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<<Sunshine, un nome molto appropriato devo dire. Guardandoti bene, si vedono le pagliuzze dorate, nei tuoi occhi. Come tanti piccoli pezzetti di sole>> sono sempre più sconvolta, c'è un buio pesto, ma lui riesce a vedere le pagliuzze nei miei occhi.

E i complimenti che mi ha fatto, hanno tutta l'aria di essere sinceri.

<<Grazie, non so che cosa dire, non sono molto abituata alle lusinghe>> ribatto.

<<Non sono lusinghe, ma solo un parere spassionato ed obiettivo.
Sei una bella donna, dovrebbero riempirti di complimenti, mia adorata Sunny>>

Mi ha chiamata davvero Sunny? Mia nonna mi chiamava così, quando ero piccola.

<<Beh, allora posso affermare che, tutti gli uomini, dovrebbero avere la tua testa. Anche se è alquanto impossibile. I giovani d'oggi, hanno alti target di ragazze>> espongo, un po' in imbarazzo.

<<Sai, da dove vengo io, le donne sono come regine. Ogni uomo è fiero della propria compagna, e la venera come una dea>> mi chiedo da che pianeta venga, dato che qui, le cose ultimamente vanno al contrario.

<<Voglio vivere anche io, nel tuo paese allora>> scherzo, con un pizzico di civetteria.

Un momento dopo, mi piego appena, colta da un forte crampo.

<<Tutto bene, mia cara?>> Si informa, preoccupato.

<<Solo un momento fastidioso, per una donna>> spiego, senza pronunciare la parola che mette in imbarazzo il mondo maschile.

<<Capisco, vuoi forse stenderti? Ci sono dei divanetti, poco più in là, posso rimediarne uno>> si premura.

<<Non è il caso, credo proprio che sia meglio tornare al dormitorio. Voglio togliermi questo stupido costume, prendere un analgesico e dormire tutta la notte. Domani ho lezione, non mi posso permettere di saltare>> assentarmi da scuola non è da me, neppure con la febbre alta.

<<Ti accompagno>>

<<Non è necessario, ma grazie. Non voglio che tu ti sciupi la serata a causa mia>> sorrido grata.

<<Giammai, sarebbe un piacere, queste feste non hanno alcunché di originale. Detto in termini spicci, vista una, viste tutte>> si apre in un sorriso, che mi fa girare la testa.

Una chiostra di denti perfetti e bianchissimi, il volto che perde la sua austerità e gli occhi che scintillano.

Ma, in tutta la sua bellezza, mi inquieta. Lo rapporto ad un grosso predatore, che gioca con la preda.

<<Non occorre, davvero. La mia amica Melissa mi accompagnerà a casa, è stato un piacere Drake, a presto>> lo saluto, frettolosa, scappando via in mezzo alla folla.

Man mano che mi allontano, l'inquietudine allenta la presa su di me.

Mi affretto nella ricerca di Mel, trovandola poco dopo appartata con un tizio, in atteggiamento inequivocabile.

Come non detto, me ne devo tornare a casa da sola. Un'altra fitta mi spacca in due il ventre, corro fuori, per quanto possibile con i tacchi, prima che il fiume decida di farmi ricordare come la più grande sfigata della scuola.

In un impeto di amarezza, sfilo le scarpe e corro a piedi nudi sul selciato, tagliandomi la pianta del piede destro, mormoro un'imprecazione a mezza voce, ma riparto di gran carriera. Arrivo al dormitorio buttando un occhio indietro, inquietandomi nel vedere le impronte del mio piede, sul vialetto.

Salgo le scale a due per volta e mi infilo svelta in camera, correndo nel piccolo bagno, per cambiarmi e correre ai ripari.

Giusto in tempo! Mi cambio, mi lavo e mi strucco.

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