Dopo aver pianto tutte le lacrime che avevo a disposizione, ero rimasta di fronte alla sua tomba abbracciandomi le ginocchia e con il mento poggiato su di esse. Non volevo andarmene ora che ero così vicina a lui, decisi quindi di rimanere lì ancora per un po', tanto la fame mi era passata da un pezzo.
Ero immersa nei miei ricordi quando una mano mi si poggiò sulla spalla, saltai dallo spavento e mi girai di scatto.<<scusa raggio di sole, non volevo spaventarti>> mi disse Duncan sedendosi al mio fianco. Non riuscivo a capire il motivo per il quale ovunque mi girassi me lo ritrovavo in torno.
Non gli risposi e tornai a fissare la tomba in silenzio.
<<Aaron Clark 17 Gennaio 1993. 4 Febbraio 2012>> lesse ad alta voce.
Mi girai verso di lui e mi presi qualche secondo per osservarlo. Lui si sedette al mio fianco e in silenzio si mise a fissare la tomba, mi piaceva questo suo lato, sapeva quando doveva stare zitto e rispettare i miei spazi.
Non pensavo si ricordasse di lui, mio fratello Aaron era più grande di noi quindi stava spesso per i fatti suoi, con i suoi amici. Non frequentava la nostra scuola quindi lui e Duncan non avevano legato molto, si vedevano solamente quando le nostre famiglie mangiavano o facevano qualche attività assieme.
<<posso chiederti una cosa?>> mi chiese pochi minuti dopo rompendo il silenzio.
<<l'hai appena fatto>> risposi inespressiva. Mi sentivo come se dopo tutte quelle lacrime versate, non potessi più provare nient altro.
<<come è morto?>> chiese ignorando il mio commento.
<<i miei genitori non me ne hanno mai voluto parlare e a scuola si dicevano così tante cose che non sapevo a quale credere>> disse.
Sapevo che me lo avrebbe chiesto, era solo questione di tempo. Ora l'unica domanda era: potevo aprirmi con lui? Aveva già dimostrato in precedenza di essere affidabile e anche gentile quando voleva, ma sopratutto avevo capito che forse era l'unico in grado di capirmi veramente, per quanto la mia famiglia mi stesse accanto non riuscivano a capire fino in fondo quello che provavo, ma lui non sapevo per quale ragione mi capiva perfettamente.
<<in un incidente>> comincia. Avevo la necessità di parlarne con qualcuno, dovevo raccontare tutto ad alta voce se volevo ricominciare da capo, essere felice di nuovo, come mi aveva chiesto Aaron.
<<avevo 13 anni, lui 19. Eravamo sempre stati molto uniti nonostante la grande differenza d'età, lui si prendeva cura di me e Nigel, nostro padre era sempre al lavoro: usciva la mattina presto e rientrava a casa la sera tardi. Così lui si era preso l'impegno di farci da figura paterna. Mi ha insegnato ad andare in bicicletta e a suonare la chitarra, suonare e cantare erano la sua passione, ma la cosa che più gli riusciva era giocare a basket. Per tutti lui era il ragazzo prodigio, non sbagliava mai un canestro, era un ottimo capitano e sapeva fare gioco di squadra, mi ricordo che mio padre era così fiero di lui... si poteva dire che lui era il suo preferito tra noi figli, quei pochi momenti in cui era a casa li passava ad allenarlo per farlo migliorare sempre di più, il suo sogno era di farlo entrare in una squadra di serie A. Per questo è rimasto distrutto dalla sua morte. Sulla lapide c'è scritto quattro Febbraio, ma in realtà l'incidente è accaduto il trenta Gennaio. Me lo ricordo come se fosse successo qualche giorno fa, e fa anche male come se fosse successo qualche giorno fa...>> presi un respiro profondo prima di continuare <<era andato ad una delle solite feste a cui partecipava spesso assieme a Cassandra, la sua fidanzata, quella sera gli avevo fatto promettere che sarebbe tornato a casa presto, la mattina dopo io avrei avuto il mio saggio di chitarra e volevo assolutamente che lui ci fosse. Comunque, dopo che lui uscii rimasi sveglia ad aspettarlo, dopo un ora e mezza mi posizionai alla finestra per poterlo vedere quando avrebbe fatto la curva per entrare nella nostra via, dopo un'altra mezz'ora finalmente lo vidi svoltare e molto silenziosamente sgattaiolai fuori casa per andare ad accoglierlo alla porta, mi posizionai sulla strada per vederlo arrivare, tanto era tardi quindi era deserta, quando arrivò di fronte a casa, parcheggiò la moto in garage mentre io lo aspettavo in mezzo alla strada convinta che tanto a quell'ora non ci fosse nessuno per strada, che stupida sono stata! Appena dopo casa nostra c'era un'altra curva, solo che dall'altra parte non si poteva vedere bene il nostro angolo, un suv in quel momento svolto a tutta velocità, io feci solo in tempo a vedere dei fari abbaglianti e sentire un clacson fischiare assieme ad un urlo, poi pochi secondi dopo ero con il sedere sull'erba bagnata del giardino di casa, ma di mio fratello non c'era traccia. Lo vidi subito dopo in mezzo alla strada, sdraiato sull'asfalto bagnato ancora della pioggia di quel pomeriggio, il conducente della macchina, spaventato, era sgommato via senza neanche assicurarsi che Aaron fosse vivo, mi ricordo solo un piccolo dettaglio della macchina che poi dissi anche alla polizia, aveva il paraurti posteriore in stile militare.
Non appena capii quello che era successo mi precipitai da lui implorandolo di tenere gli occhi aperti, intanto i miei genitori e mio fratello erano usciti di casa per capire cosa era stato quel chiasso. Mi ricordo ancora lo sguardo di papà quando vide suo figlio adorato steso su una sudicia strada in fin di vita, si era subito precipitato in casa per chiamare un'ambulanza, mia madre invece si era avvicinata a me per tirarmi via da sopra il corpo moribondo di mio fratello, non mi dimenticherò mai quella scena.
Arrivato in ospedale riuscirono a operarlo in fretta per farlo stabilizzare, aveva tutto distrutto: la milza, il fegato, alcune costole... la macchina lo aveva preso in pieno. Si era svegliato due giorni dopo, era ancora debole e non riusciva a mangiare, solo parlare piano, miei parenti si davano il cambio affinché qualcuno restasse sempre con lui. Poi alla fine, dopo l'ennesima operazione quella settimana, il suo cuore non aveva retto e aveva smesso di battere. Prima di entrare in sala operatoria però, aveva dettato a mio nonno una lettera per me che gli consegnò per darmela in caso non ce l'avesse fatta>> gli dissi sventolando il pezzo di carta che avevo ancora in mano <<così è morto. Per salvare la mia vita, lui ha perso la sua>> sorprendentemente non avevo versato neanche una lacrima mentre raccontavo tutto questo a Duncan e lui era rimasto ad osservarmi in silenzio, senza fiatare.<<dovevo morire io al posto suo, lui era decisamente migliore di me, avrebbe potuto cambiare il mondo>> dissi.
<<non dire stronzate! Anche te sei speciale come lo era lui, solo che non te ne accorgi>> disse guardandomi come per rimproverarmi.
<< Ti ho sempre paragonata ad un raggio di sole quanto questo è coperto dalle nuvole. Tu sei come l'unico raggio che riesce a sfuggire da quella nebbia grigia per riflettersi sulle cose ed illuminarle. Ogni volta che ti guardo vedo come, dopo tutto quello che hai passato, in parte anche a causa mia, il sorriso non ti è mai sparito dalle labbra e mi chiedo come tu faccia, perchè la tua felicità e tranquillità la trasmetti anche a chi ti sta intorno. Guarda me ad esempio, sono uno stronzo di merda eppure te sei riuscita a perdonarmi e a darmi una seconda possibilità. Mi hai dato fiducia e me la stai dando tutt'ora, cosa per cui ti sarò sempre grato, perchè in un certo senso è come se tu credessi in me e questo mi sta facendo venir voglia di essere una persona migliore, grazie a te >> Lo guardai in silenzio, mentre nella mia tesa stavo elaborando tutto quello che mi aveva detto. Lui vedendo che non parlavo continuò.
<<Quando ti ho dato quelle margherite, vedendo che con quel semplice gesto ti avevo fatta sorridere, mi hai fatto sentire bene come non stavo da tempo, perchè per una volta avevo combinato qualcosa di buono. Sei davvero una persona speciale Melinda e fai sentire anche a me così quando mi permetti di entrare nel tuo mondo>>
Le sue parole mi avevano fatto prendere coscienza di una cosa a cui non ero mai arrivata. Il mio peggior nemico non era lui o la morte, ma ero io impedendomi di essere felice a pieno.
Lo guardai come se mi avesse appena fatto chissà quale dichiarazione e da come Duncan ricambiò il mio sguardo facendomi tornare e farfalle nello stomaco, capii che ero fregata. Quello che provavo per lui non era soltanto affetto, io ne ero innamorata.
Senza pensarci ulteriormente mi avvicinai e lo baciai, fu come tornare a respirare. Lui dapprima sorpreso da questo mio gesto inaspettato, si riprese pochi secondi dopo e ricambiò il mio bacio con tenerezza e trasporto, non potei fare a meno di sciogliermi a quel contatto così desiderato, mi avvicinai ulteriormente mettendogli una mano sul petto dove sentii che i battiti del suo cuore andavano alla stessa velocità del mio. Mi mise un braccio attorno alla vita mentre con l'altra mano mi stava accarezzando la guancia, se non lo avessi provato avrei detto che Duncan Foster non avrebbe saputo rendere un bacio talmente dolce da farti tremare il cuore. Ci stavamo dicendo tutto, senza dire niente, ci stavamo confessando quanto avessimo bisogno l'uno dell'altra per restare a galla e quella fu la prima volta in cui credetti nell'amore, quello vero.
Ci staccammo ormai senza fiato, appoggiai la fronte sulla sua mentre una lieve risata mi lasciava le labbra.
<<ci siamo appena baciati di fronte a tuo fratello?>> chiese divertito girandosi a guardare la lapide.
<<eh già, se ci fosse stato probabilmente ti avrebbe preso a bastonate>> risposi facendo riferimento al contenuto della lettera. Mi guardò sbarrando gli occhi, cosa che mi fece scoppiare a ridere.
<<non ridere. Ho appena baciato la sua innocente sorellina di fronte a lui, potrebbe benissimo mandare un fulmine a colpirmi da lassù>> gli sorrisi perchè per una volta stavo pensando ad Aaron con felicità, senza dolore e tutto questo era grazie al ragazzo che avevo di fronte.
Mi riaccomodai tra le sue braccia mentre tornavo a guardare la lapide di fronte a me con un sorriso stampato in faccia e nella mia mente gli promisi che da quel momento sarei stata felice, anche per lui.
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- io niente, ma solitamente mi vestivo da vampira...😈Baci baci Alice💋
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Sunshine
Storie d'amoreCOMPLETATA Melinda Clark sta tornando nella sua amata Seattle dopo quattro anni di separazione, non era mai stata una ragazza che vedeva di buon occhio i cambiamenti, ma nella sua vita ce ne erano stati così tanti e dolorosi che quella pausa le era...