Capitolo 26

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Nella storia farò riferimento ad un video che è quello allegato 😍 Buona lettura ❤

Piangere, non avevo fatto altro che quello, per tutta la notte, fra le braccia di mio fratello. Mi sentivo un perfetto idiota, ma non riuscivo a smettere. Avevo addirittura creduto che Federico sarebbe venuto a cercarmi, ancora non si fidava di mio fratello, eppure niente... Forse era troppo impegnato a divertirsi con il suo amico. Una stretta al cuore. Non volevo pensarci, non potevo, faceva tremendamente male. Martina mi aveva riempito di messaggi e io l'avevo totalmente ignorata, un po' mi dispiaceva, ma non avevo voglia di parlare con nessuno.
"Ben, non credi sia il momento di smettere?"
Mi chiese Alex asciugandomi il viso. Scossi la testa. Lui sospirò.
"Non posso vederti così..."
Disse in un sussurro.
"Io davvero non capisco."
Scosse la testa. Lo guardai confuso, in attesa che aggiungesse qualcosa, ma non lo fece, così ripresi a stringermi a lui. Non avevo bisogno di altro in quel momento.

"Fratellino, sveglia."
Sentii richiamarmi. Mugugnai in disaccordo.
"Devi lavorare."
Mi ricordò.
"Non mi va."
Dissi con la voce impastata dal sonno, rigirandomi nel letto.
"Muoviti."
Ribatté. Mugugnai ancora.
"Lo sai che se non ti alzi da solo, ti prendo di peso, vero?"
Sbuffai. L'avrebbe fatto davvero, così mi alzai controvoglia.
"Ti ho preso dei miei vestiti, dovrebbero andarti, credo."
Disse grattandosi la nuca, con sguardo basso ed imbarazzato. Non eravamo abituati a situazioni del genere. Sorrisi.
"Alex?"
Lo richiamai. Lui alzò lo sguardo, incontrando il mio.
"Grazie per esserci sempre per me."
Sorrise dolcemente.
"Sei il mio fratellino, è il minimo che io possa fare per te."
Disse, per poi stringermi nuovamente a sé. Adoravo il rapporto che si era creato fra noi, adoravo sapere di poter contare su di lui, adoravo poter dire che avevo il miglior fratello del mondo, perché era così, lui era davvero il fratello migliore del mondo... O almeno lo era diventato.

Per tutto il tragitto in macchina ascoltammo della musica mandata in radio, tra cui 'Unica' di Antonello Venditti che mi colpì particolarmente.

"Noi due non ci parliamo,

noi due non ci vediamo,

noi due due foglie cadute dallo stesso ramo,

noi due che dell'errore abbiamo fatto amore,

noi due due arterie diverse dello stesso cuore"

Più ascoltavo quelle parole, più la sua immagine appariva vivida nella mia mente. Uguali, ma diversi, un'unica cosa divisa, ecco cos'eravamo. La nostra amicizia, noi, eravamo un errore, ma, col tempo, l'abbiamo trasformato in un qualcosa di forte ed unico.

"Se vivi un'altra storia,

con chi stai,

chi ti prenderà,

chi ti stringerà,

chi ti griderà sei unica"

Daniele, ecco chi. Ecco chi l'avrebbe preso al mio posto, chi l'avrebbe stretto a sé al mio posto, chi gli avrebbe gridato quanto fosse unico... Non potevo accettarlo, non ne ero in grado.

"E passa il tempo lento,

mi giro e mi tormento,

e se ti chiamo, lo so,

che trovo sempre spento"

Il tempo sembrava non passare mai quando si trattava di riflettere su di noi, ed io ero lì, a tormentarmi, a cercare di capire, a sforzarmi di comprendere, ma era tutto inutile.

"Perché non ci parliamo,

perché non perdoniamo"

Già, perché non ci parlavamo? Perché non cercavamo di perdonarci a vicenda? Perché non cercavamo di risolvere, di comprenderci, di spiegarci? Forse perché non lo volevamo davvero? O forse perché a lui non importava nulla di me... Di noi? Sempre che esistesse ancora un 'Noi'... Sempre che fosse mai esistito un 'Noi'.
"Ben?"
Mi riportò alla realtà la voce di mio fratello.
"Mh?"
Dissi voltandomi verso di lui.
"Siamo arrivati."
Mi fece notare. Guardai fuori dal finestrino e vidi Federico, accompagnato da Enrico e Marco, davanti all'edificio dove avremmo tenuto l'intervista. Avrei voluto tornare indietro, avrei voluto non vederlo, non parlargli, perché sapevo che, se avessi sentito nuovamente la sua voce, o se avessi visto ancora i suoi occhi, non ce l'avrei fatta a tenermi tutto dentro e avrei potuto dire o fare qualcosa di cui, in seguito, mi sarei pentito.
"Devi scendere."
Già, dovevo. Sentii un sospiro provenire dal ragazzo al mio fianco che aprì lo sportello per scendere e venire da me. Aprì lo sportello per me e si appoggiò su di esso, guardandomi.
"Avanti, Mascolo, dov'è finito il tuo orgoglio?"
Mi chiese. Abbassai lo sguardo.
"So che è difficile..."
Iniziò.
"Ma so anche che ce la farai."
Mi incoraggiò. Scesi dall'auto e chiuse lo sportello, per poi prendermi il viso fra le mani, costringendo i nostri sguardi ad incontrarsi.
"Avanti, fratellino, sei forte, lo so."
Sorrisi appena.
"Hai affrontato di peggio."
Mi ricordò. Una lacrima rigò il mio viso, al ché mi strinse ancora una volta a sé.
"Ora vai."
Disse staccandosi.
"Se hai bisogno, chiama e correrò da te."
Mi rassicurò. Annuii e, facendomi coraggio, mi incamminai verso il biondo che, notai con mia sorpresa, stava venendo incontro a me, con passo svelto.
"Ben!"
Esclamò una volta che fummo l'uno di fronte all'altro.
"Stai bene?"
Mi chiese con sguardo preoccupato.
"Perché non dovrei?"
Chiesi, inarcando un sopracciglio.
"Ero con mio fratello, non con uno sconosciuto."
Gli feci notare sorpassandolo, con una strana tranquillità nel tono.

Oramai dipendo da te || FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora