Capitolo 5

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Ci sedemmo fuori a un bar, Natasha andò ad ordinare ed io rimasi con Bella.
Quello che aveva fatto poco fa era folle e insensato, perché si comportava come se avesse paura di ogni cosa?
Per non parlare che quando arrivo io mi ignora o fa finta che non ci sia, deve proprio odiarmi.

Adesso si guardava intorno, sembrava che non avesse mai visto una metropoli come New York.
"Ti piace New York?"
Le chiesi con un sorriso.

Smise di guardarsi intorno e mi guardò.
"È molto bella"
Fui sollevato del fatto che non avesse provato a respingermi di nuovo.

"Sei mai stata in una grande città?"
Speravo di riuscire a fare conversazione.
Fece un mezzo sorriso.

"Be' non ne ho visitate tante, solo quella da dove provengo"
"E com'è?"
Rivolse gli occhi al cielo emozionata.
"Oh è...bellissima, la gente è sempre cordiale e gentile e poi ci sono un sacco di creature"
"E vagano libere per la città?"
Chiesi leggermente stupito.

"Si, non fanno male a nessuno, anzi siamo in completa armonia con loro"
Poi il suo sguardo si abbassó triste.

"Ti manca molto casa tua, non è vero?"
Le chiesi, annuì sempre a testa bassa.
Le presi una mano stupendola.

"Ti prometto Bella che un giorno ci tornerai"
Promisi senza pensare al gesto che avevo appena compiuto.
Lei fece un debole sorriso e non rifiutò la mia mano.
"Magari" rispose.

***

I giorni procedevano e io restavo quasi sempre in quella torre con degli sconosciuti che cercavano di aiutarmi.
I test continuavano senza accennare un minimo di risultato e io stavo sempre più male, non potevo sopportare il fatto di aver perso le mie gambe.

A volte girovagavo per la torre ma la maggior parte delle volte restavo nella mia stanza, a pensare non so.

Stavo girando per la torre, sempre sulla sedia a rotelle che ormai era diventata parte di me e delle mie tristi giornate, mi fermai davanti a un vetrata ad osservare New York.
Era una delle città umane più belle che io avessi mai visto, considerando il fatto che non ne avevo viste tante.
Se fossi stata libera e avessi potuto usare le gambe me ne sarei andata e l'avrei visitata tutta.
Ma non potevo.

-le cure non funzioneranno mai, prima lo accetto meglio è- pensavo questo quando ritornavo sull'argomento, alcune lacrime uscirono dai miei occhi.

《Che diavolo hai fatto?!》
Le gridò contro la sorella.
《Calmati Dakota, sta a me prendere una decisione》
Disse con calma la regina zittendo la figlia che ancora guardava la sorella con odio.

《Bella perché sei tornata in quel posto?》
Le chiese calma la regina, il suo tono era calmo ma pieno di delusione.
Bella abbassò lo sguardo.

《Io...non lo so》 sentí Dakota sbuffare.

《NON LO SAI?!》 Gridò lei.

《Dakota taci!》 La sgridó la regina perdendo la pazienza per un attimo.

《Continua》 disse rivolta a Bella.

《Lui....era gentile, mi aveva detto che potevo tornare quando volevo.....non sapevo che fosse...》

《Capisco》 la interruppe la regina, era molto delusa.

A quel punto Dakota se ne andò nel giardino reale e Bella la seguì.

Le lacrime non si fermavano, volevo tornare a casa.....

I passi di Bella su quel sentiero non facevano molto rumore, le sue gambe erano leggere e delicate.
Arrivò nel loro posto segreto, le rose nere circondavano il gazebo.

《Mi stavi aspettando?》 Le sua voce fredda e melliflua le faceva uno strano effetto, si voltò con un sorriso.

《Lo sai》
L'ombra era davanti a lei.
Lei si sentí prendere per i fianchi e l'ombra adesso era dietro di lei.

《Ti piaccio quando faccio questo con i miei poteri?》
Le chiese con la sua voce agghiacciante.
Lei mugoló e appoggiò la sua testa sul suo petto.

《Dove andiamo stasera?》 Gli chiese lei.
Lui le sussurró in un orecchio.
《Ovunque tu voglia》
Lei chiuse gli occhi.

《Ma prima, devo chiederti un piccolo favore》

Allungò una mano toccando il vetro, era freddo e gelido.
Basta.

"Basta, non ce la faccio più" dissi ad alta voce.
Spinsi la sedia fino all'ascensore ed arrivai sul tetto.

Da lì New York si vedeva ancora meglio, speravo di ricordarmi di quest'ultima quando fossi morta.
Spinsi la sedia fino al bordo e scesi lasciando le mie gambe non funzionanti sospese sopra New York.

"Devo farlo...." sussurai a me stessa, cercai di far leva coi bracci per lasciarmi cadere.

"BELLA!" Sentii gridare, girai lentamente la testa verso Steve.

"Non avvicinarti! O...non avvicinarti o mi butto!" Lo minacciai.

Si fermò cauto cercando di avanzare lentamente.
"Perché lo stai facendo?"  Chiese, a quel punto crollai.

"Non ce la faccio più! Non riuscirò più a camminare e non posso stare ferma su questa sedia!"
Gridai.

"Stai passando un brutto periodo ma se ti lasci cadere non sapremo mai chi ti ha fatto del male o perché" disse avvicinandosi.

"È da una vita che soffro! Basta!"
Ero sicura che non sapesse più che inventare.

"So che non è facile uscirne fuori, io ho dormito per più di cinquant'anni e quando mi sono svegliato, il mondo sembrava impazzito.
Non è stato facile per me adattarmi....non è ancora facile adattarmi"
Disse.

"Se vuoi buttarti fallo, se pensi che questo cambierà le cose.
Ma se vuoi cambiare qualcosa realmente sappi che quella è la scelta sbagliata" disse.

Sospirai e mi passai una mano sul viso frustrata.
"Puoi aiutarmi ad alzarmi?"chiesi penosa.

Mi aiutò ad alzarmi ma un piede mi scivoló via e mi sentii cadere.

Gridai ma mi sentii prendere la mano.
Steve mi stava tenendo stretta.

"Non guardare giù" troppo tardi guardai giù e vidi tutta New York sotto di me.

Sentii la voce di Clint.
"Steve ti ho sentito gridar-"
Si era bloccato.

"Clint dammi una mano!" Gli gridò Steve, in due riuscirono a sollevermi.
Mi attaccai al collo di Steve, non mi sarei più staccata.

"Scusa" sussurai nascosta nel suo collo, il suo profumo mi impregnava le narici, aveva l'odoro del mare e le mie lacrime rincominciarono a scendere.

Mi portò in camera mia dove rimasi.

Avengers: 𝘐𝘯𝘧𝘪𝘯𝘪𝘵𝘺 𝘴𝘦𝘢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora