Capitolo 27

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Cinque giorni dopo...

Le cose tra me e il biondo non erano cambiate poi così tanto come speravo. Lui continuava a vedersi con quel Daniele e io continuavo a stare con Martina. Il rapporto tra me e lui era diventato fatto di sguardi imbarazzati, parole prive di senso e sorrisi sforzati, non sembravamo più noi. Era da quando mi ero svegliato che mi sentivo stanco, strano, mi sentivo male, avrei voluto star solo, ma non mi era possibile. Quella sera avremmo dovuto tenere un concerto ad un festival e dovevamo assolutamente provare, non potevo certo tirarmi indietro per delle stupide sensazioni, anche perché ci avevano dato l'opportunità di esibirci con quattro canzoni.
"Ben, va tutto bene?"
Mi chiese il biondo venendomi vicino e poggiandomi una mano sulla spalla, cercando il mio sguardo. Annuii.
"Sì, solo un po' di stanchezza."
Lo rassicurai con un sorriso sforzato. Ovviamente le mie parole non lo convinsero affatto, ma, fortunatamente, non insistette.

Mi sentivo stranamente agitato, senza un motivo apparente. Mi passavo le mani tra i capelli e sul viso continuamente, come segno di nervosismo. Non volevo essere toccato, non volevo che qualcuno mi rivolgesse la parola... Volevo stare solo. Il pensiero di rimanere solo, però, mi faceva sentire peggio. Le pareti del ristorante sembravano stringersi attorno a me, il mio respiro era affannato, mi mancava l'aria, così provai a fare qualche respiro profondo, ma nulla. Il battito del mio cuore aumentava e sudavo freddo.
"Benjamin, vieni."
Mi richiamò Marco, ridestandomi dal mio senso di soffocamento. Mi andai a sedere di fronte al biondo, come sempre, con Martina al mio fianco. Solo a guardare ciò che c'era nel mio piatto, mi saliva la nausea.
"Amore, non mangi?"
Mi chiese la ragazza accanto a me.
"Non ho molta fame..."
Dissi appena, con voce tremolante. Tutte quelle persone attorno a me, Dio, avrei voluto farle fuori, mi opprimevano.
"Ben?"
La voce di Federico fu come una ventata d'aria fresca che mi regalò un po' dell'aria che sentivo mancarmi. Alzai lo sguardo verso di lui che studiò attentamente i miei occhi.
"Sicuro di sentirti bene?"
Mi chiese. Non ebbi il tempo di rispondere.
"Sì, Fede, sta bene. Smettila di opprimerlo."
Rispose al mio posto Martina, con parole che io non avrei mai usato con il ragazzo di fronte a me.
"Se stesse male, lo direbbe."
A quelle sue parole, Federico sorrise scuotendo la testa, come a dire 'Si vede che non lo conosci affatto.', e aveva ragione.

