Segreti rivelati

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ANDY'S POV

Ricordo bene quella mattina, quella in cui tutte le emozioni possibili si scontrarono nella mia testa, dandomi quasi un senso di nausea.
Quando aprii gli occhi, c'era Anita accanto a me, addormentata nel suo letto. Eravamo crollati nel sonno insieme, la giornata al mare ci aveva stremato e io ancora fremevo dalla rabbia contro quello stupido ragazzetto che aveva fatto lo sbruffone nei suoi confronti.
La guardavo sognare, con un mezzo sorriso, e sperai di far parte di quel sogno. La adoravo, tutto di lei era bellissimo, eppure avevo paura.
C'era qualcosa di non detto tra di noi, me l'aveva fatto intuire la sera in cui l'aveva baciata. Perché all'inizio mi aveva rifiutato se mi amava così tanto come diceva? Il pensiero mi faceva impazzire eppure non avevo il coraggio di chiederglielo per non rischiare di rovinare tutto.
E all'amore, alla rabbia e al dubbio, si aggiunse la tristezza e il rimorso.
Queste ultime due emozioni, non erano in alcun modo legate a lei, bensì a un ricordo.
É vero, c'era qualcosa di non detto tra me e Anita, ma non solo da parte sua.
Mi aveva raccontato il suo passato, ma io non avevo fatto lo stesso col mio. Le avevo mostrato solo la parte sfavillante della mia vita, quella emozionante, serena, perché volevo che lei mi immaginasse così, luminoso, senza ombre. E invece anche io ero legato a un momento del mio passato, legato talmente stretto che non riuscivo a muovermi, e più cercavo di liberarmi più ne rimanevo incastrato. Non gliel'avevo detto perché ricordarlo faceva troppo male.
Quella mattina, erano passati esattamente sette anni da quello che fu il giorno peggiore della mia vita. Cercai di non pensarci, di concentrarmi solo sul viso della splendida ragazza che avevo al mio fianco, ma non ci riuscii: vedevo un altro viso, che non era il suo.
Presi la macchina fotografica, che portavo sempre con me.
La guardai attraverso l'obiettivo, chinato sul pavimento per inquadarla dalla giusta prospettiva. Misi a fuoco e scattai la foto.
Il rumore dello scatto la svegliò.
Sbatté lentamente le palpebre e sorrise. Ne scattai velocemente un'altra.
"Hey... mi scatti le foto mentre dormo? Santo cielo Andy, la mattina sono orribile!"
"Se orribile é il tuo modo di dire stupenda, allora si, sei orribile"
Lei sbuffó, ma non era scocciata, anzi, leggevo nei suoi occhi la gratitudine.
Mi coricai di nuovo accanto a lei, che si mise su un fianco, reggendo le testa con la mano e accarezzandomi il viso con la punta delle dita dell'altra.
"Che succede? Sembri strano stamattina" mi disse, con la fronte leggermente corrucciata.
Ah, Anita, non ti si può nascondere nulla...

"Nulla"
"É quello che dico anche io quando ho qualcosa"
Le presi la mano che mi sfiorava la guancia e la baciai.
"E va bene. Diciamo che oggi ho bisogno di amore più del solito. Ma non mi va di parlarne, scusa"
Il viso di Anita si fece più teso, me ne accorsi subito. Le diedi subito un bacio frettoloso, come a volerla tranquillizzare, e me ne andai in cucina per preparare la colazione, lasciandola lì a guardarmi da lontano.
Avevo intenzione di chiederle spiegazioni a tavola, volevo affrontare l'argomento e sapere cosa mi nascondeva.
Speravo solo di non aggiungere dolore al dolore e di non scoprire qualcosa che infondo non volevo sapere.
***
NARRATORE

Anita si alzó dal letto e raggiunse Andy in cucina, rimanendo sulla porta. Lo vide mettere il latte a scaldare, con la testa china, come se stesse pensando a qualcosa che gli pesava sulle spalle.
La infastidiva il fatto che le stesse nascondendo qualcosa, ma non poteva lamentarsi: d'altronde, non stava forse facendo lo stesso?
Andy scelse un vasetto di marmellata dal frigorifero e tolse il pane dalla confezione. Infilò la mano nel cassetto, cercando un coltello per tagliarlo a fette. 
Anita lo vide ritirare la mano immediatamente, gemendo dal dolore.
"Aah cazzo!"
"Andy! Che succede?!"

La mano del ragazzo sanguinava.
"Oddio che ti sei fatto?" disse, prendendogli il polso.
Non le rispose. Fissò il sangue che gli colava dalle dita e il suo colorito divenne di un tono più chiaro. Vide le sue labbra tremare per un istante.
Poi strinse gli occhi e voltò la testa, per nascondere le lacrime che iniziarono a scendere sulle sue guance.
Anita aprì il rubinetto e mise la mano ferita sotto l'acqua fredda.
"Tienila così, vado a prendere una benda"
Fu subito di ritorno. Lo fece sedere sul divano e mentre gli disinfettava la ferita, lo guardava piangere come.un bambino, scioccata da quella reazione.
"Amore, non piangere. Ti ha fatto così male?"
Andy fece di no con la testa, senza smettere di fremere.
"Mi dispiace, devo aver messo uno di quei coltellacci che comprò mio padre a Toledo nel settore dei coltelli che uso per apparecchiare. Hanno una lama affilatissima, devi averla impugnata per sbaglio"
"Non importa Anita, davvero"
L'aveva chiamata per intero, con un tono quasi adirato. Ritirò la mano dalle sue e alzandosi disse: "Non piango per un taglietto, non sono una femminuccia"
"E allora vuoi dirmi che succede?" gli rispose, esasperata.
"Me lo chiedi come se tu mi avessi detto tutto"
"Cosa vorresti dire?"
"Non mi hai detto da che cosa volevi proteggermi. Perché volevi lasciarmi?"
Anita prese un respiro profondo. Era arrivato il momento, a questo punto non poteva più negargli la veritá.
"Tu mi lascerai appena lo saprai"
"Non lo farò, lo prometto"
"Non promettere quello che non sei sicuro di poter mantenere"
"Sono sicuro di poterlo mantenere. Non potrei mai lasciarti"
Anita abbassó lo sguardo tristemente e gli chiess di sedersi accanto a lei.
Poi gli raccontò tutto: gli disse della vera identitá dello stalker, dell'esistenza della setta, del vero motivo della morte dei suoi genitori e del codice. Glielo disse con fermezza, guardando nei suoi occhi limpidi il vortice delle emozioni che stava provando.
Alla fine del racconto, non aveva detto ancora una parola, né fatto qualche esclamazione di sorpesa o spavento. Solo una ruga gli solcava la fronte, rabbuiando il suo viso giá sofferente.
"É tutto vero?" le chiese.
"Tutto"
"Come hai fatto a temermi nascosta una cosa del genere?"
"Non l'ho fatto. Te l'ho detta e me ne sono giá pentita. Io mi ammazzo se per colpa mia ti succederá qualcosa. Se continui a rimanere con me, io..."
Lui le mise una mano sulla spalla: "Io rimango con te. Non ti lascio, dopo quello che mi hai appena detto non potrei mai. Dio... siamo così sfortunati Annie, così tanto" disse, quasi sussurdandolo, mentre poggiava la fronte sulla sua.
"Ti aiuteró a trovare questo Richard e a decifrare il codice, se é il tuo desiderio. So che é folle, ma non posso non farlo"
Anita scosse la testa, impaurita: "Non voglio, é una cosa che devo fare da sola"
"Me ne frego. Non sarai mai sola e se muori tu, muoio io. Voglio condividere tutto con te, a prescindere dal nostro destino. Io ti amo, ti amo..."
Anita non si aspettava quelle parole. Sembrava che Andy non fosse spaventato. Forse non si rendeva conto di quello a cui voleva andare incontro, ma i suoi tentativi per spiegarglielo furono inutili.
La baciò come solo sui sapeva fare e questa volta come se davvero ne avesse bisgono.
"Ora tocca a te"
"Che cosa?"
"Dirmi quello che ti rende triste tanto da farti piangere"
Andy le accarezzò le labbra con il pollice, mentre la guardava in un misto di tristezza e dolcezza: "Non ci riesco"
"Sono io, la tua Annie. Puoi riuscire a dirmi qualunque cosa"
"Non questa cosa"
"É perché ti vergogni?"
"Non provo vergogna di fronte a te. Ma ho un senso di colpa che non mi lascia tregua e parlarne mi fa stare male, tutto qui"
Anita si sedetta a cavalcioni su di lui, accarezzandogli i capelli mossi e morbidi.
"Tu sei la persona migliore che io consoca. Mi hai salvato la vota mille volte, senza badare alla tua, anche adesso. Doni tutto il tuo cuore alle persone, sei buono, passionale, coraggioso, intelligente, creativo. Sei bello come il sole. Sei tutto quello che potevo desiderare Andrew Wilson e se ora sei tu ad aver bisogno di essere salvato, io sono pronta a tutto. Prendi il tuo senso di colpa e gettalo ai miei piedi, proverò a distruggerlo"
Andy la guardó per un istante, per poi poggiare la testa sulla sua spalla e lasciandosi accarezzare il collo dalle sue manine fredde.
"Non ti sei mai chiesta perché mi piaccia tanto proteggerti? Perché io odi l'idea che possa accaderti qualcosa?"
"Pensavo fosse nel tuo carattere e perché ti sei innamorato di me"
"No. Non é solo perché ti amo. Io voglio salvarti la vita per cercare di rendere più leggero il mio peso"
Fece una breve pausa. Sollevò lo sguardo verso di lei e Anita gli mise una mano sul cuore, che batteva forte.
"Non ho saputo salvare la vita di mio fratello"
Anita raccolse due grosse lacrime dai suoi occhi, dischiudendo le labbra dalla sorpresa. Le sue sopracciglia si piegarono, lasciando intravedere tutto il suo dolore.
"Andy..."
"Non ce l'ho fatta Annie. É colpa mia se Kevin é morto. E non l'ho mai detto a nessuno, non l'ho mai detto ai miei genitori..."
Non riusciva più a parlare.
"Devi dirlo a me adesso. Liberati di questo peso, amore. Dillo. Ora sei pronto"
Lui cercó di calmarsi, anche se il suo respiro seguiva i suoi singhiozzi. Anita lo tranquillizzó, baciando il percorso delle sue lacrime.
"É stata colpa mia. Noi eravamo così legati. Avevo quindici anni quando é successo e lui undici. Kevin il mio fratellino, mi ero sempre preso cura di lui, mi considerava il suo eroe. Abbiamo condiviso ogni cosa, ogni successo, ogni passione, ogni sconfitta. Eravamo due compagni perfetti, una squadra. Ci amavamo, Annie, come solo due veri fratelli sanno fare. Avrei fatto qualunque cosa per rendere felice quel bambino e lui lo stesso. Dove andavo io c'era anche lui. Giocavamo per ore a fare la lotta, nonostante le sgridate di nostra madre. Gli ho insegnato a fotografare quello che gli piaceva"
Andy si era perso nei ricordi, quelli felici. Anita lo lasciò parlare, continuando ad accarezzargli la schiena. Aveva giá visto quel bambino nelle tante fotografie che Andy teneva nella sua camera da letto e lo riconosceva nelle sue descrizioni.
"Un giorno mio padre mi regalò un coltello da caccia. Mi piaceva andare in campagna e intagliare figure nel legno o costruire con il legname e così decise di regalarmelo per i miei quindici anni. Era piccolino e si poteva chiudere piegandolo in due. Mi piaceva moltissimo e non vedevo l'ora di usarlo per costruire qualcosa insieme a Kevin. Quel giorno l'avevo lascoato in camera mia, però. Avevo una cosa più urgente da fare. C'era una ragazza che mi piaceva più di quel coltello. Le avevo dato appuntamento in campagna, vicino al mio albero preferito. Kevin mi aveva seguito senza che io me ne accorgessi.
Tutto stava andando alla perfezione, avevo baciato quella ragazza sotto l'albero. In quel momento, proprio mentre la baciavo, Kevin uscì allo scoperto fischiettando. Pensava di essere simpatico, forse. Ma la ragazza mi aveva guardato imbarazzata e dopo qualche scusa era andata via. Io ero davvero adirato con Kevin, mi aveva rovinato tutto sul più bello, ma lui non mi prendeva sul serio. Mi disse che stavo esagerando e che gli avevo promesso che saremmo andati a giocare col coltellino di papá. Gli risposi malissimo Annie. Se solo avessi saputo che quelle erano le ultime cose che gli avrei detto..."

"Coraggio, vai avanti. Svuota tutto"
Andy annuì. Doveva farlo.
"Gli dissi che era un bambino, che non me ne fregava un cazzo di lui e dei suoi giochi, che io ero cresciuto e che non avevo bisogno di lui, che non volevo vederlo mai più. Ero solo adirato, Annie, non pensavo quelle cose di lui. Che stupido che sono stato, il bambino ero io. A quelle parole lui iniziò a piangere. Mi diede le spalle e corse via, col coltellino aperto in mano. Lo lasciai andare, tanto ero arrabbiato. Mi accorsi del pericolo solo una manciata di secondi dopo, quando giá era lontano. Cercai di raggiungerlo il più velocemente possibile,urlandogli con tutte le mie forze di fermarsi, di stare attento a quel coltello. Lo vidi inciampare sulla radice di un albero. Urlai il suo nome, ma lui non si muoveva. Quando gli fui vicino... oh Annie, era pieno di sangue, davvero pieno"

Anita lo abbracciò forte, piangendo assieme a lui, che continuò a parlare.
"Aveva il coltello infilato nel petto, fino al manico. Ero disperato. Lo riportai così a casa, gridando aiuto, tutto sporco del sangue di mio fratello. E alle mie urla si unirono quelle di mia madre... basta, basta" disse, alla fine.
"Si Andy, basta. Ora l'hai detto. Tesoro, non é stata colpa tua, tu gli volevi bene e non potevi prevederlo. É stata una disgrazia, tu non c'entri"
"Sono stato uno stronzo. É morto odiandomi"
"Lui ti amava e ti ama ancora. E vorrebbe che tu non soffrissi più"

Rimasero accoccolati per molto tempo, finché Andy non si fu calmato del tutto.
In quel momento suonarono alla porta. Quando Anita aprì, uno dei due poliziotti della scorta teneva in mano una piccola busta.
"Questa é per lei signorina, ma.é senza mittente. Se si sente più sicura può leggerla di fronte a noi"
Andy si alzò e si mise alle sue spalle, mentre Anita apriva la busta.

C'era un foglio ripiegato in quattro, con scritta questa filastrocca:

"Da bambina ti ho incontrato,
questo giorno é giá arrivato.
Sono lá, tra l'erba in fiore,
dove James lasciò il suo cuore.
Cara Anita, non aver paura,
ma ti aspetto con grande premura"
                                                  -R.

Anita guardò Andy e vide lo shock riflesso nei suoi occhi.
"Grazie, é tutto a posto"
Il poliziotto chiuse la porta.
I due ragazzi si abbracciarono ancora, questa volta in silenzio.

Anita Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora