Avere paura è orribile. Ma avere paura dell'uomo di cui ti sei innamorata è insostenibile.
Fu la prima volta, da quando avevo conosciuto Christopher, che ebbi il timore che qualcosa di brutto potesse succedermi. So che è strano da dire, ma anche se sapevo che non mi avrebbe nemmeno alzato un dito, il dubbio mi venne comunque. E con sé la paura.Passarono 6 giorni. 6 giorni di sue incessanti chiamate, che io sistematicamente ignoravo. 6 giorni di messaggi, in cui mi implorava di rispondergli, di parlare, vederci.
Ma niente. Gli chiusi tutte le porte.
Christopher per me era sempre stato la certezza, due braccia forti che mi avrebbero sempre accolta qualsiasi cosa fosse successa. Lui per me era casa, un fuoco caldo in cui trovare ristoro quando cala il gelo. E adesso che sentivo freddo, sapevo che lui non avrebbe potuto porvi rimedio. Era come se a poco a poco, ogni mia certezza stesse lentamente crollando, ed io mi sentivo inerme.Raccolsi le ultime energie che mi erano rimaste: era il momento di smetterla di pensare a lui; adesso dovevo solo cercare di ricomporre i pezzi di puzzle del mio passato. Dovevo trovare mia madre.
'Londra...' pensai, mentre sorseggiavo sul divano una tisana al finocchio '...è da lì che devo partire.' Corsi a prendere il portatile e iniziai a cercare qualcosa che potesse portarmi a lei. Chiaramente digitare il nome Catherine associato a Londra fu la cosa più istintiva e al contempo stupida che mi venne da fare. Non sarei andata da nessuna parte in quel modo.
"Pensa Suzanne... pensa..." continuavo a ripetermi, mentre un fastidioso mal di testa iniziava a tormentarmi.
Notai con la coda dell'occhio che il postino aveva infilato da sotto la porta d'ingresso le solite bollette del mese.
"Aspetta un attimo..." sussurrai "...il pacco!". Feci un balzo, scesi dal divano e controllai l'orologio: erano le 9.30. Avevo tutto il tempo per arrivare a Londra e recarmi alla sede centrale. Andai a infilarmi velocemente il cappotto e corsi alla macchina.La distanza tra Norwich e la capitale era sempre la stessa, ma quella mattina, non so perché, mi sembrò di averla percorsa in metà tempo.
Entrai dentro la sede nazionale delle poste, e la prima cosa che notai furono le interminabili file agli sportelli. Mi misi dietro un vecchio signore, che puzzava in maniera assurda di tabacco e aspettai con impazienza il mio turno.
Dopo circa 25 minuti, toccò finalmente a me.
"Salve... ecco, sono residente a Norwich e dovevo ritirare un pacco..." l'impiegato allo sportello volle sapere i miei dati personali e l'indirizzo, che trascrisse sul database del suo computer. Guardò con aria interrogativa lo schermo "Mi scusi un attimo..." fece al telefono una veloce chiamata, poi digitò qualcos'altro.
"Ci risulta che il suo pacco sia già stato consegnato, signora."
I battiti iniziarono ad aumentare, ma cercai di mostrarmi assolutamente calma.
"Oh, capisco... e può dirmi chi l'ha ritirato?"
L'uomo diede un'occhiata al pc "Sì, allora... L'avvenuta consegna è firmata a nome di un certo Christopher Nolan."
Rimasi bloccata, fissando l'impiegato.
"Si sente bene, signora?"
"Ehm, si! Certo... effettivamente ora che ci penso non ricordavo che fosse già venuto il mio fidanzato... La ringrazio!"
Corsi all'uscita, col cuore in gola. Chris doveva darmi un bel po' di spiegazioni e alla svelta!Mi precipitai a casa sua, ma nessuno aprì: doveva essere sicuramente a lavoro. Mi diressi, quindi, alla sede aziendale, un enorme palazzo pieno di vetrate e di uomini in cravatta. Parcheggiai poco lontano le scalinate d'ingresso e mi appostai in macchina, aspettando di vederlo uscire.
L'attesa fu più lunga e snervante del previsto. Alle 21.06 vidi Christopher uscire e dirigersi, ancora con la valigetta in mano, verso una tavola calda lì vicino. Varcò la soglia del locale, a quel punto rimasi 10 minuti a pensare se fosse la cosa giusta affrontarlo in quel frangente.
"Al diavolo, io ho bisogno di sapere!" mi dissi all'improvviso, aprendo lo sportello dell'auto.Entrai alla tavola calda. L'aria era offuscata dal fumo di sigarette e impregnata di un leggero odore di muffa. Mi guardai intorno. Christopher era seduto al bancone, mentre mangiava qualcosa. Giacca poggiata sullo schienale, sguardo basso. Mi avvicinai da dietro "Devi essere davvero affamato per cenare in un posto del genere..."
Si girò lentamente verso di me. Rimasi davvero perplessa dal suo aspetto. Era incredibilmente pallido e le occhiaie tradivano un bel po' di notti passate insonni.
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Lost in your shady face - L'ombra del tuo viso
RomanceRimasi quasi perplessa dalla perfezione del suo viso, "C'è una nebbia terribile stamattina..." esordì quell'uomo, rivolgendosi ai colleghi, che lo aspettavano seduti al tavolo della caffetteria. Non avrei mai pensato che quello sarebbe stato l'inizi...