"Ragazzi, siete apposto con i microfoni?"
Ci chiese un addetto.
"Io sì, Ben quasi."
Lo informò Federico. Mi stavano sistemando un microfono incorporato, uno di quelli che si attaccano alla giacca, alla camicia o alla maglia. Il mio stato d'animo e il mio stato fisico non erano migliorati affatto. Mi sentivo sempre peggio. Si erano aggiunti anche i giramenti di testa e, alle volte, vedevo appannato.
"Fatto."
Mi informò la donna, per poi allontanarsi da me.
"Pronto?"
Mi chiese il biondo sorridendomi. Annuii solamente. Salimmo sul palco e... Non l'avessi mai fatto. Tutte quelle urla, quelle persone, la nausea iniziò ad aumentare. Cosa diavolo mi stava succedendo?! La base di 'Adrealina' partì, distraendomi dai miei sintomi anomali. Iniziai a suonare, con sguardo basso e la mente altrove, tanto da non rendermi nemmeno conto dei momenti di vicinanza di Federico. Eravamo a metà della terza canzone, quando non ce la feci più. Avevo cercato in tutti i modi di distrarmi, concentrandomi sulla voce melodiosa del mio socio, ma non durò a lungo. Mi levai la chitarra di dosso e mi lasciai scivolare lungo una colonna presente sul palco.
"Fede..."
Pronunciai in un sussurro.
"Fede."
Urlai quasi nel momento esatto in cui la base della musica fu più bassa. Il biondo si voltò di scatto verso di me, per poi corrermi incontro.
"Ben, che succede?"
Mi chiese, inginocchiandosi per essere alla mia altezza.
"Fa male..."
Dissi.
"Cosa? Ben?"
Mi prese il viso fra le mani. Gli bastò guardarmi per qualche istante negli occhi per capire cosa stesse succedendo. Crisi d'astinenza... Di nuovo. Vennero a soccorrermi anche mio fratello e Martina che erano dietro le quinte. La ragazza scostò Federico per avvicinarsi a me. Vidi lo sguardo del ragazzo spegnersi, mentre si alzava in piedi.
"Benji, che ti prende?"
Mi chiese preoccupata, prendendomi il viso fra le mani. Non volevo lei, mi metteva ancora più agitazione. Volevo solo...
"Federico..."
Sussurrai.
"Voglio Federico."
Dissi con tono leggermente più alto. La ragazza rimase quasi pietrificata, per poi spostarsi, lasciando spazio al biondo che si riavvicinò a me, con sguardo trionfante.
"Ben?"
Mi richiamò dolcemente.
"Guardami."
Mi istruì.
"Guardami negli occhi."
Disse prendendomi delicatamente il viso fra le mani. Feci incontrare i nostri sguardi e delle lacrime iniziarono a scorrere silenziosamente.
"Ehi, no, va tutto bene."
Tentò di rassicurarmi. Era calato il silenzio attorno a noi, gli unici suoni udibili erano quelli dei microfoni attacati alle nostre giacche che riproducevano a volume più alto le parole che ci scambiavamo.
"Fa male..."
Ripetei.
"Dovremmo chiamare un dottore?"
Chiese Alex, con tono preoccupato, a Federico.
"Lo chiamo subito."
Convenne la ragazza estraendo il cellulare dalla tasca.
"No, non serve nessun dottore."
La fermò Federico con tono duro.
"Ho caldo... Mi manca l'aria..."
Dissi con respiro affannato. Il biondo prese a sbottonarmi la camicia, così da alleviare, almeno in parte, la sensazione di soffocamento. Lo ringraziai mentalmente per quel gesto.
"Ben?"
Mi richiamò ancora.
"Concentrati sui miei occhi e sulla mia voce, va bene?"
Annuii appena.
"Va tutto bene."
Ripeté.
"Mi fa male tutto..."
Parlai appena. Anche se cercava di nasconderlo per non farmi agitare, la preoccupazione era leggibile nei suoi occhi.
"Non si possono spegnere questi cazzo di microfoni?!"
Urlò contro le persone alle sue spalle, per poi sospirare e riportare la sua attenzione su di me.
"Fede..."
Provai a parlare, ma lui mi interruppe.
"Va tutto bene, okay? Ricordi cosa ti dissi l'altra volta?"
Mi chiese.
"Non hai davvero bisogno di quella roba, è solo una questione psicologica. La tua mente vuole convincerti che tu hai ancora bisogno di lei, ma non è così... Sappiamo entrambi che non è così."
Disse dolcemente. Le lacrime continuavano a scorrere sul mio viso, mi sentivo morire. Federico capì che quelle sue parole non stavano funzionando, non bastavano a farmi stare meglio.
"Ti ricordi cosa mi dicesti quella volta che ti ricoverarono?"
Mi chiese.
"Mi dicesti che avevi bisogno di dipendere da qualcosa."
Rispose per me.
"E ti ricordi cosa ti risposi io?"
Annuii. 'Allora dipendi da me', come dimenticarle quelle parole?
"E io sono qui."
Disse sorridendomi.
"Lo dicesti tu... 'Se sono con te, non ho bisogno di altro'."
Ripeté. In quel momento avrei voluto unire le nostre labbra come l'ultima volta... Ma non potevo. Così mi limitai a tirarlo verso di me, accogliendolo in un abbraccio che lui ricambiò.
"Va tutto bene, ci sono io."
Mi sussurrò. Dalla folla si innalzò un urlo. Mi aggrappai a lui con tutta la forza che avevo. Aveva ragione, lui era l'unica cosa di cui avevo bisogno.

"Come ti senti?"
Mi chiese porgendomi un bicchiere d'acqua. Eravamo nella nostra camera d'hotel ed ero steso sul letto, intento a riprendermi.
"Grazie..."
Dissi appena.
"E di che?"
Ribatté sorridendomi dolcemente e sedendosi sul letto. Presi il bicchiere e iniziai a sorseggiare.
"Va meglio?"
Mi chiese ancora. Posai il bicchiere sul comodino e feci un sospiro, per poi incontrare gli occhi del biondo che era in attesa di una mia risposta. Mi alzai in ginocchio, muovendomi sul materasso, per posizionarmi alle sue spalle ed abbracciarlo da dietro.
"Ora sì."
Dissi in un sussurro, poggiando la testa sulla sua spalla. Lui non fece nulla, portò semplicemente la sua mano sulle mie, intrecciate sul suo petto, e iniziò a sfregare il pollice contro esse. Mi mancavano i momenti come quelli, quando il silenzio prendeva a circondarci, quel silenzio pieno di parole che non eravamo in grado di pronunciare, quando ci scambiavamo quegli sguardi, quei sorrisi, quegli abbracci che dimostravano quanto ci volevamo, quanto avevamo bisogno l'uno dell'altro, quando il suo profumo riempiva i miei polmoni, quando eravamo così vicini da sentirci un'unica cosa... Quand'eravamo 'Noi.

Oramai dipendo da te || FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora