8. I nostri sguardi

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Quando vedo l'intera famiglia King varcare la soglia di casa, realizzo che non è un sogno. Kate King: tacchi alti, vestito di Gucci e profumo Chanel N5. Io e Tyler la soprannominavamo la "KK" e questo piccolo frammento di ricordo mi provoca sempre un sorriso.

<<Ciao>>saluto cordialmente per poi accomodarmi sul divano bianco.

<<Hailey sei cambiata tantissimo. Sei sempre più bella>>sorrido gentilmente per poi ringraziare la copia femminile di Daniel.

<<La cena sarà pronta tra poco>>annuncia mia madre rientrando in salotto.

<<Allora, come state??>>chiede mio padre mentre apre una bottiglia di vino rosso di una marca a me sconosciuta.

<<Stanchi, ma bene>>risponde James, il padre di Daniel. 

<<Anche noi>>rivela mia madre sorridendo.

<<Come è stato il trasloco?>>

<<Normale>>

Mio padre continua a parlare con Kate, ma non lo sento poiché la mia attenzione è rivolta al ragazzo biondo difronte a me: mi sta osservando fin troppo.

<<Una foto dura di più>>sussurro prima di entrare in sala da pranzo con gli ospiti.

Daniel ci raggiunge un po' spaesato qualche secondo più tardi e si siede alla mia destra.

<<Come stai?>>sussurra.

<Bene>> annuisce leggermente per poi ricominciare a parlare di cose inutili e senza senso.

Dopo venti minuti noiosi e la fine del primo piatto, il mio telefono inizia a suonare interrottamente. Mi scuso e vado in camera mia per rispondere al misterioso contatto.

<<Evans, sono Jack. Ho bisogno di te, ora. Vieni a casa mia subito>>.

Non mi da il tempo di controbattere che chiude la chiamata, che nervoso!

Ora cosa posso fare? Ci sono degli ospiti e se me ne andassi così,  i miei genitori me lo rinfaccerebbero per sempre.

Respira, Hailey, respira.

<<Tesoro, va tutto bene?>>

Vedo sulla soglia mia mamma, con il suo vestito rosa pesca lungo, che mi sorride dolcemente.

<<Non molto. Un mio amico ha bisogno di me>>arrivo subito al punto e di riposta sospira.

<<Non sai quanto>>

<<Per questa volta va bene, ma non fare tardi>>dice scuotendo la testa.

<<Certo, grazie mille>>sorrido mentre mi catapulto letteralmente nella cabina armadio; non penso che un vestitino vada bene per vedermi con Jack. Infilo velocemente un paio di jeans, una canottiera blu e delle converse bianche basse. Mi scuso con gli ospiti ed esco di casa correndo verso il parco. In città non ci sono molte persone o forse sì, ma la mia attenzione è rivolta ai vari interrogativi sulla strana chiamata di Jack. Arrivo al luogo dell'appuntamento e sento delle urla provenire dalla casa del ragazzo con gli occhi ghiaccio.

<<Non mi toccare>>urla uscendo di casa.

<<Tesoro aspetta>>urla una voce femminile, penso la madre.

<<Stai zitta, stronza>>

<<Vieni con me>>dice raggiungendomi e andando verso una moto nera.

<<Cosa sta succedendo?>>

<<Non c'è tempo. Ora sali e basta>>mi incita.

<<No>>

<<Muoviti>>

<<No>>

<<Va bene>>dice avvicinandosi.

Mi prende a "sacco di patate",  mi mette sulla moto, ma incrocio le braccia e lo guardo abbastanza innervosita.

<<Devi abbracciarmi o cadrai>>mi avverte e con qualche tentennamento eseguo ciò che mi ha detto poco fa.

Parte con la moto verso una meta a me sconosciuta, ma a quanto pare dista venti minuti circa. Capisco che siamo arrivati quando si ferma, scende dalla moto e mi invita a seguirlo.

<<Dove siamo??>>mi lamento, ma lo seguo lo stesso.

Mi indica un cartello con la scritta " South Beach" in nero e solo ora noto il mare.

<<Perché siamo qui??>>

<<Shh>>

Iniziamo a salire lentamente su un sentiero e ci vogliono almeno una decina di minuti per raggiungere la meta che conosce solo lui.

<<Arrivati>>dice indicando dei punti precisi.

Guardo anche io e noto che siamo sulla scogliera più alta della spiaggia. Da qui si vedono le sfumature di blu del mare e le persone che sono ancora in acqua.

<<Perché siamo qui?? Se vuoi che faccia quel salto impossibile te lo scordi>>

<<Niente salti>>dice rispondendo alla seconda domanda.

<<Jack>>mi lamento trascinando i suoni delle vocali.

<<Hailey>>

<<Davvero, perché siamo qui? Ora dovrei essere a una cena super noiosa con la mia famiglia, ma sono qui con te>>dico sottolineando il "te".

<<Ammetti che ti ho salvato da quella "cena super noia">>dice imitandomi, ma senza gran successo.

<<Okay, lo ammetto>>borbotto infastidita dal fatto che ha detto una cosa vera.

<<Perché hai trattato così i tuoi genitori?>>chiedo con un tono innocente e curioso allo stesso tempo.

<<Non avrei dovuto potare una persona così insopportabile>>sbotta sedendosi.

<<Scusa tanto se sono stata portata con la forza qui>>

Forse è proprio così che dobbiamo passare il resto della serata: in perfetto silenzio ad osservare il mare e ad incrociare i nostri sguardi ogni tanto.

"Perché mi ha chiamata?
Perché stava litigando con i suoi genitori?
Perché li ha trattati così male??
Perché non ha chiamato la sua marionetta, Ian??
Perché mi ha portata sulla scogliera senza dire niente?"

Non so come andrà, ma ormai sono dentro a questa storia e uscirne non ne sarà facile.

All the love
Ale

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