Capitolo 1

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"Non ci credo."
Dissi appena entrato nella camera d'albergo che condividevo col biondo. Alzai gli occhi al cielo e sbuffai.
"Fede, alzati, siamo già in ritardo!"
Esclamai andando verso la sua figura distesa sul letto. Mugugnò stringendo di più il cuscino... Il mio. Afferrai il suo di cuscino che, come al solito, aveva buttato per terra e lo colpii.
"Muoviti balena spiaggiata!"
Gli urlai quasi nell'orecchio.
"Lasciami stare."
Mugugnò lamentandosi.
"Ma sei serio?! Dai, Fede."
Lo supplicai ancora.
"Abbiamo un'intervista dall'altra parte della città tra un'ora."
Gli ricordai.
"Sì, c'è tempo."
Lo fulminai con lo sguardo, anche se non poteva vedermi, dato che si era girato dalla parte opposta alla mia.
"Ti compro un gelato."
Tentai, facendo affidamento al suo lato da bambino.
"Coppa grande?"
Chiese, rivoltandosi verso di me e aprendo un occhio. Sospirai.
"Sì."
Dissi esasperato. Scostò dal suo corpo le coperte con un'agilità mai vista, abbandonò il cuscino e si diresse in bagno. Risi scioccato.
"Incredibile. Un bambino, io lavoro con un bambino, ho a che fare con un bambino!"
Commentai sull'orlo di una crisi di nervi.

"Ma..."
Lo squadrai.
"Quella felpa è la mia o sbaglio?"
Lui alzò le spalle.
"Ho preso la prima cosa che ho trovato."
Si giustificò.
"Dalla mia parte di armadio."
Gli feci notare, la sua affermazione non reggeva.
"Devi rompermi per la tua felpa o vuoi andare?"
Disse scocciato. 'Lui fa lo scocciato? Ma siamo seri?! Io... Mi licenzio, basta!' pensai. Lo vidi uscire tranquillamente dall'albergo, ma, prima che potesse essere schiacciato dalla massa di fan presenti all'esterno, lo afferrai da un braccio per riportarlo dentro.
"Idiota, non hai visto il casino che sta là fuori?!"
Lo rimproverai.
"Dov'è Enrico?"
Chiese. Alzai le spalle.
"L'ho chiamato mentre ti stavi preparando, dovrebbe arrivare a momenti, con la macchina e le guardie."
Lo avvertii. Lui annuì semplicemente. Era ancora mezzo addormentato, non connetteva affatto e si vedeva. Sperai che si svegliasse del tutto in tempo per l'intervista.

Le mie solite speranze vane. Il biondino si era riaddormentato in macchina, incredibile!
"Fede."
Lo scossi. Mugugnò aggrappandosi al mio braccio. 'E certo! Prima mi frega il cuscino e ora il braccio. Logico, no?' pensai. Sospirai.
"Niente?"
Mi chiese Enrico, voltandosi verso di noi dal sedile anteriore. Scossi la testa.
"Ma a che ora è andato a letto ieri?"
Mi chiese ancora.
"Presto, erano tipo le nove e mezza."
Dissi. Lui mi rivolse uno sguardo confuso. Okay che Federico era un pigrone di prima categoria, ma non era mai arrivato ad addormentarsi in macchina, consapevole del fatto che avremmo dovuto sostenere un'intervista.
"Fede, siamo arrivati, svegliati."
Lo richiamai ancora. Mugugnò aprendo piano gli occhi, per poi fare uno sbadiglio ed annuire.

"Ci sei?"
Gli chiesi. Lui si diede degli schiaffi per svegliarsi, dopo che si era sciacquato il viso con dell'acqua fresca.
"Sì."
Affermò sicuro.
"Ragazzi, venite pure."
Ci fece segno l'intervistatrice.
"Tutto bene?"
Ci chiese mentre prendevamo posto.
"Abbastanza."
Dissi sorridendo.
"Allora, iniziamo."
Disse sfogliando alcuni fogli che aveva fra le mani.
"In poco tempo avete raggiunto un grande successo, siete fieri dei traguardi raggiunti?"
Ci chiese.
"Beh, sì. Come ha detto lei, in così poco tempo abbiamo raggiunto dei grandi traguardi che, tempo fa, non ci saremmo nemmeno sognati, ma di certo non ci fermeremo a questo, cercheremo di migliorare giorno per giorno, per raggiungere obbiettivi sempre più alti."
Risposi. Federico era piuttosto silenzioso, temetti addirittura che si fosse riaddormentato sulla poltrona, ma, quando mi voltai a controllare, notai con piacere che non fu così.
"Voi vi siete conosciuti per caso, in un locale."
Affermò.
"Sì, Federico venne assunto nel locale in cui lavoravo da qualche anno."
Specificai.
"Inizialmente non vi stavate molto simpatici."
Notò.
"Più che altro era lui che mi detestava, io facevo di tutto per essere gentile, cordiale e amichevole, ma, più facevo così, più mi trattava male."
Parlò, finalmente, il biondo, sorridendo.
"Come mai questo astio nei suoi confronti?"
Mi chiese.
"Trovavo fastidioso il suo essere sempre così allegro, mi domandavo sempre che cosa avesse da sorridere così tanto!"
Esclamai, guadagnandomi una risatina dall'intervistatrice.
"In realtà è ancora così."
Affermò Federico, facendo incontrare i nostri sguardi.
"No, prima mi stavi antipatico solo perché sorridevi sempre, ora mi stai antipatico per più motivi."
Dissi con un'alzata di spalle.
"C'è sempre stato questo botta e risposta fra di voi?"
Ci chiese la donna seduta di fronte a noi con un sorriso divertito.
"Sì, direi di sì."
Rispose il biondo.
"Benji, sono girate diverse voci su di te, è vero che hai frequentato un centro di disintossicazione?"
Mi chiese con espressione più seria. Sentivo lo sguardo di Federico puntato su di me. Feci un sospiro.
"A proposito di ciò, io e Fede abbiamo pubblicato da poco un libro, dove abbiamo parlato della nostra vita, raccontando anche parecchi momenti difficili delle nostre vite e, quello che mi ha appena chiesto, fa parte di quei momenti."
La informai.
"Perciò credo sia meglio parlarne più avanti, magari in un'altra intervista."
Consigliai.
"Cosa ti ha convinto a cedere e diventare suo amico?"
Mi chiese riprendendo il sorriso.
"La sua insopportabile insistenza."
Ammisi.
"Era davvero estenuante, più cercavo di mandarlo via, magari trattandolo anche male, più lui tornava con fare ancora più gentile."
Raccontai.
"Sono una persona determinata."
Si vantò.
"No, tu sei un idiota!"
Esclamai guardandolo.
"Intanto alla fine hai ceduto."
Mi fece notare con aria superiore.
"Solo perché speravo che ti saresti stanco presto di me o che smettessi di assillarmi così tanto, ma la cosa è solo peggiorata."
Dissi le ultime parole con fare teatrale.
"Io non potrei mai stancarmi di te."
Affermò con un sorrisetto incatenando i nostri sguardi. Scossi la testa sorridendo. 'Il solito.' pensai.
"Fede, qual è la prima cosa che ti ha colpito di Benji?"
Chiese al biondo, mantenendo il sorriso.
"Fisicamente o caratterialmente?"
Chiese, sporgendosi in avanti con il busto, poggiando i gomiti sulle ginocchia.
"Entrambi."
Rispose la donna. Fede sembrò rifletterci un attimo.
"Allora, fisicamente, il suo viso, in particolare lo sguardo, mentre caratterialmente... No, francamente non mi piace il suo carattere."
Disse tranquillo.
"Grazie."
Dissi ironico. Rise.
"Perché lo sguardo?"
Chiese ancora la donna.
"Non so, ceh, assumeva quello sguardo da 'bello impossibile', poi mi incuriosiva, perché c'erano le volte in cui si metteva a fissarmi e non riuscivo mai a capire che cosa gli passasse per la testa, oltretutto era un mito nel riuscire a mettermi a disagio."
Confessò.
"E questo ti affascinava?"
Chiese scherzando l'intervistatrice.
"Sì."
Rispose incredulo lui stesso.
"Poi, quando abbiamo iniziato a passare un po' più di tempo insieme, sono rimasto colpito dal suo sorriso."
Ammise guardandomi con un sorrisetto. Ricambiai lo sguardo.
"Come mai?"
Chiese ancora la donna.
"Boh, mi piace."
Disse con un'alzata di spalle. Ridacchiai.
"Tu Benji, invece? Cosa ti ha colpito di lui?"
Chiese rivolta a me.
"I suoi occhi."
Risposi diretto.
"Wow, neanche un momento di riflessione."
Notò la donna ridacchiando.
"Vabbé, non è una novità che mi piacciano i suoi occhi."
Dissi con un'espressione del tipo 'sì, lo so, sembro un idiota.', per poi abbassare lo sguardo.
"Come mai proprio i suoi occhi?"
Mi chiese con un velo di curiosità.
"Bhe, non è che ci sia altro da amare."
Dissi indicandolo, guadagnandomi un 'Nooo, dai' dalla donna e un 'Ma vaa' da Fede.
"Comunque, tornando seri... Non che stessi scherzando, ma okay."
Ribadii.
"Forse perché sono diversi dagli altri, ceh, non ho mai visto un azzurro così... A parte sua madre, vabbé."
Ammisi.
"Si può dire che ne sono rimasto ammaliato sin dal primo momento."
Dissi con fare da innamorato.
"Poi ho iniziato ad aprezzare anche il suo sorriso, lo ammetto."
La donna mi sorrise divertita.
"Mentre caratterialmente cosa ti piace di lui?"
Mi chiese. Ci riflettei un attimo, ma non trovai nulla.
"Nulla."
Dissi appunto.
"Insomma, è un ritardatario cronico, permaloso, paranoico, ansioso, dormiglione, non fa altro che sottovalutarsi e sminuirsi, si fa trattare come uno zerbino dalle persone dato il suo essere troppo buono. Dico così, perché ammetto di averlo fatto anch'io."
Dissi critico.
"Nel senso che non facevo altro che trattarlo male e dirgli cose cattive, senza farmi troppi problemi, perché tanto sapevo che questo pirla sarebbe tornato."
Spiegai indicandolo.
"Ti ricordo che sono accanto a te."
Mi rammentò il biondo.
"Lo so, appunto lo dico."
Dissi girandomi verso di lui.
"Vogliamo parlare del tuo di carattere?!"
Chiese il biondo.
"Totalmente folle, rompipalle, scontroso, orgoglioso come nessun altro al mondo, alle volte cupo e apatico."
Elencò, anche se sapevo benissimo che avrebbe voluto elencare molto altro.
"Ma io voglio dire che sei un ragazzo troppo buono e sensibile, in un mondo pieno di approfittatori e gente crudele."
Affermai guardandolo dritto negli occhi.
"Sono almeno due anni che non faccio altro che dirti 'Fede, cerca di essere più duro con gli altri, perché, altrimenti, l'unico che sta male sei tu'."
Gli ricordai.
"Non posso farci niente, sono fatto così."
Tentò di giustificarsi.
"E io davvero non capisco perché ti comporti così."
Ammisi.
"Semplice, perché è il modo in cui vorrei che gli altri si comportassero con me."
Disse timido con un'alzata di spalle.
"So come ci si sente quando sembra che nessuno ci tenga a te e non voglio che qualcuno si senta così."
Continuò.
"Ti ricordo, oltretutto, che se io non fossi così, ora non esisterebbe nessun 'Benji&Fede'."
Mi fece notare. Non so spiegarmi perché, ma in quel momento fu come se un macigno mi fosse caduto addosso.

Il resto dell'intervista andò avanti con domande riguardanti i nostri obbiettivi futuri, tipo concerti, tour, instore, cosa ci aspettavamo dalla nostra carriera, di cosa ci stavamo occupando in quel momento, ovvero del libro, 'Vietato smettere di sognare', e del CD, '20:05', l'orario in cui io e Fede ci siamo stretti la mano, accettando di essere amici. Come sappiamo l'orario preciso? Giulia teneva un enorme orologio fuori dal locale, perciò non fu difficile far cadere l'occhio su di esso.
"E il gelato?"
Chiese Federico mettendo su il suo solito broncio adorabile. Alzai gli occhi al cielo.
"Sei proprio un bambino."
Commentai.
"Fiero di esserlo."
Disse con fare superiore.

Eravamo seduti al tavolino di un bar, Federico era intento a divorare la sua coppa gigante, mentre io giravo e rigiarvo il cucchiaino nella mia coppa media. Nella mia mente continuava a risuonare la sua frase.

'So come ci si sente quando sembra che nessuno ci tenga a te e non voglio che qualcuno si senta così.'

"Fede?"
Lo richiamai. Lo vidi alzare lo sguardo, con il cucchiaino in bocca e il viso tutto imbrattato. Era una scena davvero adorabile.
"Riguardo a quello che hai detto durante l'intervista..."
Iniziai, per poi fare una breve pausa e sospirare, concentrando il mio sguardo nel contenuto della mia coppa media. Non era facile per me dire quello che stavo per dire.
"So che non lo dico spesso, so anche che non sempre lo dimostro, forse perché lo do per scontato, perché mi sembra una cosa ovvia, ma so anche che tu hai bisogno di sentirtelo dire, hai bisogno di continue rassicurazioni ed è giusto, perciò..."
Non era facile per me pronunciare quelle parole che avevo in mente.
"Io ci tengo a te e non devi mai dubitare di ciò."
Riuscii a dire e mi sentii come se mi fossi tolto un peso dallo stomaco. Nessun segno di vita arrivò alle mie orecchie da parte del biondo, così alzai piano lo sguardo per incontrare i suoi occhi. Sorrideva, sembrava davvero felice.
"Grazie Ben, davvero."

Oramai dipendo da te || FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora