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Si era ormai fatto quasi buio pesto quando raggiunsi la mia bici nel parcheggio scolastico e finalmente mi diressi verso casa.

Non c'erano molti lampioni per strada, ma fortunatamente grazie ai fanali della bicicletta non rischiai di finire fuori strada e, di conseguenza, cadere lungo lo stesso strapiombo dal quale qualche mese prima era caduta Junko, finendo in spiaggia e incontrando quei pescatori.
Ma ripensandoci quella volta lei è stata davvero fortunata considerando che di solito il basso muretto che delimita la strada principale, quella che percorriamo sempre per andare e tornare da scuola, si affaccia direttamente sul mare. Di spiaggia ce n'è davvero poca.

Ma ad ogni modo, mentre la mia mente si era come distaccata dalla realtà, mettendosi a riflettere su questi particolari e osservazioni di poco conto, per un istante, ma lo vidi solo con la coda dell'occhio, mi parve come di vedere una figura bianca dirigersi verso il bosco, seguendo uno dei sentieri secondari.

Immediatamente frenai, rischiando a dirla tutta perfino di venire sbalzata in avanti. Quindi, quasi senza pensarci, rivoltai il manubrio di centottanta gradi e tornai indietro, stavolta però pedalando più lentamente.
Lo sguardo puntato alla mia sinistra, dove, tra case, lampioni e piccoli cortili, avevo intravisto quel sentiero e quella figura completamente bianca.

Alla fine trovai il sentiero, ma era deserto.

Per un istante pensai semplicemente di girare ancora una volta il manubrio della bici e tornare indietro, finalmente a casa. Poi però mi tornarono in mente tutta l'impazienza e l'attesa di quel giorno e la delusione di quando in classe avevo trovato solo la presidentessa del club...
E così semplicemente lasciai la bici contro un lampione, senza neanche ricordarmi di doverla legare con la catena che avevo nello zaino, e mi diressi lungo il sentiero.
Il cellulare usato a mo' di torcia.

Probabilmente se Junko avesse mai scoperto cosa avessi fatto, mi avrebbe detto qualcosa del tipo:
"sai, saresti proprio perfetta in un film horror come il primo personaggio che appare sullo schermo. A proposito, sai qual è? No?
Allora te lo dico io: si tratta dello scemo di turno. Quello di cui non si sa mai niente, ma che quasi ogni volta si vede morire nei primi istanti del film, per dare l'incipit alla storia".

Oppure mi avrebbe detto semplicemente che sono sono una scema... Più probabile in effetti...

Ma la realtà è che non ebbi mai modo di incamminarmi chissà quanto lungo quel sentiero.
Infatti, solo un minuto dopo che ebbi iniziato a percorrerlo, sentii una voce alle mie spalle.

- È raro incontrare gente da queste parti. -

Sussultai nel sentirmi rivolgere la parola così di punto in bianco e per un istante quasi pensai di continuare a camminare facendo finta di nulla, quasi avessi paura di vedere la persona che aveva appena parlato e, di conseguenza, di vedere così confermati i miei timori.

- Sei in visita? -

Domandò allora quella voce nel notare che io non mi decidevo a parlare.

Era una voce femminile, sicuramente appartenente ad una ragazza più che ad una donna o ad una bambina.
Il tono era gentile, pacato, quasi delicato, affatto scontroso come sarebbe dovuto invece essere quello di una persona che aveva scoperto, o anche solo intuito, di stare venendo pedinata.

- C'è qualcosa che non va? Non ti senti bene per caso? -

E così, rendendomi conto di quanto la mia paura fosse ridicola e soprattutto irrazionale, mi decisi finalmente a voltarmi verso questo fantomatico "fantasma", intenzionata a rispondere una volta per tutte. Ovviamente però senza dirle che la stavo seguendo. Magari sarei riuscita ad inventarmi sul momento una scusa sul perché mi trovassi lì...

Peccato solo che le parole mi morirono in gola nell'istante stesso in cui mi ritrovai faccia a faccia con lei.
Con il "fantasma".

- Che succede? - Domandò la ragazza inclinando leggermente il capo verso destra e osservandomi incuriosita e al tempo stesso quasi preoccupata con quei suoi occhioni color ghiaccio, l'iride così chiara da distinguersi a malapena dalla sclera. - Sai, forse è meglio se ti siedi per un momento. Sembra quasi che tu stia per perdere i sensi. -

Ma io scossi leggermente il capo, ancora incredula che quella ragazza fosse davvero davanti a me e che mi stesse parlando.
Non c'erano dubbi, era proprio lei.

Il viso dalla pelle diafana, così privo di imperfezioni da parere quasi di porcellana. Le labbra sottili, leggermente dischiuse, come se stesse cercando le parole giuste per continuare quella sorta di conversazione a senso unico. Le ciglia lunghe e chiare, dello stesso biondo platino dei suoi capelli, così lunghi da arrivarle fin sotto la vita. La divisa color ocra, leggermente rovinata sui bordi, ma alla fin fine così in buono stato che non sembrava proprio avesse come minimo una decina d'anni. La borsa a tracolla color nero pece, sulla quale era stato ricamato in caratteri arrotondati ed eleganti il nome "Carrie", o meglio, "Carrie H."
Chissà per cosa stava quella H...

- Carrie Hinchinghooke. -

- ...Eh? -

- Allora sai parlare. - Sorrise lei di fronte alla mia espressione allibita. - Ho notato che stavi osservando la mia borsa e così ho pensato che forse ti stessi chiedendo il significato di quella "H.". È il mio cognome: Hinchinghooke. -

- Come, scusa? -

- Hin-chin-ghooke. -

Ripetè Carrie per la terza volta, facendo attenzione a scandire per bene ogni singola sillaba.

- Ah, capito... - Mormorai. In realtà dovetti reprimere l'impulso di chiederle se non potesse ripetermelo un'altra volta ancora. - Io sono Midori Muragawa. -

- Piacere. -

Sorrise allora Carrie porgendomi la mano.

Con fare leggermente esitante, io allungai la mia, ricambiando la stretta.

Era gelida.

Ghost Rule //Yuri//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora