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Il giorno in cui portarono a casa la piccola Luci, era una splendente mattina di primavera. Sia Sarah che Lucas erano felici come non mai, anche se, Sarah, aveva notato dei piccoli, quasi impercettibili, cambiamenti nel marito.
Fissava la bambina con un sorriso che, a suo avviso, alcune volte le pareva un ghigno. Ma attribuì questa cosa all'essere diventato padre. Che forse vi vedesse una certa somiglianza? Questo era innegabile. Aveva i suoi occhi, la piccola. Per lo meno il taglio, dato che il colore era quell'azzurro tipico dei neonati.
Con il passare dei giorni, trovò spesso Lucas nella cameretta della piccola, intento a cullarla e a sussurrargli parole che, sul momento, le parevano prive di senso. Non se ne curò, incolpando la stanchezza tipica delle neo mamme. Le giornate per Sarah, si susseguivano in una monotona copia l'una dell'altra. Il bagnetto, le poppate, i pianti; cambi di pannolino e, sempre in minor misura, i pisolini della piccina.

Una mattina, in cui suo marito era fuori, decise di portarla dal pediatra, per tenere sotto controllo quella strana voglia che la bambina aveva sulla spalla. Era preoccupata del fatto che, una volta cresciuta, le potesse dare fastidio. Così decise di avere un parere di esperto, rivolgendosi al medico. Mise la piccola nel passeggino e uscì di casa.
Durante tutto il tragitto, la donna, rifletté sul malessere che la colpiva con sempre più profondità. Non aveva mai creduto alle storie di depressione post-parto che affliggevano le madri, alcune in maniera così pesante da commettere atti atroci. Tuttavia si rendeva conto di non stare bene, l'insofferenza e la noia spiccavano in lei, come un sole dopo una giornata di pioggia.
A volte lasciava Luci piangere, per così tanto tempo che, la bambina, si addormentava esausta dal troppo piangere. Altre, invece, la teneva in braccio per ore, senza riuscire a staccarsene. Sapeva che questo non era un comportamento normale, in aggiunta al fatto che Lucas la rimproverava sempre più spesso e sempre più duramente.
La casa non era pulita, lei era sempre sciatta e trasandata, la bambina non era accudita a dovere. Tutte queste cose, sommate all'isolamento nella quale si era volontariamente infilata, la deprimevano sempre di più. Provò anche a parlarne col marito, facendogli capire che così non l'aiutava. Ma lui le rispondeva sempre la stessa cosa: <<Che hai da lamentarti? Ci sono madri che lavorano! Tu non hai null'altro da fare se non tenere la casa in ordine e occuparti della piccola.>>
Non aveva tutti i torti, ma per lei era una questione di principio. Lui aveva promesso di sostenerla, invece faceva tutto il contrario. Era così assorta da questi pensieri che non si accorse di essere arrivata, così, si trovò davanti alla porta a vetri dell'ambulatorio, quasi senza ricordarsi come vi fosse arrivata. Entrò e sedette in una delle scomode sedie, aspettando il suo turno.
Cambiò la piccola, le dette la bottiglia e la cullò fino a farla addormentare. Quando venne il suo turno, si affrettò a raggiungere la sala visita e, una volta difronte al medico, gli espose le sue preoccupazioni. Il dottore, a differenza di Lucas, non prese sotto gamba le perplessità di Sarah, e sottopose la piccola Luci a una visita accurata. Il responso del medico la tranquillizzò, non c'era nulla di anomalo in quella voglia e le prospettò, in un futuro, un piccolo intervento effettuato col laser, che non aveva controindicazioni né pericoli.
Soddisfatta di questo, tornò a casa con un umore decisamente più sollevato. Approfittando del pisolino della piccola, si fece una doccia e sistemò la casa. Non perché ne sentisse la necessità ma per evitare i rimproveri di suo marito.

Passarono così diversi giorni, in cui Lucas era sempre più insofferente e critico verso di lei, mentre era sempre più legato a sua figlia. Ma non era questo a spaventare Sarah, lo era il fatto che non riuscisse più a dormire, svegliandosi nel cuore della notte con una bruttissima sensazione. Ma le cose, anziché migliorare, presero una piega ancor peggiore, quando la donna cominciò ad avere allucinazioni. Vedeva e sentiva cose che non c'erano, sentiva strani bisbigli nelle orecchie e vedeva creature mostruose. Non ne parlò mai col marito, né tantomeno con i famigliari, in particolare con suo fratello Charles, che era un ministro di Dio. Aveva paura che la credessero pazza, che le togliessero la bambina o peggio, che la rinchiudessero in manicomio.
Così, tenne tutto per sé, cercando di dare una parvenza di normalità a chi le stava accanto. Ma non servì a molto perché col passare dei giorni era sempre più vittima di questi attacchi. Aveva paura per sé, ma in maggior misura per Luci. Fu così, che una piovosa mattina, la donna, esausta dopo l'ennesima notte insonne, vide quello che aveva tutta l'aria di essere una creatura mostruosa. L'essere si materializzò davanti a lei, ghignante e con occhi color del fuoco. Il corpo scheletrico, le zanne affilate e gli artigli acuminati.
Il mostro avanzava impietoso verso di lei, fino a spingerla sul balcone. Sarah era terrorizzata, cercava disperatamente una via di fuga, mentre in un recondito anfratto della sua mente, sperava che nulla accadesse a sua figlia. Volle provare a convincersi che ciò che vedeva era solo frutto della sua immaginazione, chiuse gli occhi, li riaprì, ma la creatura era sempre davanti a lei. Con le mani scheletriche tese verso di lei a volerla afferrare.
Sarah smise di ragionare, l'istinto di conservazione prese il sopravvento, unito al terrore che le serpeggiava nelle vene. Salì sulla balaustra e spiccò il volo. Fu così che la ritrovarono, i medici e la polizia, accorsi sul posto. Il corpo sfracellato al suolo, mentre sua figlia, sola ed inerme, strillava, abbandonata a se stessa nella culla.
Nessuno vide la mostruosa creatura cambiare forma e trasformarsi in Lucas. Né videro l'uomo, per così dire, accorrere dalla figlia e cullarla, calmando il suo pianto. Non videro neppure gli occhi della bimba che passarono dal candido azzurro al rosso più cupo. 

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