Capitolo 14

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Non ci potevo credere. Continuavo a ripetermi nella testa che era tutto solo un sogno e che presto mi sarei svegliata, ma non successe nulla. Ero ancora lì ferma davanti alla porta di ingresso e vedevo tutte le persone che avevo di fronte, saranno state una settantina, tutte ci guardavano come se si aspettassero qualche cosa da noi, mi girai verso Nigel e vidi che lui aveva avuto la mia stessa reazione, stavamo sciogliendo il nostro patto e lui lo sapeva.

<<em... grazie per essere qui>> cominciò lui in difficoltà <<ora divertitevi e ballate>> continuò e sembrò che agli altri bastasse perché ripresero tutti a fare quello che stavamo facendo, c'era di beveva, chi mangiava, chi ballava. Nigel si girò verso di me, anche Ivy si stava avvicinando.

<<i-io non c'è la faccio>> mormorai guardandolo con gli occhi lucidi, mi girai verso la porta e dopo averla aperta corsi più che potevo, le lacrime mi rigavano le guance, ma non mi importava, volevo solo allontanarmi da quella festa o meglio, scappare dai ricordi.

Erano anni che non festeggiavamo il nostro compleanno non ci sembrava corretto o almeno, a me, non sembrava corretto. Ero stata io a decidere di non voler più festeggiare. Perché festeggiare il giorno della mia nascita? Era stata colpa mia se lui se ne era andato, quindi perché festeggiare un giorno simile? Quando avevo spiegato il motivo a Nigel anni prima non ne era stato molto d'accordo, non gli piaceva che io mi dessi quella colpa, ma dopo averci pensato si decise di non voler festeggiare più nemmeno lui. Avevo insistito per il contrario, lui non centrava nulla con quello che era successo, ma si sentiva comunque in dovere di farlo e disse che se Aaron non poteva festeggiare più il suo compleanno, non lo avrebbe fatto nemmeno lui, e così fu. O almeno fino a quel momento...

Senza accorgermene ero arrivata al mio albero, quello che mi aveva visto piangere più spesso dei miei genitori, per un motivo o per l'altro.

Le ginocchia mi tremavano per il freddo e venivo scossa da continui singhiozzi, avevo lasciato la mia giacca nel pub e ora stavo morendo ibernata, d'altronde era il 28 novembre e il freddo si stava intensificando mentre aspettava l'arrivo di dicembre. Mi sedetti, cercando di calmarmi, ma più cercavo di smettere, più le lacrime si facevano largo nei miei occhi, ad un certo punto sentii un rumore di foglie calpestate, mi girai per vedere chi fosse, ma non lo riconobbi, le lacrime mi offuscavano la vista, questo qualcuno si sedette accanto a me e mi offrii un fazzoletto.

<<grazie>> dissi io cercando di sembrare il più normale possibile.

<<prego>> mi rispose una voce profonda, ma non una qualunque, era la sua.

<<cosa ci fai qui?>> chiesi in malo modo, girandomi verso di lui e vedendolo finalmente <<vattene Duncan>> gli dissi.

<<non trattarmi male infondo ti ho regalato un fazzoletto>> mi rispose cercando di alleviare la tensione che si era creata. Restammo zitti per non so quanto tempo, fino quando lui si decise a parlare per primo.

<<ti senti mai come se non appartenessi a questo posto e non fossi neanche degno di stare a questo mondo>> mi chiese guardando il cielo sopra di noi, lo guardai un attimo per poi riportare lo sguardo anche io a quel meraviglioso cielo stellato.

<<tutti i giorni>> risposi sospirando, lui si girò verso di me con un'espressione stupita, come se non si aspettasse veramente una risposta.

<<davvero? E come mai? Voglio dire, tu hai una vita perfetta a quanto ne so, hai anche un fidanzato-guardia del corpo che ucciderebbe per te, hai una famiglia che ti vuole bene e hai bei voti a scuola>> mi disse. Io risi per il soprannome che aveva dato a mio fratello, finalmente avevo smesso di piangere.

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