24. La venerabile zia

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"Fallon non aveva mai sentito parlare del cannibalismo e sapere che esistevano creature che mangiavano i propri simili lo sconvolse e lo ripugnò. Era una cosa orribile.

Mangiare qualcuno della tua stessa specie, credeva, era un po' come mangiare un pezzo di sé stessi. Sbagliato.

Una nausea sottile si impadronì del ragazzo.

La zia se ne accorse immediatamente e gli accarezzò una guancia con le punte delle sue dita

«Fallon» gli disse «Non devi averne paura»

«Io... io penso che i licantropi debbano essere uccisi»

«No. Ti ho già spiegato il perchè»

«Ma è disgustoso. Mangiare i propri simili!»

«Lo fanno anche alcuni esseri umani» gli rivelò la zia, ma quando lo vide impallidire ancora di più disse «Ma non devi preoccuparti, non è una cosa che accade spesso. Anzi, è una cosa estremamente rara, solo pochissimi esseri umani lo fanno e lo fanno solo se sono costretti. Ma è uno dei tabù»

«Tabù? Intendi le cose che non vanno mai e poi mai fatte?»

«Si»

«Non mi avete mai detto quali sono tutti... tutti i tabù»

«Sono molti. Alcuni valgono solo per gli esseri umani, altri valgono per tutte le creature e altri ancora solo per i licantropi»

«Per i licantropi non è tabù mangiare gli umani?»

«Non per tutte le tribù» la zia sollevò un dito «Ci sono licantropi amici degli uomini. E poi ci sono i licantropi rinnegati dalla loro stessa comunità. Sono banditi, cacciati, e non hanno nessuna regola, ma le bestie sul loro cammino si rivoltano contro di loro e anche i loro simili gli danno la caccia. Quelli si, quelli sono i licantropi che devono essere soppressi»

«E quello che ho visto nel bosco... era un licantropo che aveva infranto i tabù?»

«Non lo so, Fallon, non possiamo sapere tutto. Ma alcune delle mie sorelle sono già sulle orme dell'uomo-lupo e parleranno con lui»

«Si può parlare con gli uomini-lupo?»

«Sono più simili a noi di quanto credi. Sono molto, molto umani. Ma adesso va! Va a giocare, giovane Cacciatore, e prima ancora che tu possa ripensarci vedrai che ogni problema sarà già risolto».

Fallon annuì, sapendo che quella conversazione non avrebbe potuto continuare oltre se la zia non lo avesse desiderato e corse via, verso la propria casa.

Passarono sei giorni e sei notti. Il cespuglio di rose color sangue piantato di lato alla porta della casa di Fallon fiorì. Era plenilunio.

La settima notte, mentre il ragazzo dormiva, qualcosa si affacciò alla finestra e lo guardò. Il suo sguardo fisso, il suo respiro forte, svegliò il ragazzo, che aveva sensi fini da cacciatore ed era come richiamato da un animale che stava fermò troppo a lungo. Quando aprì gli occhi, Fallon vide il licantropo fuori dalla finestra, che lo guardava con intensità e con due grandi occhi che, più che rossi, gli parvero di un colore simile all'oro, sfumato in un arancio leggero. I raggi della luna illuminavano il suo dorso possente, il suo collo, facendolo sembrare innevato.

Era ingrassato, aveva un petto pieno e forte, con muscoli rotondi, e la carne sulle guance era più abbondante. Fallon rabbrividì appena pensando che quel grasso avrebbe potuto provenire da banchetti di carne umana.

L'Uomo dei cimiteri - Parte 1: il bambinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora