Capitolo 19

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Oggi triplo aggiornamento, perché domani non sono sicura di riuscire ad aggiornare, dato che andrò a Lecce per delle visite mediche. Grazie per tutti i voti, i commenti e le visualizzazioni, grazie di cuore :D Buona lettura

Il tragitto fu piuttosto lungo, era sera e il buio non mi permetteva una buona visuale, ma, fortunatamente, riuscimmo ad arrivare sani e salvi.
"Dove siamo?"
Chiese il biondo.
"Vieni."
Dissi entusiasta, afferrandogli la mano, per dirigermi all'interno della struttura abbandonata davanti a noi. Era esattamente come la ricordavo: piena di polvere, ragnatele, buia, finestre rotte, tappezzeria rovinata, così come il legno del pavimento.
"Benvenuto nel mio rifugio."
Dissi a Federico, indicando ciò che era presente attorno a noi, allargando le braccia e sorridendogli.
"Quindi è questa la casa di cui mi parlasti?"
Mi chiese. Annuii.
"Vieni, ti porto nel mio punto preferito."
Dissi come un bambino che mostrava fiero il suo giocattolo prediletto. Il biondo mi seguì a passo svelto, sicuramente aveva paura di perdersi, o meglio, di perdermi e, quindi, di perdersi. Salimmo una lunga scalinata e percorremmo un lungo corridoio, fino ad arrivare in un punto dove il tetto era lacerato e dava la possibilità di godere della visuale del cielo stellato sopra di noi. Mi sedetti a terra, con la schiena contro il muro, seguito da Federico.
"Che spettacolo."
Disse semplicemente, guardando il panorama.
"Parli ancora dei miei occhi o del cielo stellato?"
Chiesi divertito, ricordando quella volta in cui, da ubriaco, disse che preferiva ammirare i miei occhi alle stelle.
"Dai, smettila."
Disse con un sorriso tra il divertito e l'imbarazzato, dandomi una leggera spinta. Risi.
"Non avevi paura a venire qui, tutto solo?"
Mi chiese di punto in bianco.
"Questo posto mi faceva meno paura di casa mia."
Gli confessai.
"Perché non ti lasci andare? Perché non ammetti che le loro parole ti fanno male, che tutto quello che ti hanno fatto ti ha distrutto?"
Mi chiese ancora, diventando improvvisamente serio. Sentivo i suoi occhi puntati su di me e sorrisi amaramente.
"Non posso farlo."
Risposi quasi in un sussurro.
"Perché?"
Insistette. Decisi, allora, di incontrare il suo sguardo.
"Se lo facessi, non potrei riuscire a sopportarlo."
Gli confessai, mantenendo il mio sorriso amaro.
"Ci sono io con te."
Tentò di rassicurarmi.
"Se mi lasciassi andare, non so se riuscirei a riprendermi, a capacitarmi di tutto quello che mi è successo."
Iniziai.
"Tu mi hai sempre rimproverato del fatto che raccontassi episodi del mio passato con un'indifferenza tale da non sembrare la mia storia."
Gli ricordai.
"Ma tu davvero hai creduto, anche solo per un attimo, che io non mi rendessi conto di tutto quello che ho passato?"
Gli chiesi senza aspettarmi una qualche risposta, sapevo che voleva solo farmi sfogare.
"Fa male già così, se mi lasciassi andare, non so che effetti avrebbe su di me."
Dissi amaramente, distogliendo lo sguardo.
"Ma tu non sei solo, ci sono io, l'affronteremo insieme."
Disse posando la sua mano sulla mia.
"Se lo facessi, potrei avere bisogno di te in un modo che non credo ti piacerebbe."
Dissi squadrandolo, sperando che capisse.
"Se servisse ad aiutarti, farei qualsiasi cosa."
Disse sicuro, dopo qualche istante di silenzio. Incontrai nuovamente il suo sguardo.
"Non sono pronto ad affrontare tutto quello."
Dissi, supplicandolo con lo sguardo di lasciar perdere.
"Quando lo sarai, mi troverai accanto a te."
Mi avvisò sorridendo. Sorrisi a mia volta.
"Grazie."
Dissi semplicemente.

Restammo l'uno accanto all'altro, a guardare quel cielo notturno, in un rigoroso silenzio, per minuti che mi parvero ore.
"Ben?"
Mi richiamò il biondo.
"Mh?"
Lo sentii sospirare.
"Tu hai bisogno di me?"
Mi chiese titubante.
"Sì."
Risposi con fare ovvio, senza distogliere lo sguardo dal cielo.
"Allora perché quel testo?"
Disse in un sussurro, come se sperasse che lo sentissi, ma, allo stesso tempo, che non lo sentissi.
"Quale testo?"
Gli chiesi concedendogli la mia attenzione.

"Io non ho bisogno di niente

E non ho bisogno di te"

Citò. Erano le parole della canzone che scrissi due giorni prima.
"Erano le stesse che mi dicesti anni fa..."
Si ricordò.
"L'hai letta?"
Gli chiesi. Lui annuì, abbassando lo sguardo.
"Lo sai che non mi piace quando ficchi il naso fra le mie cose."
Dissi senza alcuna traccia di rimproverò.
"Ho trovato il pezzo di carta sul tavolino e..."
Continuai la frase per lui.
"La curiosità ha avuto la meglio sul buon senso."
Lui annuì ancora. Sospirai.
"Cosa vuoi chiedermi riguardo a quel testo?"
Chiesi. Odiavo quando girava intorno al discorso.
"A cosa o a chi stavi pensando quando l'hai scritta?"
Mi chiese incontrando il mio sguardo.
"A te."
Dissi sincero. Lui sembrò irrigidirsi.
"A te e a me, quando ancora mi drogavo."
Aggiunsi.
"Ho descritto le cose che farei, se litigassimo, a causa del mio orgoglio."
Mi spiegai meglio.
"Quindi, praticamente, non faresti nulla per farci riconciliare."
Constatò. Dal suo tono, capii che si sarebbe messo ad urlare, per la rabbia, da un momento all'altro.
"Esatto."
Confermai.
"Ma io non ti permetterei mai di allontanarti da me."
Al ché sembrò rilassarsi. Sorrisi.

Rimanemmo in quella casa ancora un po', per poi ritornare alla macchina, così da tornarcene a casa.
"Ben?"
Mi richiamò il biondo. Mi voltai verso di lui e lo vidi con le chiavi in mano, mentre si avvicinava a me e alla macchina.
"Cosa intendevi prima con 'potrei avere bisogno di te in un modo che non credo ti piacerebbe'?"
Mi chiese confuso, citando le mie parole. Sorrisi divertito e intenerito, al contempo, dalla sua ingenuità. Lo feci sbattere con la schiena contro la macchina, facendolo sussultare, per poi posare una mano sul suo fianco e l'altra la portai ad accarezzargli il viso. I nostri sguardi erano incatenati, il mio pieno di desiderio, il suo pieno di confusione. Posai ancora una volta le mie labbra sulle sue, nonostante mi fossi ripromesso di non farlo più, coinvolgendolo in un bacio appassionato. Feci muovere il mio bacino contro il suo, provocandogli un gemito, per poi portare una mano sul suo basso ventre e stringere appena la presa, rendendo il suo respiro affannato e i suoi versi più numerosi. Dopo poco, mi staccai ed incontrai nuovamente il suo sguardo.
"Hai capito adesso?"
Annuì appena. Mi allontanai da lui e presi le chiavi dalle sue mani, per poi aprire la macchina ed entrarvi dentro. Ci mise un po' a raggiungermi all'interno della vettura e, dal suo volto, si poteva capire benissimo che era chiaramente sconvolto. Lo sguardo mi cadde su un rigonfiamento dentro i suoi pantaloni stretti, visibile grazie alla luce dei lampioni presenti attorno a noi. Sorrisi divertito.
"Cosa ridi?"
Mi chiese ancora frastornato.
"Se vuoi, posso darti una mano."
Proposi indicando il punto da me ammirato poco prima. Lui abbassò lo sguardo e tentò di coprirsi con la maglia.
"No, grazie."
Rifiutò frettolosamente.
"Come vuoi."
Dissi alzando le mani, in segno di resa, per poi spostare lo sguardo fuori dal finestrino.
"Comunque..."
Iniziò mettendo in moto, dopo minuti interminabili di silenzio.
"Sarei disposto a fare anche quello che servisse a farti stare meglio."

Oramai dipendo da te || FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora