CAPITOLO 2. New York, here I come.

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Do you believe in destiny? Well, I do. Anything we do, or anyone we meet, it's not a coincidence. Everything happens for a reason. When you discover what that reason is, you'll discover your reason of life.

« Tesoro, quando arrivi chiama, così noi saremo più tranquilli. So che ormai sei grande, ma per noi sarai sempre la nostra piccola Sofi » dice mia madre, che sembra si stia rivolgendo a una bambina, più che a me. Come se non bastasse mi tira a sè e mi avvolge. Anzi, stritola direi che rende meglio l'idea, considerando che mi sento mancare l'aria.
« Sì, mamma. Prometto che vi chiamerò » replico, facendo giurin giurello sulla bocca.
« Ma quando mi sarò sistemata potrete venire a trovarmi. È anche un'occasione per fare la vacanza che tu, papà, volevi fare da tanti anni » continuo, mentre includo nell'abbraccio anche l'altro mio genitore, ottenendo come risultato un effetto sandwich spiaccicato. Sulla descrizione potevi anche sforzarti un po' di più, eh.

È ora di andare. Mi stanno venendo gli occhi lucidi e so che, se non mi allontano in fretta, inizierò a piangere come una fontana come quando da bambina guardavo "Alla ricerca di Nemo". E' strano, perchè in famiglia sono sempre stata quella forte, che non versava mai una lacrima, ma ora trattenermi diventa sempre più difficile. È come se stessi perdendo il controllo mentale sulle mie ghiandole lacrimali, che è possibile sia già andato perduto, visto che mi commuovo per qualsiasi cavolo di film. Però, solo quando sono a casa mi lascio prendere dall'emozione: di solito, in pubblico odio esternare i sentimenti. Preferisco tenere tutto dentro, fino a che non sono da sola, per poi lasciarmi andare.

Mi stacco dal sandwich gigante e mi volto per andare verso il check-in desk: devo fare il controllo dei documenti e imbarcare le valigie. Non so se essere più preoccupata per la dimensione dei bagagli, o per l'imbarazzante foto presente sul mio passaporto. Sembro impossessata da un demonio, mentre la mia pelle assomiglia a quella del fantasmino Casper. Sì, proprio un bel vedere devo dire. Nemmeno i miei capelli castani, che di solito sono leggermente mossi e vaporosi, sono in grado di donare un po' di armonia a quell'immagine, in cui ho un'espressione troppo seria, che non mi si addice per niente.
« Fai buon viaggio figliola!»
E' la voce di mio padre. Mi giro indietro e li stringo ancora, ma questa volta non riesco a impedire alle lacrime di uscire dai miei occhi color nocciola, che diventano lucidi, pur mantenendo il loro sorriso naturale.

Sono davvero pronta per andare, quando un secondo richiamo mi fa fermare. « Volevi partire senza salutarci?»
Avrei riconosciuto quella voce tra mille: Paola, la mia partner in crime da quando eravamo due quartine al liceo classico. Esatto: liceo classico. Vi starete chiedendo cosa c'entrino latino e greco con le biotecnologie. Beh, niente, credo. Ma mi sono sempre piaciute le scelte particolari, quelle che sembrano incoerenti, quindi in realtà è tutto assurdamente logico. O forse la mia mente ragiona al contrario. Non ho mai capito quale sia la verità. Odio rientrare in uno schema, in qualcosa di conformazionale: per esempio, chi lo dice che studiare lingue morte non permette di lanciarsi poi in facoltà scientifiche, o viceversa?
Certo, continuare un percorso è senz'altro più logico e normale, ma prendere una strada diversa non deve essere visto come un atto di incoerenza, bensì come gesto di maturità. Abbiamo capito di aver fatto una piccola scelta sbagliata, o che non ci si addice per la vita, perciò decidiamo di rimetterci in carreggiata e cambiare direzione.

« Che ci fai tu qui?» domando stupita mentre mi guardo intorno per vedere la persona dalla cui bocca è uscito quel timbro squillante. Finalmente la scorgo, poco dietro a mia madre, insieme a Roberto ovviamente. « Anche tu? » incalzo ancora.
« Mi sembra il minimo » esclama Roberto.
Vedere i miei amici mi riporta alla mente le migliaia di cose che abbiamo vissuto in questi anni e, al pensiero di averli lontani da me, lascio andare ulteriormente le lacrime.
Oh, lo so. Sembro una bambina, anzi, una ragazzina alle prese con sbalzi ormonali e tutti i problemi legati alla prima adolescenza. Sarà che ho visto troppi film in cui questa scena si è ripetuta migliaia di volte.
Mi sono preparata a tutto, anche agli addii. Ora, però, che è il momento vero, non mi sento capace. Perchè il distacco è così dannatamente difficile? Il cuore si ribella, prende potere sul cervello e mi blocca, rendendomi incapace di contenere i sentimenti.

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