Capitolo 10

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Why the hardest answers to give are always the ones that hide the truth? Fear. The reason of that is fear. We are afraid to show to someone else, or even to ourselves, what our heart knows.

Non so come sono riuscita a trovare un posto a sedere sulla metropolitana, nonostante sia ora di punta, quella in cui tutti tornano a casa dopo una giornata di lavoro. Anche io ho appena terminato la mia giornata, la prima, ma non sto tornando a casa. Non sto nemmeno tornando in albergo. Mi sto dirigendo in agenzia, per conoscere il proprietario dell'appartamento e firmare il contratto. Di questa persona so soltanto che è una donna, ma nulla di più. Il treno si muove ad alta velocità ed intorno a me sento un vociare indistinto, proveniente dalla moltitudine di persone attaccate una all'altra, intente a parlare al telefono, o con la persona accanto a loro. Ci sono uomini tutti in giacca e cravatta, con in mano una ventiquattrore, che stanno tornando dalle loro famiglie, ragazzi persi nel loro mondo con le cuffie alle orecchie, donne che parlano al telefono che sembrano arrabbiate, felici, o in preda a una crisi isterica. Dopo pochi istanti di osservazione dell'ambiente circostante, rilassandomi sul seggiolino, mi lascio avvolgere dai miei pensieri. Non penso alla firma sul contratto che sto per porre, ma la mia mente si concentra su quanto accaduto poche ore fa, alle emozioni che mi ha suscitato e al significato che gli ho assegnato, che forse ancora non è ben definito.

Ero in laboratorio, intenta a svolgere le analisi che erano di mia competenza, quando mi resi conto, che nell'ultimo passaggio, i conti non tornavano. Così dopo un'attenta verifica, incapace di capire quale fosse l'errore, chiesi aiuto a Matthew.

- You couldn't resist without me, right?- domandò, abbassando il tono di voce, mentre continuava a fissare i miei occhi, come se volesse intrufolarvisi dentro. Mentre mi scrutava il volto, coi suoi smeraldi luminosi, accorciava la distanza fisica tra noi, avanzando verso di me. Indietreggiai, fino a che non mi trovai appoggiata con il fondo schiena al banco. Sentivo il suo fiato sul mio collo e dentro di me stava prendendo forza l'impulso di fiondarmi sulle sue labbra, ma provai a resistere. Non volevo cedere. Sarebbe stato troppo facile.

Il moro di fronte a me passò, in modo molto sottile e provocante, un dito lungo la mia schiena. Avevo i brividi, non potevo negarlo, ma non volevo cedere. Ero, anzi, sono, terribilmente attratta da lui. Il suo fisico muscoloso, quegli occhi brillanti che illuminano anche il luogo più buio e tetro ed un sorriso dolce, una curva su quel volto perfetto che scolpisce delle fossette adorabili. Le sue labbra sono carnose, di un rosa intenso, mentre un ciuffo non troppo pronunciato lo rende più giovane di quanto non sia.

Dopo aver capito che non avrei ceduto, si limitò a sussurrarmi all'orecchio con tono provocatorio - You can't run away forever. I won't let you go-, prima di prendere le distanze da me per tornare a comportarsi come un semplice collega ed aiutarmi con la mia mansione. Avevo commesso un piccolo errore nell'applicazione di una formula, ma lui mi guardò come se pensasse che lo avessi fatto apposta, solo per stare vicina a lui, nulla di più sbagliato, o forse no. La giornata da quel momento passò tranquilla. Incontrai Tiara in mensa e ne approfittai per parlare un po' con lei. Dopotutto, oltre a Matthew, è l'unica persona che conosco in questo posto.

Dopo pochi brevi convenevoli, la rossa, dopo aver ingoiato un boccone di cheeseburger mi domandò, senza peli sulla lingua:- Do you like him, don't you?-

Sapevo a chi si riferiva, ma provai a prendere tempo. - What are you talking about?-

- I don't know you well. But I'm a girl. I saw you. And I can tell that he likes you too- disse con disinvoltura, mentre la mia faccia assumeva il colore di un peperone.

Tutta una questione di chimicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora