19 || Ramiro

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C A P I T O L O  19
R A M I R O

Li guardai con occhi sbalorditi. Perché sono qui? Come fanno a conoscermi? È da secoli che non vengo chiamata 'Zoe'. Il petto si strinse. L'uomo alto e muscoloso fece un altro passo verso la mia direzione.

<<Zoe.>> Ripetè. Cominciai a sentire le mani sudare.

<<Non mi chiamo più così.>> Dissi. Quel nome mi fece ricordare troppi ricordi. <Il mio nome è Valentina.>>

Qualcosa si mostrò nei suoi occhi, mentre annuiva. <<Mi chiamo Camillo.>>

<<Cosa ci fai qui?>> Chiesi finalmente. <<Questo è il territorio dei lupi mannari.>>

Fece un sorrisetto <<Ah sì? Allora perché sei qui?>> Stranamente, non ero seccata o spaventato dalla sua domanda. Ero calma ma curiosa del perché lui sia qui. Quando si accorse che non avevo intenzione di rispondere, cominciò a parlare. <<Abbiamo l'ordine di trovarti. La tribù di Ramiro vi vuole.>> Disse onestamente. Sbattei le sopracciglia. Voluta da un clan? Non conosco nessuna. Cosa vogliono da me? Prima che potessi chiedere, sentii un ululato da lontano.

<<Dannati lupi mannari.>> Qualcuno disse, sotto voce. Deglutii.

<<Hai bisogno di lasciare questo territorio prima che cominci qualcosa che non vuoi.>> Mi sbrigai ad avvisarli, guardando in giro.

Camillo rise. <<Combattere con i licantropi è sempre divertente, sinceramente.>> Lui cominciò a camminare intorno a me, facendomi sentire a disagio. <<È il mio passatempo preferito.>>

Lo ignorai. <<Perché Ramiro mi vuole?>>

Il sorrisetto non scomparse in faccia. <<C'è solo un modo per scoprirlo.>> Sentii i rumori dei passi veloci avvicinarsi dietro di me, i miei occhi si dilatarono quando sentii l'odore di Gabriele.

<<Vattene.>> Esigei, facendo un passo indietro da lui. Ma era troppo tardi. Gabriele era già qui. E non era da solo. Lui era accompagnato da altri tre licantropi. Gabriele mi mise subito tra le sue braccia, e questo lasciò Camillo molto divertito.

I suoi occhi si dilatarono di divertimento quando vide l'interazione tra me e Gabriele. <<Oh, compagni. È da secoli che non li vedo. >> Commentò. Gabriele gli lanciò un'occhiataccia.

<<Via dal mio territorio, vampiri.>> Esigé, alzando il tono di voce.

<<Calmati, cagnotto. Stavamo per andarcene via.>>

Detto così, Camillo e gli altri si diressero verso l'altro lato del confine. Quando ci assicurammo che se ne fossero veramente andati, sospirammo. Gabriele appoggiò la testa nella mia spalla.

<<Cosa è successo?>> Che diavolo gli dirò? Odio non digli alcune cose. Detesto mentirgli.

<<Hanno sentito che ero qui. Volevano sapere il perché. Sono una vampira nel territorio dei lupi mannari. Chi non sarebbe curioso?>> Dissi, sperando di convincerlo con la mia stupida bugia. Ma sembra che stessi convincendo me stessa che lui. Non mi piaceva questa attenzione che stavo ricevendo. Sapevo che avrebbe solo portato guai.

<<Quando non ti ho vista alla festa, mi sono spaventato.>> Mi disse. Gabriele spaventato? Sbuffai. <<Cosa?>> Mi domandò, e dal suo tono di voce, sapevo che aveva un sorriso stampato in bocca. Scossi la testa sorridendo.

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Sono passati tre giorni dalla festa di Tamara. Non siamo più usciti insieme da allora. Volevo darle un po' di spazio. Io e Gabriel ci parliamo solo la sera perché era impegnato con i problemi del pacco e con gli allenamenti. Era una mattinata fredda di domenica. Guardai la neve cadere sul pavimento dalla finestra della mia stanza. Credo che farò niente, solo sdraiarmi a letto, rilassandomi. Forse ricomincerò a dipingere dato che è passato un bel po' di tempo da quando ho preso in mano un pennello. Da quando è cominciata la scuola per la precisione.

Sentendo un improvviso entusiasmo, mi alzai e mi diressi nel laboratorio d'arte il quale era davanti alla mia stanza da letto. Le pareti bianche erano ricoperte di schizzi di pittura. Maria e io abbiamo avuto una guerra di vernice qualche settima dopo che ci siamo trasferite. Il mio cavalletto di metallo era posto davanti alla finestra. Questo era la stanza più luminosa della casa.

Aprii l'armadietto il quale era pieno di vernice e pennelli. Presi gli oggetti necessari poi li appoggiai nel tavolo vicino a una tela. Trascorsi maggior parte della mia domenica a dipingere nel laboratorio d'arte. La cosa che mi piace di dipingere è che non penso. Sono sempre rilassata e senza pensieri. Non dovevo preoccuparmi di niente. La mia attenzione era solo su una cosa.

Non mi accorsi cosa stessi disegnando finché non terminai. Meglio ancora, chi stessi dipingendo. Non sapevo perché l'avessi fatto. Lo disegnai in mezzo a una valle tra le margherite. Stava sorridendo mentre salutava. Era felice come lo ricordavo. Era contenta nei miei occhi.

Sorrisi. <<Chi è quello, Vale? È bello.>> Commentò Maria mentre mi abbracciò il fianco. La presi tra le braccia, immediatamente mise la testa nel mio collo.

Questo era mio padre. Colui che mi ha cresciuta. L'uomo che mi ha amata più di qualsiasi persona.

Fummo in silenzio per pochi secondi, mirando il quadro che ho fatto di mio padre, finché non suonasse il campanello. Guardai il telefono. Erano già le nove di sera. Chi potrebbe mai venire a quest'ora? Gabriele mi disse che si allenerà tardi quindi non poteva essere lui.

<<Maria, voglio che tu vada a scegliere un film così possiamo guardarlo, okay? Vai.>> Le dissi mentre la misi giù.

Mi sorrise. <<Possiamo vedere La Sirenetta, di nuovo?!>>

Sospirai. Dovevo aspettarmelo. <<Certo, vai pure, tesoro.>> Urlò di felicità prima di correre nella sua stanza per prendere il DVD. Usando la mia velocità da vampira, scesi giù per le scale finché arrivassi di fronte alla porta. Ero talmente confusa quando sentii quell'odore famigliare. Aprendo la porta vidi la ragazza con i capelli rosa.

Lei sorrise gentilmente. <<Ciao. Sono Cassandra.>>

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V O T A
C O M M E N T A

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Vampire Mate ( IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora