You don't know what you can find when you round a corner: left or right? Does it take us to the same point or not? Is there a difficult way and an easier one? Sure. Which one should we choose? The one that, in the end, makes us proud of our life.
Mi rigiro nel letto, sono tentata di spegnere tutto e andare a dormire, ma la speranza che mi risponda Matthew mi tiene sveglia. Spero solo che non lo visualizzi senza dare una risposta. Preferisco non vedere quella spunta blu ed illudermi che semplicemente non lo abbia letto.
È passata mezz'ora però, domani ho una ferrea tabella di marcia da seguire, non posso passare la notte in bianco, attendendo un suo messaggio. Spengo la luce, imposto la sveglia per le ore sette, appoggio il cellulare sul comodino e la testa sul cuscino. Nemmeno il tempo di chiudere gli occhi che il led azzurro del mio Samsung inizia ad accendersi a intermittenza.
<<Have you already found it? How could you do it just in five days?>> recita il messaggio che compare sul mio tenero panda che fa da sfondo per questo aggeggio tecnologico che tengo fra le mani.
<<I just listened to my heart. Home is where the heart is, isn't it?>>
<<So where's my invitation for your first party in your new house?>>
<<Keep calm boy... I said I found it, not that I'm starting living there tomorrow. Also because is completely unfurnished.>>
<<So you just wrote to me to ask an help with boxes? I'm joking, of course, I'm really happy for you.>>
<<Tomorrow's Saturday... I want to offer you something to drink to celebrate... No is not a possible answer!>> decido di lanciarmi ancora, sperando che le sensazioni che ho avuto siano corrette.
<<Let me check my diary. I'm free. I guess it'll be a great night.>>
<<No doubts.>>
Beh dai.. Forse inviare quel messaggio non è stato un così grande errore. Mi sento col cuore un po' più leggero. Conosco Matthew da pochi giorni, eppure mi sembra di conoscerlo da sempre, solo uno sguardo e ho già intuito cosa pensa e viceversa, è assurdo. Non mi era mai successo di avere una tale sintonia, chimica, con qualcuno. Neanche con Andrea mi era successo. Con lui c'era tanta attrazione fisica, lo ammetto, ma dal punto di vista intellettuale ed emozionale siamo sempre stati su due piani totalmente diversi. Forse è anche per questo che non ha funzionato.Paola me lo aveva sempre detto che non era quello giusto, ma non volevo sentirlo, semplicemente perchè sapevo che in fondo aveva ragione e ammettere di avere torto, per me era, anzi è, impossibile. Sono molto testarda ed orgogliosa, come probabilmente avrete capito già alla prima riga dopo essermi presentata.
Cacciando dalla testa il ricordo di persone che non voglio ricordare, metto il telefono sul comodino e provo a prendere sonno.
Il risveglio è dolce: il telefono suona con la solita sveglia, dall'intro morbido e delicato, la luce filtra dalle tende, illuminando la stanza e, per la prima volta da quando sono qui, mi sento riposata.
Sarà la volta buona che ho smaltito il jetlag? Forse sì, ma credo che il vero motivo sia il fatto che finalmente mi sono lasciata andare, senza pensieri.
La giornata di oggi voglio dedicarla a Ground Zero e al distretto di Wall Street, per poi concedermi alla Statue of Liberty nel pomeriggio. Ovviamente una foto mentre tocco le palle del toro, nel cuore finanziario di questa vibrante città, è assolutamente d'obbligo. Dicono che porti fortuna. Non sono molto superstiziosa e non credo molto a queste cose, ma tentar non nuoce. Devo ammettere che nell'ultimo periodo la fortuna non mi è mancata, ma non si sa mai. Il distretto finanziario della Grande Mela è l'esatta rappresentazione di ciò che emana questa città: potere, denaro, ambizione. Vedo persone, uomini soprattutto, in giacca e cravatta, con una ventiquattrore in una mano e il telefono nell'altra, che camminano svelti, senza nemmeno alzare lo sguardo, concentrato soltanto su se stessi.
Ground Zero mette i brividi, soprattutto quando il tempo atmosferico è grigio, cupo ed una leggera pioggerella scende dal cielo. Restano soltanto due enormi buchi, che oggi sono stati trasformati in fontane della memoria, dove tutt'intorno sono riportati i nomi delle vittime. Quelle immagini del telegiornale sono ancora scolpite nella mia mente. Erano le tre del pomeriggio, ora italiana, quando in televisione partì un'edizione straordinaria dei notiziari che raccontava di questo evento. Io ero a casa di mia nonna ed avevo solo sette anni, ma mi sembrava impossibile ciò che stavo ascoltando. In quell'istante tutto il mondo si è fermato. Il male aveva vinto una grande battaglia sul bene, seminando sconforto, dolore, ma soprattutto paura. Poi la giornata nuvolosa e grigia non aiuta a rendere l'atmosfera più leggera. Mi sembra quasi impossibile che i newyorkesi, che ogni giorno passano qui, non ci facciano quasi nemmeno caso.
Visto il tempo decido che la gita alla Liberty Island la rimando a domani, così mi concedo un pomeriggio di shopping in centro. Entro da H&M e inizio a ispezionare il locale, in cerca di non so nemmeno io cosa, come fossi una bambina di cinque anni dentro ad un negozio di giocattoli pieno di bambole.
Con un po' di pudore decido di trattenermi dal fare spese folli, comprando soltanto una gonna a ruota, blu elettrico, a vita alta, ed una camicetta bianca, leggermente trasparente.
Dopo vari tentativi, terminati con un buco nell'acqua, riesco a trovare un paio di scarpe con un poco di tacco, blu molto scuro.
Prima di tornare in albergo decido di fermarmi in un bar a prendere qualcosa da mangiare. Non un bar qualsiasi, torno nel locale dove lavorava quel tipo con quegli occhi meravigliosi, ma questa volta voglio almeno sapere il suo nome.
È assolutamente dall'altra parte di Manhattan, ma non mi importa. Inoltre camminare fa bene alla salute, aiuta a eliminare eventuali tossine in eccesso dal corpo.
Dopo aver preso la metro per qualche fermata e camminato per un pezzo di strada lo trovo lì, dietro al bancone, intento a preparare un caffè. Entro accomodandomi ad un tavolino, seguita dal giovane cameriere con in mano un menù. Opto per una short cake alle fragole ed un cappuccino, chiedendo anche al ragazzo il suo nome: Devin.
Rendendomi conto dell'ora, mangio rapidamente ciò che ho davanti, per poi tornare in albergo così veloce che Usain Bolt al confronto è una tartaruga.
Mi preparo con gli abiti comprati poche ore fa, un po' di ombretto, rigorosamente blu per restare in tinta e una bella giacca pesante. Siamo ad ottobre, ma il clima non è molto caldo, tutt'altro.
Matthew mi dà appuntamento alla fermata della metro della Grand Central Station.
Dopo un breve saluto decido di portarlo al bar di Devin, il barista dagli occhi verdi. Ma quando arriviamo a destinazione le sorprese non finiscono: - How do you know this place?- domanda Matthew come se fosse sorpreso.
- I came here today and I liked it. What's wrong?- domando senza capire l'espressione del mio interlocutore, felice, ma sorpresa e al tempo stesso quasi preoccupata. Non ricevo risposta alla domanda, semplicemente mi fa cenno di entrare.
- Matthew! What are you doing here?- è il cameriere, che a quanto pare conosce il mio giovane amico.
- She brought me here- afferma tranquillamente indicandomi, mentre io li guardo spaesata senza capire cosa esattamente stia succedendo. Si guardano negli occhi, quasi come fosse una sfida, in cui perde chi per primo abbassa lo sguardo. C'è tensione tra loro, è ben visibile a tutti questo, ma vorrei tanto comprenderne le ragioni.
- Sofia, this is Devin, my big brother. Devin this is Sofia, my new colleague at work- continua il moro, mentre stringo la mano al biondo di fronte a me. Non ditemi ancora che qualcuno qui crede alle coincidenze, perchè io non credo proprio.
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Hola!
Buona domenica!
Qui sta piovendo un sacco, fortuna che oggi posso starmene in casa tutto il giorno, al caldo, con un libro in mano per studiare farmacoterapia, ma questi sono dettagli!
Venerdì è il mio compleanno e non vedo l'ora che sia sabato per poter festeggiare con i miei amici! Ma soprattutto sono stracuriosa di sapere cosa mi hanno regalato... hahah
Che ne dite di questo capitolo?
Vi aspettavate questo colpo di scena?
Scrivetemelo nei commenti!
Alla prossima,
Giulia
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Tutta una questione di chimica
ChickLitSognare è importante, ci spinge oltre i nostri limiti, per realizzare la visione utopica che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si è immaginato. Sofia Verli, laureata in biotecnologie, ha ventitrè anni e un sogno: vivere a New York. E quand...