Il mio peccato

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ANDY'POV
Due settimane dopo

Pensavo a lei.
Si, non era una novitá.
L'immagine dei suoi occhioni verdi mi tormentava, giorno e notte, qualunque cosa stessi facendo. L'avevo lasciata così brutalmente... non mi davo pace per questo, ma il mio orgoglio ferito mi impediva di risolvere la situazione. Non potevo chiedere scusa: non ero io a dovermi scusare, ma allo stesso tempo un terribile senso di colpa mi attanagliava la gola.
L'unica cosa a cui riuscivo a ricordare era il suo pianto disperato, le sue mani sul pavimento mentre mi pregava di non andarmene.
E io invece lo avevo fatto. Non le avevo dato la possibilitá di spiegare. Non avevo perdonato.
E non l'avrei mai perdonata.

La rabbia mi accecava. Pensavo al fatto di aver messo in pericolo la mia vita per lei, che invece mi aveva ripagato con un tradimento con il primo che passava. Ero addolorato, profondamente, mortalmete.
Volevo vendicarmi, volevo spaccare tutto, volevo che soffrisse quanto stavo soffrendo io.
E questi terribili sentimenti mi annientavano, giorno dopo giorno, mentre l'odio prendeva il posto dell'amore e mi trasformava in una bestia insensibile.

Ma poi, nel cuore della notte, mi trovavo ad allungare la mano sul cuscino alla ricerca dei suoi capelli morbidi, e a piangere, piangere e piangere lacrime amare, di sangue e dolore tagliente.
Non avevo mai amato nessuno come avevo amato Anita. Ma forse era uguale a tutte le altre e io non me ne ero mai accorto.
Non riuscivo più a fotografare. Mi distraevo a lezione, non ero più capace di trovare il bello nelle piccole e fragili sfaccettature del mondo. Io mi sentivo piccolo e fragile, si, ma mi sentivo anche uno schifo. E tutto ció che mi circondava era come me: senza anima.

Pensavo a queste cose mentre reggevo la testa con le mani, gomiti puntati sul tavolo della veranda. Il vento che proveniva dall'oceano si faceva sempre più pungente, ma non ci facevo caso.
Erano le dieci della sera e tutto taceva, in contrasto col frastuono del mio cuore.

In quel momento, vibró il cellulare.
Mi precipitai a controllare il messaggio, sperando che fosse lei.

Ma era Lora, la sua amica.
Sentii il cuore salirmi nella testa: forse voleva parlarmi di Anita. Volevo sapere come stava, cosa faceva...

"Ciao Andy, scusa l'ora e il disturbo, ma sei l'unico nelle vicinanze che può aiutarmi. Ho bisogno di una medicina, non mi sento molto bene e non posso uscire di casa. Ci dovrebbe essere una farmacia ancora aperta sotto casa tua, ci faresti un salto? Scusami ancora, lo chiederei ad Anita ma non voglio disturbarla, sta studiando per un esame. Grazie se lo farai, ti aspetto😘"

Corrugai la fronte.
Strano.
Io e Lora non eravamo così in confidenza e la storia della malattia non mi convinceva. Ma, infondo, perché non farlo? Cosa sarebbe potuto succedere?
Anita era tutta presa dai suoi studi, come sempre. Non stava certo pensando a me. Non mi aveva scritto nemmeno un messaggio. Orgogliosa anche lei, come lo ero io? Oppure del tutto menefreghista?
In ogni caso, sentii una furia nera scorrermi nelle vene. La stavo odiando. Odiavo lei e il suo modo di fare così dolce, educato... così elegante, affascinante, sexy. Odiavo tutte le sue qualitá che mi avevano ingannato.
Così risposti a Lora, chiedendole l'indirizzo e il nome del medicinale.
Venti minuti dopo ero sotto casa sua.
Mi aprì all'istante, come se non aspettasse altro.

"Andy... ciao tesoro" mi disse, quando aprì il portone di casa.
Mi accolse in accapatoio. Non sembrava che avesse appena fatto una doccia perché era perfettamente asciutta, pettinata e truccata.
A dire il vero, non pareva proprio malata.
"Ciao, ecco quello che ti serviva. Come stai?"
"Oh, non ho nulla di grave, solo un po' di febbre. Entra, dai"
"N-no io... adesso vado, torno a casa" esitai. Chissá perché, sentivo di essere ancora fedele ad Anita. Proprio a lei, che non ci aveva pensato un attimo prima di entrare nella casa e nel letto di un altro.
"Coraggio, non ti mangio mica" mi disse, suadente.
Entrai, per ripicca, per dimostrare ad Anita e a me stesso che anche io potevo fare quello che volevo.
"Scusa se sono in accapatoio, ma preferisco non coprirmi troppo quando ho la febbre" aggiunse.
Mi fece sedere sul divano e portó due birre ghiacciate. Si mise accanto a me e iniziò a parlare.
"Come stai Andy? Anita ci ha detto che avete rotto"
"Ah, Anita vi ha detto così?" sibilai.
"Si...ci ha parlato del vostro equivoco"
"Equivoco". Risi, ma fu una risata amara e sprezzante.
"Pensi davvero che lei ti abbia tradito?" mi chiese, fingendosi scioccata.
"Se non avessi la prova, non lo penserai mai" risposi, e iniziai a bere.
"Accidenti, l'ha combinata grossa. Che sciocca, farsi scappare un ragazzo come te"
Avevo capito il suo gioco. Voleva divertirsi quella notte. E le avrei dato il divertimento che cercava. Volevo farla pagare ad Anita, se lo meritava. Si meritava di subire lo stesso trattamento che aveva riservato a me.
Eppure soffrivo per quello che stavo facendo perché tutto mi urlava di non farlo. Il mio corpo invocava solo quello di Anita.
Stupido corpo, gli avrei dimostrato che poteva divertirsi con chiunque, che doveva smettere di cercare colei che lo aveva disprezzato.

Anita Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora