"È davvero necessario portarsi tutta questa roba?"
"Amore, vuoi che a Norwich me ne vada in giro nuda?!"Si ritornava a casa. Erano 12 settimane che non facevo rientro a Norwich. Tre mesi completamente dedicati a Christopher.
"Non lo so..." guardavo perplessa il borsone, aperto sul letto "...sto dimenticando qualcosa."
"Beh, effettivamente hai dimenticato di prendere pure le mura del soggiorno e il soffitto... vuoi che te li incarti a parte?!" rispose sarcastico, buttandosi sul letto.
Sbuffai "Riesci ad essere serio per 30 secondi, nella tua vita?!"
Mi scrutò, con la testa poggiata su una mano "Allora è proprio vero che le donne si fanno prendere dal panico quando fanno la valigia... pensavo fosse una di quelle leggende metropolitane..." prese in mano una mutandina che avevo piegato "...come, ad esempio, quella che sappiano parcheggiare in retromarcia."
Gli strappai gli slip dalle mani "Dà qua cretino!"
"Oh oh oh... iniziano le offese!" Christopher scivolò via dal letto "...Mi piace quando mi maltratti." mi sussurrò, dandomi un pizzicotto sul sedere.
"Nolan, adesso stai esagerando!" feci per dargli un calcio, ma schivò divertito il colpo.
"Ah beh! Siamo arrivati addirittura a chiamare per cognome!" non riusciva a trattenere le risate.
Si poggiò al cornicione della porta "Io esco, da quando ho recuperato non riesco a stare più di mezz'ora dentro casa... Vuoi che ti porti qualcosa? Passo da quella pasticceria che ti piace tanto..."
Ero talmente intenta a rovistare tra i vestiti, alla ricerca di ciò che mi stava sfuggendo, che nemmeno mi accorsi della domanda.
Christopher rimase 3 secondi in silenzio "...Okay, vada per i brownies al cioccolato!" andò a prendere il cappotto, poi le chiavi dell'auto, "A dopo!" e chiuse la porta.
"Oh... si, a dopo!" un po' troppo tardi, forse.
Continuavo a guardare con aria interrogativa la borsa, poi mi si accese la lampadina "Il berrettino rosso!". Adoravo quel berretto. Lo portavo da mesi e, onestamente, era solo un normalissimo cappellino di lana rossa, ma non riuscivo a staccarmene: me lo aveva fatto Miss Dalloway, qualche settimana dopo la mia assunzione. Era diventato come un cimelio per me."Dove cavolo è sparito..." mi buttai per terra, sulla moquette grigia, affacciandomi sotto il letto. Nulla. Ricontrollai ogni anta e cassetto dell'armadio. Nulla.
"Ma che diavolo?!..." ormai era diventata una questione di principio. Non potevo averlo perso così stupidamente.
Mi recai in salotto, rovistando sotto i cuscini del divano, poi tra le mensole dell'ampia libreria. Nulla.
Mi sedetti sconfitta sulla poltrona, cercando di fare mente locale dei posti in cui non avevo guardato. "Nello sgabuzzino?!..." pensai, perplessa. Non era un posto dove ero andata spesso. Si trattava più che altro di una stanza minuscola piena di vecchie riviste e vestiti che Christopher non usava più.
"Magari, per sbaglio, me l'ha buttato in mezzo ai vecchi maglioni..." andargli a dare un'occhiata non mi avrebbe di certo uccisa.
Ritornai, quindi, in camera da letto. La porta dello sgabuzzino si trovava tra quella del bagno e la scrivania. Aprì lentamente e cercai con la mano l'interruttore.Click!
Definirla minuscola era, comunque, un complimento. Probabilmente sarebbe pure potuta sembrare una stanza più ampia. Il problema è che Christopher gli accatastava la qualunque, rendendo quasi impossibile anche solo l'accesso.
Feci attenzione a non calpestare nulla e mi addentrai fino a trovarmi di fronte a uno scatolone pieno di piccoli elettrodomestici e vecchie camicie.
"Se l'ha buttato qui in mezzo, giuro che lo uccido." mi feci coraggio e iniziai a rovistarci dentro. Mi resi conto fin da subito che sarebbe stato inutile.
"Okay, mi arrendo... smemoratezza 1...Suzanne 0." mi avviai nuovamente verso la porta.
"Cazzo!"
Avevo pestato col piede qualcosa che si era schiacciato. Guardai a terra, sperando di non aver rotto nulla "...Che cos'è..." una camicia logora lo copriva.
La tirai da una manica.
Un nodo in gola.
Rimasi qualche secondo in blackout.
Poi mi resi conto.Era un pacco. Né troppo grande, né troppo piccolo. L'etichetta del mittente era stata strappata in maniera brusca. L'occhio mi cadde subito verso il nome del destinatario: Suzanne Price.
Un tonfo al petto.
Improvvisamente, nella mia testa si scatenò una rivolta a fuoco.
Una parte di me suggeriva di ignorare quel pacco, facendo finta di non aver visto nulla e continuando con la mia vita felice, come del resto avevo deciso di fare.
L'altra parte di me urlava affinché lo prendessi e scoprissi, una volta per tutte, cosa mi era stato negato di vedere.Mentre cercavo di ragionare, paralizzata davanti a quello scatolo imballato, sentì un rumore di chiave ruotare all'interno della serratura della porta d'ingresso.
"Merda!" Christopher doveva essere già di ritorno.
Afferrai d'istinto il pacco è mi precipitai in camera da letto."Sono tornato!" urlò Chris dal corridoio.
Richiusi la porta dello sgabuzzino dietro di me.
"Indovina!..." sentì i suoi passi farsi più vicini.
Mi guardai velocemente intorno, poi mi precipitai sul borsone, ancora aperto, infilandoci brutalmente il pacco.
Si affacciò in camera "Pasticceria chiusa per lutto." esordì, con un faccino triste.
Balzai immediatamente sul borsone, sedendomici sopra.
Chris mi guardò col sopracciglio alzato "Sei comoda?..."
Avevo il fiatone ed ero vistosamente sudata "Credo che fare le valigie non sia il mio forte..." lo guardai, cercando di accennare il più naturale sorriso possibile.Cenammo insieme, poi, verso le 21.10, mi disse di andare, per evitare di arrivare a notte fonda.
"Appena sei a casa, chiamami." mi prese con una mano il viso, avvicinandolo alla sua bocca "Lo sai che ti amo, vero?"
Era da ore che non facevo altro che pensare a quel pacco, chiuso dentro al borsone.
"Sì... certo." deglutì.
Pose le labbra sopra le mie, cingendomi dai fianchi.Ricordo che pensai che quello sarebbe potuto essere l'ultimo bacio tra noi due, ma allontanai immediatamente quell'idea dalla testa.
Arrivai a Norwich alle 00.35.
Scaricai dal bagagliaio il pesante borsone, trascinandolo a fatica dentro casa. Immediatamente, venne a strusciarsi tra le gambe Sandy, la mia gatta, ormai cresciuta e pacioccona. Durante la mia assenza l'avevo lasciata in custodia a Concita, una simpatica casalinga venezuelana che viveva a due porte da me.
"Ehi... piccolina..." mi chinai sulle ginocchia per accarezzarla "...certo che te ne ha dato di chorizo, per farti venire questi rotolini..."
Andai a buttarmi esausta sul divano. Guardai con la coda dell'occhio il borsone a terra, vicino al tavolino, poi l'orologio, l'1.04.
Sapevo che non avrei chiuso occhio, se avessi deciso di rimandare l'apertura del pacco all'indomani.Mi presi di coraggio, andai ad aprirmi una birra, disgustosamente calda, e presi lo scatolo.
Mi sedetti nuovamente sul divano. Le lancette dell'orologio da muro sembravano segnare le pulsazioni concitate del mio petto. Presi un coltellino, per aiutarmi a tagliare la carta d'imballaggio, che era stata abbondantemente rimessa sul cartone.
Il viso mi andava a fuoco, il respiro si fece più corto.
Riuscì ad aprirlo.
E poi.Il buio.
STAI LEGGENDO
Lost in your shady face - L'ombra del tuo viso
RomanceRimasi quasi perplessa dalla perfezione del suo viso, "C'è una nebbia terribile stamattina..." esordì quell'uomo, rivolgendosi ai colleghi, che lo aspettavano seduti al tavolo della caffetteria. Non avrei mai pensato che quello sarebbe stato l'inizi...