La mattina seguente a casa erano rimaste solo Arielle e Brook. Il resto dei componenti delle due famiglie erano andati a fare un giro per la città.
Il trillo del campanello le fece svegliare entrambe, Arielle si coprì la testa con il cuscino, Brook sbuffò alzando gli occhi al cielo e correndo assonnata giù per le scale.
"Arrivo!" Si portò una mano fra i capelli sistemandoli al meglio, le palpebre le cadevano dal sonno.Quando aprì la porta trovò davanti a sé il ragazzo che fino ad adesso aveva tentato di evitare
"Riccardo" disse, mordicchiandosi le labbra e accarezzandosi il braccio.
"Possiamo parlare? Ti ho cercato in tutti i modi, non fai che ignorarmi"
"Non ho avuto la testa di parlare in questi giorni" sibilò. Intanto si spostò facendolo entrare. Lui chiuse la porta alle sue spalle.
"Mi dispiace. Mi dispiace tanto, non avrei mai dovuto avere quella reazione"
"No. Infatti non avresti dovuto" disse, andando in cucina per prepararsi un caffè. Si legò distrattamente i capelli in uno chignon voluminoso.
"È che..vedevo che tu cercavi di sviarlo, di non rivolgergli la parola e-"
"Era una questione fra me e lui" piantò le iridi nere nelle sue "tu non c'entravi nulla" Riccardo strinse la mascella. Lei bevve un sorso di caffè, abbassando lo sguardo.
"Sto male senza di te, Brook" cercò i suoi occhi senza trovarli "non faccio che pensarti" disse piano sollevandole il viso con due dita sotto il mento. Lei lo guardò per alcuni secondi.
"Rick.." lui le prese delicatamente il viso, avvicinandosi a lei, che lo spinse via piano, abbassando la testa "N-No Riccardo..io non-" scosse la testa, si allontanò.
"Tu cosa?" Brook si mordicchiò le labbra "cosa non mi stai dicendo?" Lei chiuse gli occhi, portandosi le mani nei capelli. "perché continui a respingermi?"
"È complicato Riccardo" lui strinse la mascella e le strappò la tazza di caffè dalle mani, posandola poco delicatamente sul bancone della cucina "ma sei impazzito?" Alzò lei la voce, colta di sorpresa da quel movimento brusco.
"Devi guardarmi e dirmi cosa è successo" Brook lo guardò negli occhi ed il suo viso si rilassò, cambiando espressione. Capì che era il momento di affrontare la realtà.
"Non è colpa tua"
"Cosa?" Brook si morse le labbra "di che parli?!" Richiese avvicinandosi a lei, alzando nuovamente il tono.
"Io non ti amo! Non sono mai riuscita a farlo!" si morse le labbra, le sue sopracciglia erano corrugate per l'esasperazione.Era ciò che si era sempre tenuta dentro e che non aveva mai avuto il coraggio di confessare .
"Ci ho provato, ho tentato con tutta me stessa. C'è qualcosa qui" si toccò il petto "dentro di me, che non si accende, Riccardo. E tu meriti qualcuno che ti sappia amare come tu ami..quella persona non sono io" lui non rispose. Rimase a guardarla per minuti che le parvero ore, poi abbassò la testa passandosi la lingua fra le labbra. Brook si stava torturando le labbra ormai gonfie. Riccardo posò due dita sul bancone, tamburellando con movimenti cadenzati. Poi si voltò, ed andò verso l'ingresso. "Riccardo.."
"Cosa, Brook?" A quel punto fu lui a scoppiare. Urlò quelle due parole con tutto il fiato che aveva in corpo, le vene sul suo collo divennero più evidenti che mai, Brook indietreggiò istintivamente "cosa vuoi che ti dica, adesso?!" Lei non rispose, abbassò la testa "cazzo Brook sei stata il mio primo amore!" Lei sentì gli occhi bruciare. Vederlo in quello stato le spezzò il cuore "hai lasciato che mi innamorassi di te sempre di più, sempre più intensamente. E Dio, Brook, io non riesco a non amarti, a non pensare a te!" Le disse avvicinandosi a lei, con gli occhi color mogano, lucidi per la profonda delusione e rabbia piantati nei suoi, neri come la pece. Mantennero quello sguardo finché Brook non riuscì più a reggerlo "e farò di tutto per averti" aggiunse, alzando un ultima volta gli occhi in quelli di Brook, prima di aprire la porta e richiuderla alle sue spalle, sbattendola a tal punto da far vibrare le finestre.Arielle, che era rimasta impietrita sulle scale, scese gli ultimi gradini che la separavano da Brook, e la spinse fra le sue braccia vedendola lì, immobile.
Niall quel giorno aveva la giornata libera ma passò comunque dal bar, per controllare dei documenti che lo riguardavano.
Insieme a lui c'era solo un altro ragazzo che aveva aperto il bar, ma che ora era già al bancone pronto ad accogliere i clienti.Mentre Niall cercava la sua cartella nell'ufficio, il telefono prese a squillare.
Si girò a guardarlo e sospirò, alzando la cornetta.
"Pronto?" Dall'altro capo del telefono non rispose nessuno "chi parla?" Continuò, cercando intanto con lo sguardo se magari per sbaglio avesse staccato qualche filo.
Ancora niente.
Così staccò l'apparecchio dell'orecchio e lo guardò per qualche istante, per poi chiudere la chiamata.Fu questione di minuti perché il telefono ricominciasse a squillare.
"Chi è?" La chiamata venne subito interrotta, stavolta da colui che l'aveva inoltrata.
Niall si guardò intorno, mordendosi le labbra, decidendo di lasciar perdere.
Per il resto del tempo in cui rimase nell'ufficio non accadde più nulla e lui, almeno durante la mattinata, non ci pensò più.N.A.
Salve! Come avrete potuto notare è un capitolo di passaggio, cosa credete che intedesse Riccardo con quell'ultima frase?🤗Intanto spero che vi piaccia(scusate se è più corto rispetto agli altri, mi rifarò nel prossimo😌),
Maria💞
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Inverno (SOSPESA)
RomanceNiall Lewis è l'ultima persona che ci si aspetterebbe di incontrare ed ha molte cose in comune con l'inverno: il suo corpo bianco come la neve, ed il suo essere interiore freddo e sfuggente. Per questo la sua città ideale è Londra, nonos...