One of man's biggest fears is to feel alone even in a crowded place. Is there a way to face this? Yes, there's always a solution. First of all you have to believe in yourself. Then you need to have the courage to open your heart to gain people's trust.
Ho spesso preso in giro i giapponesi che quando fanno i turisti per le città del mondo sono sempre a fare foto, nei posti più strani, assumendo le posizioni più strane. Mi devo ricredere, completamente. Fare foto permette di imprimere nella nostra mente ricordi che, altrimenti, potrebbero svanire, per quanto belli. Fotografare lo stesso palazzo da diverse prospettive permette di catturarne ogni singolo aspetto e dettaglio, che ai nostri occhi potrebbe essere sfuggito.
Vedere New York dal vivo, piuttosto che dalle foto su internet o dalla televisione, ha una magia completamente diversa. Vedo i newyorkesi muoversi per la Fifth Avenue come se fossero su una qualsiasi strada di una qualsiasi città. Forse un giorno anche io mi abituerò a questa vita, ma per ora mi calo perfettamente nel ruolo della turista e inizio a scattare foto dal finestrino del taxi.
Times Square, il MOMA, l'Hudson River e il ponte di Brooklyn, Ground Zero, la Freedom Tower. È tutto così surreale.
Terminato il "mini giro turistico" Paul, l'autista del taxi che mi sta portando dall'aeroporto all'albergo, imbocca il ponte di Brooklyn per entrare nel suddetto quartiere e raggiungere l'hotel.
- Miss Verli, this is your reservation at the hotel, this is your badge to enter in the company, and here's a list of burocratical procedures you have to solve before starting your new job- mi dice consegnandomi alcuni fogli, come se tra le mani prima avessi poca roba, contando anche le valigie.
- Ok, but may I ask you something? - chiedo prima di dimenticarmi.
- Sure, tell me - mi conferma cordialmente.
- When do I start working? -
Lui si mette a ridere. Ho detto qualcosa di sbagliato forse?
- Sorry, I didn't mean to laugh at you. Mine was an hysterical laughter, because I forgot to tell you about it, that is the most important thing. You are going to start in a week, on Monday, October 9th. And last but not least have fun- mi dice facendomi l'occhiolino per poi allontanarsi e salire nuovamente in auto.
Lo ringrazio e poi a fatica varco la soglia d'ingresso dell'hotel. Mi reco alla reception per fare il check-in e poi un fattorino gentilissimo mi aiuta con le valigie per raggiungere il terzo piano. La mia camera, la 208, è spaziosa, luminosa, pulita ed ordinata. Lascio una mancia al ragazzo e subito mi metto comoda, stendendomi sul letto. Sistemo un po' di vestiti, faccio una doccia rilassante dopo il volo e poi chiamo i miei genitori. Dopo le seimila raccomandazioni di mia mamma, che a volte mi tratta ancora come una bambina, mi cambio per uscire. Ci sono ancora a disposizione circa due ore di luce e ho intenzione di sfruttarle. Così vado a prendere la metro e dopo un cambio di linea, prendo la linea 1. Direzione: Times Square.
Esco dal sottopasso della metropolitana affollatissima e vedo davanti ai miei occhi tutti pannelli pubblicitari luminosi e giganti. È tutto enorme qui ed io mi sento come una formica, minuscola, invisibile. È assurdo quanto in una città così grande e piena di gente ci si possa sentire soli. Io in questo momento mi sento così. Non ho nessuno accanto a me e ho paura. Paura di non riuscire a trovare nessuno con cui condividere i miei sentimenti e la mia vita. Ma le sfide sono fatte per essere affrontate: anche questa volta non ho intenzione di tirarmi indietro ed alzare bandiera bianca. Ogni palazzo qui è moderno, tecnologico, enorme. Sembra che tutto sia fatto per dimostrare al mondo quanto gli Stati Uniti siano potenti. Questi edifici hanno fascino, certo, anche se non sentire il profumo del buon caffè italiano per le strade, e non sentire la storia trasudare da ogni angolo, mi fanno sentire questo luogo distante da me.
Faccio un po' di shopping e poi me ne torno in albergo, stravolta. Dopo cena, mi metto a guardare i fogli che mi ha consegnato Paul poche ore fa e decido un piano d'azione per domani.
Non credo di essere riuscita ad elaborare un plan per oggi, perchè mi sveglio e il foglio con scritto "TO DO LIST" è completamente vuoto. Mi vesto e scendo a far colazione, un bel caffè, anzi due, mi aiuteranno sicuramente. Il caffè americano è particolarmente lungo, perciò bisogna ordinare un espresso ristretto, per avere la speranza di bere qualcosa che non sembri semplicemente acqua sporca. Per completare la colazione mi concedo anche un buon donut al cioccolato e poi torno in camera.
TO DO LIST:
· Comprare un giornale con annunci di case.
· Andare in un'agenzia immobiliare.
· Cambiare gestore telefonico.
· Andare in banca per il conto.
· Fare abbonamento per la metro.
Direi che la mia giornata è piuttosto impegnativa, quindi mi metto immediatamente in marcia, se voglio avere almeno la speranza di riuscire a rispettare il programma. La mappa di New York in una mano e un frappuccino di starbucks nell'altra. Mi destreggio fra le grandi strade come fossi Jessica Pearson nella serie tv Suits, che cammina sempre a testa alta, concentrata solo sul suo obiettivo. Ok, non ho i tacchi a spillo, visto che sono una frana a camminare su quei trampoli, non sono un avvocato e tantomeno ricca quanto lei, ma volevo sentirmi così anche solo per un istante. È vero che sono contenta della mia vita, non direi mai il contrario, ma ogni tanto mi piace sognare. Che c'è di male nei sogni?
Dopotutto, se non credessi nei sogni, oggi non sarei qui.
A riportarmi alla realtà è la signora della banca. Fare il trasferimento del conto dall'Italia è complicato, ma mai avrei pensato mi avrebbero dato più fogli inutili di quanti non ne distribuissero in Italia. Fortunatamente la mia borsa è abbastanza capiente da contenere tutta questa carta, praticamente potrei definirmi l'apprendista di Mary Poppins.
Mi concedo una pausa pranzo in un bar vicino a Central Park che avevo notato stamattina. In realtà avevo notato il cameriere: due occhi verdi magnetici e un sorriso bellissimo. Avevo voglia di godermi per un attimo lo spettacolo, era un po' che non vedevo un così bel ragazzo, eccezion fatta per Matthew, il giovane ragazzo dell'aereo. Bloccata dalla timidezza non riesco a dire altro se non un timido "thank you" quando porta la mia insalata prima, e il conto poi. Me ne vado, un po' con l'amaro in bocca di non essere nemmeno riuscita a chiedergli il nome, ma sono certa che tornerò qui e glielo chiederò, anche perchè ha qualcosa di famigliare. Non so spiegare cosa di preciso, ma è come se in qualche modo lo conoscessi, pur non sapendo come questo sia possibile.
Mi rimetto in marcia andandomi ad informare su qualche appartamento. Non sono interessata ad una super villa nel centro di Manhattan, stile Upper East Side di Gossip Girl. Vorrei però qualcosa che posso personalizzare e rendere pienamente mio, in cui posso sentirmi a casa. I prezzi mi sembrano davvero eccessivi, ma è il primo tentativo. Ritenta e sarai più fortunata, mi ripeto in testa. Sono qui da poco più di ventiquattro ore, non posso pretendere chissà che cosa.
La mia giornata si conclude dopo una bella doccia. Il mio contapassi del cellulare dice che ho fatto circa venti chilometri e viste le vesciche che ho sui piedi, non fatico a credere che quel numero sia reale. Chiunque avrebbe preso la metropolitana per fare buona parte degli spostamenti che ho fatto, ma per conoscere un luogo, bisogna visitarlo con gli occhi ben aperti e con le proprie gambe, o si rischia di perdere la magia di ciò che la città ha da offrire.
Domani cercherò di prenderla un po' più comoda: andrò in azienda a ritirare il badge e a firmare qualche carta e poi una bella sosta al Museum of Modern Art, dove potrò ammirare il mio dipinto preferito: la notte stellata, di Vincent Van Gogh.
Buonanotte, mondo.
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N.A.
Buonasera amici!
Mi scuso per il ritardo, ma sono stata fuori casa tutto il giorno a fare shopping.
Eccomi qui con un nuovo capitolo! Che ne pensate?
Lasciate un commentino con le vostre opinioni, se ne avete.
Al prossimo capitolo,
Giulia
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Tutta una questione di chimica
ChickLitSognare è importante, ci spinge oltre i nostri limiti, per realizzare la visione utopica che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si è immaginato. Sofia Verli, laureata in biotecnologie, ha ventitrè anni e un sogno: vivere a New York. E quand...