Capitolo 32

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All's well that ends well. It would be nice, if possible. But, maybe, I've stopped thinking about ifs. Don't focus on doubts, but ask for truth, that's the only way to get to know what's going on, no matter what.

Prima di tornare in Italia mi ero ripromessa che per l'andata avrei messo in valigia poche cose, in modo da fare spazio per le scorte di cibo che mia madre avrebbe certamente cercato di farmi portare a New York. Ovviamente, però, già all'andata il mio trolley rosso, come il classico colore della Ferrari, era strapieno, nonostante le sue grandi dimensioni.
E adesso sono qui a pagarne le conseguenze, cercando di tirare fuori tutto il mio talento in Tetris, per riuscire a incastrare più o meno ogni cosa.

- Sofia, ma non li prendi i due pacchetti di paccheri?- domanda mia madre, dopo essersi affacciata alla porta della mia stanza.
- Non ci stanno, mamma. Non so veramente come potrei farli stare. Mi hai già fatto prendere troppa roba.-
La vedo alzare gli occhi al cielo e sospirare.
- Lascia fare a me, vedrai che ti faccio stare tutto. E comunque ti ho dato solo le cose per la sopravvivenza.-
- Tu chiami sopravvivenza cinque chili di pasta, tre barattoli di passata di pomodoro e due panforti?-
- Sì, amore. Tanto poi inviterai i tuoi amici, o il tuo fidanzato. Cosa gli vuoi offrire, l'ennesimo e super finto hamburger americano?-

Mia mamma nomina Matthew e subito mi si materializza davanti agli occhi la foto ricevuta la notte di capodanno, meno di quarantott'ore fa.
L'altra notte, anzi, mattina, sono andata a dormire con un mal di testa devastante, dovuto all'eccessivo alcol introdotto nel corpo, nonostante non fossi a stomaco vuoto. Riposai tranquillamente, convinta che la mia lucidità fosse già svanita, quando mi ero fermata ad osservare la foto. La guardai con più calma dopo una decina di ore di sonno, una volta recuperati i miei poveri neuroni, insieme alle sinapsi.
Aumentai lo zoom, la luminosità, l'effetto di nitidezza, sperando fino all'ultimo di aver perso qualche decimo, che mi rendesse annebbiata la vista. La verità è che ci avevo visto benissimo. Avvinghiato a quella mora con un vestito praticamente inesistente, tanto era succinto, era proprio Matthew, colui che dovrebbe, almeno in linea teorica, essere il mio ragazzo.

Cerco di mantenere il mio volto rilassato, ma evidentemente non sono molto brava a mentire o, più probabilmente, mamma mi conosce troppo bene.
- No, ma i supermercati esistono pure nella Grande Mela, sai?-
- Lo so. Ma questi sono più buoni.-
- Come vuoi, mamma- concludo con noncuranza, guardando altrove.
- Amore, che succede?-
- Niente, davvero. Tutto ok.-
- Sei sicura? Col fusto americano?-
Deglutisco forzatamente e sospiro, dando fondo a tutte le mie doti recitative. - Certo. Tutto bene. E non chiamarlo così, che mi vien da ridere.-
- Beh, è così. Comunque ti credo, ma ricordati che per qualsiasi cosa io ti posso aiutare, ok?-
- Sì, lo so. Ma stai tranquilla, non c'è nulla di cui preoccuparsi. Sono solo un po' triste di andare già via. Queste due settimane qui sono volate.-
- Puoi tornare quando vuoi.-
- Potete anche venire voi, a trovarmi.-
- Convinci papà e salgo, anche domani, sul primo volo disponibile per New York City. La valigia è pronta. Si è chiusa perfettamente.-
- Grazie. Ti voglio bene, tanto. Lo sai, vero?-domando a mamma, stringendola forte a me in un abbraccio.
- Lo so. Ma ora preparati, tra non molto dobbiamo andare, a meno che tu non voglia restare ancora qui per un po' e perdere il tuo volo.-
- Sì, certo. Mi preparo, prendo le ultime cose e scendo.-
- Ti aspettiamo di sotto- conclude quella meravigliosa donna, prima di uscire dalla mia stanza e scendere dalle scale.
Mentre indosso un comodo paio di jeans e una semplice maglia a maniche lunghe, con sopra una bella felpa pesante, conoscendo le temperature glaciali che troverò nella città di destinazione, penso alle ultime ventiquattr'ore appena trascorse.

Tutta una questione di chimicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora