Capitolo 2

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"Ma perché ogni volta le nostre interviste si tengono a kilometri e kilometri di distanza da dove ci troviamo noi?"
Si lamentò il biondo, intento a guidare verso il luogo dove si sarebbe tenuta, appunto, una delle interviste che avremmo dovuto tenere in quella settimana.
"Bella domanda."
Dissi semplicemente.
"Ti va di fare una diretta?"
Proposi.
"Con quali giga?"
Chiese.
"Con i tuoi, ovvio."
Dissi con un'alzata di spalle, afferrando il suo telefono dalla sua tasca e preparando il tutto.
"Okay, dovrebbe andare."
Dissi poggiando il telefono su quell'affare che si attacca al parabrezza con una ventosa per mantenere il cellulare.
"Aspettiamo che si connetta qualcuno."
Dissi sistemandomi il ciuffo.
"Ma dove diavolo è?"
Si lamentò ancora prendendo una curva.
"Sei tu quello al volante."
Gli feci notare. Fece un sospiro profondo.
"Bene, hanno iniziato a connettersi."
Gli comunicai.
"Quanti siamo?"
Chiese il biondo.
"Trecento al momento."
Risposi.
"Allora gente, siccome mi sto rompendo a sentire questo qua lamentarsi perché non riesce a trovare la strada, ho pensato di consumare i suoi giga facendo una diretta."
Li informai.
"Ben, mi levi questi occhiali, prima che butto un urlo."
Mi chiese. Feci come da lui ordinatomi, posizionandoli sulla mia testa.
"Allora, mentre il biondo è alle prese con la guida, potremmo parlare magari di alcuni progetti che abbiamo in mente."
Iniziai.
"In molti c'hanno chiesto se abbiamo in programma degli instore e quando avremmo intenzione di farli."
Introdussi l'argomento.
"Ovvio che abbiamo intenzione di fare degli instore, tra qualche giorno probabilmente usciremo le date e, magari, potreste dirci, in seguito, se c'è qualche luogo che vorreste aggiungessimo tra le varie tappe."
Proposi.
"Fantastico!"
Esclamò infastidito il biondo, sbattendo le mani sul volante, dopo essersi fermato in mezzo ad una strada isolata.
"Che succede?"
Chiesi confuso.
"Ci siamo persi."
Mi informò. Ci misi un po' a realizzare ciò che mi aveva comunicato.
"Come ci siamo persi?"
Chiesi ridendo, credendo, anzi, sperando stesse scherzando.
"Sì, siamo praticamente nel bel mezzo del nulla e non c'è neanche un cartello con una qualche indicazione."
Mi avvertì.
"Bene, abbiamo un'intervista tra un'ora e non abbiamo la minima idea di dove ci troviamo."
Dissi rivolgendomi a coloro che stavano seguendo la nostra diretta. Il biondo si passò le mani sul viso, frustrato.
"Questo è quello che succede se andate in macchina con Federico Rossi."
Dissi, facendo sorridere il biondo.
"Dai, non è colpa mia."
Si difese.
"Sei tu quello alla guida."
Gli ricordai. Lui sbuffò.
"E ora che si fa?"
Chiese, guardando verso di me. Stetti un attimo a riflettere, per poi ricordarmi di una cosa che avevamo visto qualche kilometro prima e che volevo assolutamente vedere da vicino.
"Torniamo indietro, devo vedere una cosa."
Gli ordinai.
"Cosa?"
Mi chiese rimettendo in moto la macchina.
"Vedrai."
Dissi con un sorrisetto.
"Quel sorrisetto mi preoccupa, perciò..."
Disse guardandomi di sottecchi, per poi rivolgersi agli spettatori.
"Se non dovessi sopravvivere, sappiate che vi ho amati tutti."
Disse con fare teatrale.
"Scemo."
Dissi ridendo, dandogli una spinta.

"Siamo quasi arrivati."
Lo avvertii.
"Ma si può sapere dove cavolo mi stai facendo andare?"
Mi chiese confuso.
"Ancora qualche metro."
Dissi allungando il collo.
"Okay, ci siamo."
Dissi vedendo ciò che cercavo.
"Fermati qua."
Dissi e lui fece come da me chiesto.
"Che devi fare?"
Mi chiese spegnendo la macchina.
"Prendi il telefono e vieni."
Lo istruii. Scesi dalla macchina, seguito da lui, e mi diressi verso quella specie di casetta abbandonata, circondata da diverse piante alte.
"Allora, ditemi se è normale questo ragazzo: abbiamo un'intervista fra una mezz'oretta e, al posto di trovare un modo per arrivare dove dovremmo andare, mi ha fatto tornare indietro per questo."
Li informò riprendendo il rudere verso cui mi stavo dirigendo.
"Quand'ero piccolo mi incuriosivano questo genere di posti... E la cosa non è cambiata poi molto."
Spiegai.
"Vieni Fede."
Dissi incitandolo a seguirmi oltre alcune piante.
"Mi sembra di essere un archeologo o qualcosa del genere."
Commentò il biondo guardandosi intorno una volta che fu entrato.
"A me ricordi più 'Dora l'esploratrice.' "
Lo punzecchiai.
"Mi fa sbellicare ogni volta questo ragazzo."
Disse ironico.
"Cosa ci trovi di interessante?"
Mi chiese con una smorfia di disgusto, notando una ragnatela a pochi centimetri di distanza da lui. Ridacchiai.
"Quand'ero piccolo, mi mettevo seduto al centro della struttura e iniziavo ad immaginare come sarebbe stato se fosse stato finito, o se qualcuno c'aveva abitato in passato... Iniziavo a viaggiare con la fantasia, insomma."
Dissi con un'alzata di spalle.
"Certo che sei strano."
Commentò.
"Disse quello che durante la notte si sveglia per buttare il proprio cuscino a terra, per poi fregarsi quello del sottoscritto."
Gli feci notare.
"Francamente non me ne rendo nemmeno conto."
Disse pensieroso.
"Io me ne rendo perfettamente conto invece, dato che mi svegli nel cuore dalla notte per questa cosa."
Dissi infastidito.
"Fra strani ci si intende, dai."
Tentò di sdrammatizzare. Alzai gli occhi al cielo.
"Il solito paraculo."
Constatai.
"Ma perché sono diventato suo amico?"
Chiese rivolgendosi a coloro che erano connessi a vedere e ascoltare le nostre cretinate.
"Ti ricordo che sei tu che hai insistito."
Gli ricordai in mia difesa.
"Non mi pare che tu ti sia opposto poi così tanto."
Mi fece notare.
"Sono rimasto incantato dal tuo fascino."
Affermai ironico.
"Ti capisco."
Disse credendosi Brad Pitt. Mi avvicinai a lui e gli afferrai il viso con una mano, per poi rivolgermi alle persone oltre lo schermo del telefono del biondo.
"No, ma dai, seriamente, come si fa a dire di no a un faccino del genere e, soprattutto, a degli occhioni così?!"
Chiesi stampando un bacio sulla sua guancia. Quando mi staccai, lo vidi girarsi verso di me con un sorrisino e abbassare lo sguardo sulle mie labbra, cosa che mi fece sorridere divertito.
"Comunque poi ti devo portare in un posto."
Lo informai allontanandomi da lui.
"Sta praticamente dicendo che se non muoio oggi, ha già in programma un altro modo per farmi fuori."
Li informò. Risi.
"Non ti ucciderei mai, lo sai."
Dissi scherzoso.
"Se se."
Disse scettico.
"Come farei a vivere senza di te, altrimenti?"
Gli chiesi.
"Così come hai vissuto per ventidue anni, prima di incontrarmi."
Affermò ovvio.
"Appunto, devo ricordarti com'era la mia vita prima che t'incontrassi?"
Gli chiesi, domanda che lo zittì. Sapeva che avevo ragione.
"Che posto sarebbe?"
Mi chiese cambiando argomento.
"Una specie di casa abbandonata... Ci andavo sempre quando volevo evitare mio fratello o mio padre, o entrambi."
Gli spiegai.
"Non c'ho mai portato nessuno..."
Dissi a me stesso più che a lui.
"E perché ci vuoi portare me?"
Mi chiese inarcando un sopracciglio.
"Perché tu sei tu."
Dissi non trovando una risposta migliore.
"Dovrei prenderlo come un complimento?"
Mi chiese.
"Dipende da punti di vista."
Dissi con un'alzata di spalle. Francamente non sapevo nemmeno io perché gliela volessi mostrare, forse perché volevo renderlo ancora più partecipe della mia vita, del mio passato, magari per fargli comprendere ancora di più quanto la sua presenza avesse reso migliore la mia vita.

Oramai dipendo da te || FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora