Sorrisi e sigarette

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Anita si trovava a pancia in giù sul suo grande letto matrimoniale. Distrattamente faceva ruotare il cellulare tra le dita, mentre guardava in un punto indeterminato del muro.
Perchè Andy se ne era andato via così?
Era offeso perchè lo aveva lasciato da solo? Aveva avuto un imprevisto? Forse...era geloso? Non sapeva cosa pensare.
Voleva scrivergli, anche se se ne vergognava moltissimo. Sapeva che sarebbe rimasta in attesa di una risposta col cuore in gola per tutto il tempo.

"Hey... ieri non ho fatto in tempo a salutarti, sei andato via di corsa. Tutto bene?"

Il suo pollice si trovava sospeso a mezzo millimetro dal tasto di invio.
Non voleva sembrargli troppo interessata e appiccicosa. In più non era nemmeno sicura che Andy non fosse fidanzato, d'altronde era davvero un bel ragazzo, chiunque si sarebbe innamorata di lui e Lora ne era la prova.
A quel pensiero, inviò il messaggio, col cuore che giá le batteva forte.
Non voleva più pensarci.
Si costrinse a concentrarsi su qualcos'altro e decise di andare a correre nel parco sotto casa. Correre le piaceva molto, le sembrava di velocizzare il tempo e di dirigersi più velocemente verso la sua meta, anche se nemmeno lei conosceva bene la destinazione. Scorgeva un futuro più sereno, peró, e sperava di non sbagliarsi.
Infilò dei calzoncini corti e una maglietta aderente. Si allacció le scarpe da tennis e dopo aver afferrato una bottiglietta di acqua ghiacciata dal frigorifero uscì di casa. Prima di uscire dall'ascensore si legó i capelli, rimirandosi nello specchio. Il suo viso era più riposato e allegro quella mattina e ne fu compiaciuta. Da qualche tempo non avvertiva più quel fastidioso peso sullo stomaco: no, la Fassbender si sbagliava. Non era depressa. Era forte, fortissima, e ce l'aveva fatta.
Con questo pensiero chiuse il portone di ingresso e si diresse verso il marciapiede, canticchiando un motivetto inventato.

Era appena uscita dall'edificio, quando vide un uomo con la schiena e il piede poggiati al muro di casa sua, intento ad accendere una sigaretta. La stava fissando e non distoglieva lo sguardo. Era lo stesso uomo che aveva scorto alla festa di Clodia, ci avrebbe giurato.
Anita iniziava a sentirsi a disagio. Per diversi secondi i due continuarono a guardarsi. L'uomo aveva un ghigno divertito sul viso, pallido come la luna. Anche i suoi occhi erano chiari, quasi grigiastri come i suoi capelli. Era molto magro e il completo elegante che indossava sembrava stargli largo. Quel volto all'apparenza dolce, risultò terribilmente inquietante ad Anita.
"Salve" le disse, con un tono un po' sinistro, che non prometteva nulla di buono.
Lei voltó subito lo sguardo, dopo avergli rivolto solo un minuscolo sorrisetto intimorito. Se ne andò di corsa, verso il parco.

Si sentiva al sicuro tra gli alberi, che sembravano proteggerla con le loro lunghe braccia verdi.
Iniziò a correre un poco,lungo il percorso segnato in giallo. Voleva impegnarsi al massimo per mettere un po' di muscoli su quel suo corpicino esile.
Mentre correva e tutto intorno a lei scorreva più velocemente, inaspettatamente, le ritornó in mente la notte in cui i suoi genitori l'avevano spinta fuori di casa per metterla in salvo.
Anche quella volta aveva corso, per quanto le permettevano le sue piccole gambe. Ricordava che non aveva più fiato e che stringeva il suo orsetto al petto, più forte che poteva. Era notte, non c'era nessuno per la strada, solo dei lampioni che le sembravano dei grossi giganti scheletrici, con quella loro luce arancione che illuminava il marciapiede freddo....

Anita scacció dalla testa quel pensiero. Era successo molto tempo fa, eppure il desiderio di scoprire l'identitá dell'assassino dei suoi genitori la divorava da tredici anni e non le dava pace. Ogni tanto immaginava le urla di sua madre, vedeva suo padre cercare di proteggerla.
Si fermò e si sedette su una panchina. Non voleva più correre, si sentiva ancora quella bambina impaurita di tredici anni prima.
Bevve un sorso d'acqua.
Quando riaprì gli occhi, ebbe un sussulto: l'uomo dagli occhi chiari era lì, nella panchina di fronte alla sua, e, senza alcun ritegno, la guardava dritta negli occhi con uno strano sorriso perverso. Anita balzò in piedi. Non c'era nessuno in quel punto del parco. Non poteva fare altro che continuare a correre, ma verso casa. Ora la sua non era certo l'andatura di una ragazza intenta a fare jogging: questa volta correva davvero per fuggire, come una gazzella dal leone.
Ogni tanto si guardava alle spalle. L'uomo camminava a grandi passi, un po' più distante, ma sempre dietro di lei, col solito sorrisetto fisso.
Anita pensò che con quella faccia avrebbe potuto recitare in un film horror la parte del vicino di casa gentile che si occupa sempre dei fiori del suo giardino, silenzioso, solitario... che tiene i cadaveri delle sue vittime nella camera da letto.

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