23. Eroina

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Ripensai alle parole di Johnny per i due successivi giorni, mi erano state di grande aiuto per prendere finalmente una decisione: dovevo rivederlo e parlargli una volta per tutte.
Sapevo che se non avessi fatto nulla, lasciando solo che il tempo passasse, mi sarei spenta lentamente. Tanto valeva rischiare, quindi.

Johnny si comportò davvero come un padre: si prestò per accompagnarmi, un pomeriggio, fino a Londra. Volevo prenderlo alla sprovvista, senza prima avvertirlo del mio arrivo. Era necessario per fare più chiarezza ed evitare che inventasse delle palle.

Arrivai alle 22.15 sotto casa di Christopher. Stranamente non ero tesa, agitata. Ero decisa a fare chiarezza in tutta quella storia, c'erano troppe cose che non mi tornavano.
Salì le scale, non mi andava di prendere quel vecchio ascensore. Arrivai all'undicesimo piano a corto di fiato e mi misi davanti alla porta. Ci vollero 5 minuti per decidermi a suonare.
'Se è vero che ha un' altra, che almeno me la presenti' pensai.

...Din Don...

Non venne nessuno ad aprire, iniziai a pensare di aver perso solo tempo. Poi, sentì dei passi avvicinarsi alla porta. Il cuore prese a battere più velocemente.
Aprì. Christopher era in tenuta da casa: una t-shirt blu scura che cadeva su dei pantaloni da tuta grigi e piedi scalzi.
Rimase impalato sul ciglio della porta, colsi nel suo sguardo tutto lo stupore che provava per la mia visita inaspettata.
"Vuoi forse lasciarmi sul pianerottolo...? O forse disturbo perché sei in dolce compagnia?" dissi, guardandolo fisso negli occhi.
Si scansò, lasciandomi entrare.
"Perché sei qui, Suz..." chiuse la porta e si voltò verso di me.
Notai subito che il salotto era in disordine.
"Non credo di essere l'unica a fare irruzione nelle case altrui... o sbaglio?!" afferrai da una mensola il suo cellulare.
"Che stai facendo..." mi disse stranito.
Aprì velocemente i messaggi, poi WhatsApp... la rubrica. Niente. Nessuna traccia che potesse portare a una donna.
"Beh, che c'è?! Non posso dare un'occhiata al telefono?"
"Che hai intenzione di fare, Suz." mi chiese, aumentando il tono della voce e strappandomi il telefono di mano.
"Voglio solo capire quanto sei bravo a mentire!" corsi in camera da letto. Se davvero c'era una donna nella sua vita, non poteva non aver lasciato una qualche traccia lì.
La camera sembrava inalterata. Iniziai a cercare tra le lenzuola, aprì i cassetti, l'armadio... ma niente! Assolutamente niente!
"Vuoi smetterla, Cristo!!! ...Sembri completamente impazzita!" urlò lui.
In effetti ero davvero fuori di me, incazzata nera, furente. Mi resi conto che non c'era nessuna donna oltre me, che mi aveva presa doppiamente in giro e che mi stava nascondendo altro.
"Cosa vuoi nascondermi, Chris?! ...Perché se vuoi saperla tutta, io non credo proprio che tu mi abbia mai tradita!" gli andai incontro e, con tutta la rabbia che avevo accumulato in quei giorni, iniziai a dargli pugni sul petto "QUINDI DIMMI CHE CAZZO MI STAI NASCONDENDO!" scoppiai in lacrime.
Christopher mi prese le braccia e mi fermò con una presa decisa.
"Calmati!!! BASTA!" mi prese di peso, mentre inutilmente cercavo di dimenarmi e mi mise a sedere con forza sul letto che avevo disfatto.
"Va bene! Okay!" continuò a voce alta "... Non c'è nessuna donna! Nessuna fottutissima donna!... Sei felice, adesso?!" diede un piccolo pugno sul comodino.
Lo seguivo in silenzio, con gli occhi sbavati di eyeliner colato. Avevo ragione, quindi.
"Ma questo non cambia assolutamente le cose, Suz..." proseguì.
"Che significa?"
"Significa che tra noi è finita. FINITA!"
Scattai dal letto e mi fiondai su Christopher, ricominciando a prenderlo a pugni "Se è davvero finita allora dimmi che non mi vuoi! Che non mi hai mai voluta!!!" urlavo a squarciagola, piangendo disperata "Dimmi che non mi desideri! Te lo voglio sentire dire!!!"

Lui non rispondeva, ma gli occhi si fecero lucidi. Cercò di fermarmi ancora una volta "Dimmi che non mi vuoi!!!" continuavo a urlare io, ormai esausta fisicamente.
Christopher mi spinse, bloccandomi le mani al muro. Respirava affannosamente, in seguito alla lotta con la mia furia impazzita "NON POSSO, CAZZO! IO TI VOGLIO! TI DESIDERO!"

Mi baciò furioso, mordendomi il labbro.
"Toglimi i vestiti." gli chiesi con insistenza. Avevo bisogno di lui, del suo corpo, della sua forza, della sua perversione. Ormai era parte di me. Era la mia droga, la mia dose di eroina.
Mi sfilò con energia la camicetta e poi la gonna. Senza smettere di baciarci, gli tolsi la maglia e iniziai a morderlo sul collo, sulla schiena...

Fece cadere i pantaloni e mi portò con la faccia contro al muro

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Fece cadere i pantaloni e mi portò con la faccia contro al muro...
I nostri respiri affannosi si alternarono, in un crescendo di spasmi ed eccitazione.
"Più forte... più forte..." continuavo a ripetere. Il mio cervello si era completamente disconnesso, le mie inibizioni spazzate via di colpo.

Mi risvegliai tra le lenzuola grigie, verso le 6 del mattino. Avevo dei graffi sulla schiena e un segno sul labbro. La pioggia produceva dei ticchettii sulla superficie di vetro della finestra.

Christopher non c'era. Percorsi il corridoio e lo trovai seduto sul pavimento che piangeva silenziosamente... con la cornetta del telefono sulle gambe...

"Mio padre..." disse senza respiro.
"Chris..."
"... È morto... è morto..."

"

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Lost in your shady face - L'ombra del tuo viso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora