Capitolo 32

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Tre giorni dopo...

Avete presente quella tranquillità che vi circonda quando siete a mangiare, in compagnia dei vostri amici? E avete presente quando vi arriva una notifica inaspettata sul cellulare che vi avverte che il vostro migliore amico ha postato qualcosa su un social? E avete presente quando andate a vedere di che si tratta e, improvvisamente, inizia a salirvi una forte rabbia che cresce attimo dopo attimo? Una rabbia irrazionale, ma che per voi è del tutto legittima? Una rabbia che vi travolge, vi consuma dall'interno? Una rabbia che vi porta a voler distruggere tutto? Una rabbia che vi fa contorcere lo stomaco, che vi fa perdere un battito? Ecco, io ero esattamente in quella situazione.
"Amore, tutto okay?"
Mi chiese Martina, attirando l'attenzione dei presenti su di noi. Alzai lo sguardo dal telefono e lo puntai negli occhi del biondo che mi guardava confuso. Lo fulminai, per poi bloccare il display.
"Mi è passata la fame."
Dissi acido e freddo, buttando nel piatto la patatina che, poco prima, avevo intenzione di gustarmi.
"Non puoi continuare così, non hai toccato quasi niente."
Mi rimproverò.
"Stai mangiando pochissimo in questi giorni."
Mi fece constatare.
"Sto bene."
Dissi solo, con lo sguardo puntato sul piatto.

'Amami anche se spesso sono un casino'

Ecco qual'era la didascalia che seguiva la foto postata dal biondo, su Instagram, che era, palesemente, riferita a Daniele. Avevo notato che avevano iniziato ad uscire più spesso da soli e che Federico si ritirava tardi, cosa che mi faceva imbestialire parecchio. Andavo a pensare le peggiori cose, del tipo che quell'idiota e il mio Federico avessero una relazione e se la spassassero a mia insaputata. Sbuffai.
"Ben, sicuro che vada tutto bene?"
Sentii la voce del biondo richiamarmi. Alzai lo sguardo e, se gli sguardi potessero uccidere, il biondo sarebbe stato bello che morto.
"T'importa?"
Chiesi acido. Si corrucciò.
"Certo che mi importa, che domande mi fai?"
Sorrisi amaramente.
"Lascia perdere."
Dissi, per poi alzarmi.
"Vado a prendere un po' d'aria."

"Ben, perché non mi parli?"
Si lamentò il biondo, accanto a me. Eravamo in macchina, noi due, gli altri ragazzi della band e Enrico alla guida. Tutti avevano gli occhi su di me, persino Enrico si mise a sbirciare dallo specchietto. Non gli risposi, non lo guardai, mi limitai a mettere le cuffie e portare lo sguardo fuori dal finestrino. Lo sentii sbuffare e, dal riflesso del finestrino, notai che mi imitò. Al solo pensarci, la rabbia aumentava sempre di più... Federico era mio, nessuno poteva prendere il mio posto nella sua vita.

Avevamo passato l'intero pomeriggio a provare e non era andata tanto bene. Io e Federico non ci rivolgevamo la parola, se non per incolparci a vicenda di un qualche errore nell'esecuzione dei brani... In realtà era solo una scusa per urlarci contro. Eravamo tornati in hotel ed eravamo a cena, io e il biondo non facevamo altro che lanciarci sguardi di fuoco, sotto gli occhi confusi dei presenti.
"Ben, mi vuoi dire che cazzo ti ho fatto?"
Sbottò il ragazzo davanti a me, stanco della situazione creatasi.
"Non hai nulla da dirmi?"
Chiesi con tono freddo, tenendo gli occhi fissi nei suoi. Lui sembrò rifletterci.
"No... Cosa dovrei dirti?"
Chiese confuso. Sorrisi amaramente.
"Io vado un attimo fuori."
Dissi alzandomi dalla sedia, lasciando il mio piatto intatto ed uscendo, come quella mattina.

Come un idiota, ero uscito senza giacca e faceva abbastanza freddo. Mi strinsi da solo, sfregando le mani sulle braccia.
"Freddo?"
Una voce, a me sconosciuta, richiamò la mia attenzione, quindi mi voltai.
"Abbastanza."
Ammisi.
"Mi piacerebbe fare il galantuomo e darti la mia giacca, ma, come vedi, sono senza anch'io."
Disse con un sorriso che era fra il divertito e l'imbarazzato. Sorrisi appena.
"Io mi chiamo Fabio, tu?"
Si presentò.
"Benjamin."
Dissi solo.
"Sai, sei davvero un bel ragazzo."
Si complimentò, avvicinandosi a me. In una situazione del genere, chiunque l'avrebbe allontanato o sarebbe scappato via, invece io no. Mi stava rivolgendo dei complimenti, mi stava dando attenzioni, e io amavo essere riempito di attenzioni, avrei fatto di tutto pur di averle.
"Grazie."
Dissi incatenando i nostri sguardi. Sorrise. Sentii un odore di alcol invadermi le narici, ma non ci diedi peso, non mi importava poi tanto.
"Ti va di divertirti un po' con me?"
Mi chiese con voce roca e provocante, mentre avvicinava il suo viso al mio e posava le sue mani sui miei fianchi.
"Okay."
Dissi con totale indifferenza. Poco distanti da noi, c'erano delle fan che parlottavano tra loro, o urlavano il mio nome, ma le ignorai, non per cattiveria, ma il mio desiderio di ricevere attenzioni prevaleva su tutto. Le nostre labbra si sfiorarono, quando qualcuno mi strattonò, con forza, lontano da lui. Una figura alta, con spalle larghe e capelli tinti di biondo si mise tra noi.
"Che diavolo staresti cercando di fare?"
Chiese furioso. Fabio rise divertito.
"Andiamo, ci volevamo solo divertire."
Minimizzò, per poi portare il suo sguardo su di me.
"Il tuo amico è un bel bocconcino."
Disse con un sorriso malizioso che sparì nell'esatto momento in cui il biondo gli sferrò un gancio destro, dritto in pieno viso, sotto lo sguardo stupefatto di diverse fan.
"Avvicinati ancora a lui e sei morto."
Disse velenoso e con tono duro, per poi prendermi dal polso e trascinarmi nell'hotel.
"Si può sapere che cazzo ti dice il cervello?"
Sbottò, fregandosene della gente che ci circondava.
"Perché diavolo te ne sei stato fermo quando quel tipo ti si è avvicinato?"
Mi chiese mentre ancora mi trascinava, sicuramente, in camera.
"Perché avrei dovuto respingerlo?"
Chiesi freddamente. Mi spinse nell'ascensore, entrando poi anche lui e premendo il tasto del nostro piano.
"Come perché?! Uno, non lo conoscevi nemmeno, due... Sei fidanzato."
L'ultima frase la disse con tono basso.
"E a te che importa?"
Chiesi ancora freddo.
"Mi importa, okay? Mi importa di te! Possibile che tu ancora non lo capisca?"
Mi urlò quelle parole, guardandomi dritto negli occhi.
"Perché non pensi al tuo di ragazzo, al posto di preoccuparti per me?"
Dissi con tono di sfida, provocatorio. Lui mi guardò tra l'incazzato e il confuso. In quel momento, si aprirono le porte dell'ascensore ed uscii, seguito da lui.
"Di che ragazzo parli?"
Ma mi credeva davvero così stupido?!
" 'Amami anche se spesso sono un casino.' "
Citai le sue parole, mentre aprivo la stanza e vi entravo.
"Continuo a non capire."
Sbuffai infastidito, voltandomi verso lui.
"Smettila di mentirmi!"
Urlai.
"Tu e Daniele state insieme, l'ho capito che tra voi due c'è qualcosa, non sono stupido!"
Lui mi guardò come se fossi un alieno venuto sulla Terra per distruggerla.
"Ma di che diavolo parli?! Io e Daniele non stiamo insieme. Sì, a lui piaccio, ma a me non piace lui."
Mi informò.
"E allora perché state sempre insieme?"
Chiesi mantenendo il mio tono arrabbiato.
"Perché tu stai sempre con Martina e io non so che fare."
Ammise.
"E quella frase?"
Chiesi sentendomi leggermente in colpa. Sospirò abbassando lo sguardo.
"Non ha nessun significato."
Disse con un'alzata di spalle.
"Mi piaceva e basta."
Aggiunse. Okay, ammetto che da una parte avrei voluto sprofondare, ma... Era stata colpa sua, avrebbe dovuto dirmi quelle cose fin dall'inizio.
"E poi, anche se fosse, qual è il tuo problema?"
Chiese indagatorio. 'Forse il fatto che ti si avvicina? O che ti guarda? O che ti sorride? O che ti tocca? O che semplicemente respira la tua stessa aria? O che pitrebbe avere il coraggio di definirti suo? O che assaporerebbe quelle tue carnose, soffici e dolci labbra? O che metterebbe le sue luride mani sul tuo corpo scultoreo? O che ti renderebbe suo? Che diavolo di domande fai?!' pensai.
"Lo sai."
Lo sapeva perfettamente.
"Ricordamelo."
Lo guardai male.
"Non voglio condividere le tue attenzioni con qualcun altro. Tu devi guardare solo me, ridere e sorridere solo con me, tu puoi toccare solo me, parlare apertamente solo con me... Tu sei mio e di nessun altro."
Dissi furioso, senza imbarazzo o altro. Sapevo di poter sembrare un bambino capriccioso e viziato di cinque anni, ma non m'importava minimamente. Lui mi guardò sorpreso, come se non si aspettasse quelle parole da me. Distolsi lo sguardo e mi sedetti ai piedi del letto, mentre lui si sedette sul divanetto posto di fronte.
"Non mi piace condividerti."
Ripetei quasi in un sussurro.
"Io però ti condivido."
Lo guardai.
"Perché io devo essere solo tuo e tu non puoi essere solo mio?"
Ammetto che non mi aspettavo una domanda del genere da lui, infatti rimasi piuttosto sorpreso, anche se lo nascosi.
"Tu non me l'hai mai chiesto."
Dissi con un'alzata di spalle.
"Tu non l'hai mai chiesto a me! Hai deciso tu che io devo essere tuo!"
Sbottò.
"Anche tu potresti decidere per me, ma non l'hai mai fatto."
Gli feci notare, con tono calmo.
"Stai dicendo che tu lasceresti Martina, se solo io ti chiedessi di essere mio?"
Chiese con tono pacato, guardandomi, quasi con paura di aver fatto la domanda più stupida e fuori luogo del secolo. Mi alzai per avvicinarmi a lui, gli accarezzai il viso e lo guardai dritto negli occhi.
"Io farei qualsiasi cosa, pur di averti mio per sempre."

Oramai dipendo da te || FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora