando si parla del diavolo...

Sentii dei passi, ben udibili dallo scricchiolare delle foglie cadute lì intorno, ma a quanto pare non era premura di quelle persone -o lupi?- non dare nell'occhio: ne sentivo le voci e se mi fossi sforzata forse sarei riuscita captarne le parole. Ma mi interessava di più non farmi trovare nuda in mezzo al bosco, che capire di cosa stessero discutendo degli uomini durante una passeggiata notturna...

Mi meravigliai di quel pensiero, così sarcastico, così estraneo a tutto ciò che avevo vissuto negli ultimi...(mesi? Giorni? Settimane?) tempi.

Ma non badai tanto ne alla mia meraviglia ne alle mie battutine, che il gruppo di voci e passi pesanti era a meno di dieci metri da me. Anzi si avvicinavano e in qualche modo capii che stavano cercando qualcosa. O qualcuno.

E in quel momento svenni.

E quindi ancora una volta mi ridestai, con il collo incriccato e le braccia sotto la testa addormentate per l'immobilità.

Sbattei le palpebre e, aperti gli occhi, scoprii due cose, una volta tanto entrambe positive. Una luce copiosa e solare filtrava attraverso delle tende chiare e quasi si poteva sentire il profumo dell'aria fresca che ci doveva essere al di fuori delle finestre. L'altro lato buono era la maniera con cui, soprattutto lo sguardo, captava tutti i minimi particolari, definiti e tutt'altro che simili a come li avrei visti fino a poco prima.

Riuscivo perfino a vedere abbastanza precisamente i fili di lino delle tende candide e lunghe fino al pavimento. Non pensai come facevo di solito, a fare tutto di fretta per paura delle mie perdite di conoscenza, anzi me la presi comoda.

Constatando con positiva sorpresa che nessuna catena o manetta mi teneva legata da nessuna parte, mi sporsi dal letto e mi osservai intorno.

Trattenni il respiro e per poco non caddi giù.

Un libro bellissimo, di cui si è cercato il titolo per molto tempo, senza mai trovarlo, e alla fine si abbandonano le ricerche... ma poi lo si ritrova...

Out the real [IN PAUSA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora