Capitolo 12 - Interrogatorio

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- Come hai fatto a capire che era lui la spia? - chiesi al mio partner mentre tornavamo in centrale. -
- Semplice - mi rispose lui - forse non te ne sarai accorto, ma dal nostro primo incontro l’agente Gregson non ha fatto altro che pedinarci, dove andavamo noi veniva anche lui, pronto ad ascoltare le nostre conversazioni. Me ne accorsi quasi subito, ma feci finta di niente per evitare che si insospettisse. Una volta accertatomi che non sospettasse niente decisi di attirarlo in trappola per coglierlo con le mani nel sacco. Inscenai questa farsa del trasporto di un detenuto chiedendo l’ausilio volontario di alcuni agenti. Sapevo che si sarebbe offerto, anche perché chi farebbe una cosa simile poco prima della fine del proprio turno senza essere obbligato. Richiesi anche l’utilizzo delle divise pesanti per non farmi riconoscere, quindi mi mescolai con gli altri agenti e salii sul furgone blindato. Dopo esserci messi in movimento svelai la mia vera identità e chiesi di perquisire il nostro amico. Guarda un po’cosa ho trovato. - mi mostrò una fialetta con all’interno un liquido trasparente - Non so cosa sia, ma credo che una volta data a Francis lo capiremo. Quando torneremo al dipartimento dovrò scambiare alcune chiacchiere con la nostra spia. -

- Glielo chiedo per l’ultima volta, ha avuto contatti con K? - Erano passate più di due ore dal nostro rientro, la centrale si era quasi del tutto svuotata. Pillow aveva interrogato il poliziotto per tutto il tempo, ma lui non aveva proferito parola.
Jurgen Urbanov, questo era il suo vero nome. Ex agente del KGB nella Repubblica Democratica Tedesca, era emigrato negli Stati Uniti dopo la dissoluzione di quest’ultima. Da allora aveva fatto del suo vecchio lavoro una vera professione, pedinando le persone a pagamento.
Dietro il vetro specchiato potevo osservare il suo volto rilassato; probabilmente era abituato ad interrogatori ben peggiori e Pillow non lo spaventava nemmeno.
La porta dietro di me si aprì. Mi girai e vidi l’investigatore privato Sean Yarnez, accompagnato da una donna.
- Buonasera Yarnez, è un piacere vederla. Cosa ci fa qui? -
- Piacere mio, detective. Sono stato chiamato d’urgenza dal suo partner e mi sono precipitato al dipartimento. Si può sapere che cosa sta succedendo? -
Gli spiegai in breve quello che era successo.
- Mi scusi, lei sarebbe? - feci ad un certo punto all’accompagnatrice dell’investigatore.
- Ilary Graham, collaboro con il signor Yarnez. - mi rispose lei, sorridendo. Era una donna davvero affascinante. I suoi capelli biondi le cadevano sulle spalle, incorniciandone il viso dai lineamenti dolci e raffinati.
- Abbiamo a che fare con un agente del KGB quindi - disse Yarnez - questi tizi sono abituati a mantenere il silenzio anche a costo di morire, dubito che dirà qualcosa. -
- K non è stupido. - cominciò con tono piatto Urbanov dall’altra parte del vetro non appena l’investigatore finì di parlare.
- Come non detto. - si corresse Yarnez.
- Al prezzo di un pagamento doppio non si è mai fatto vedere in faccia da me e ogni volta che mi contattava utilizzava un distorsore vocale, per far sì che non scoprissi la sua vera identità. -
- Come si metteva in contatto con K? - domandò Pillow
- Questo non posso dirglielo. -
- Cosa le chiedeva quando la contattava? -
- Quello che i miei clienti mi chiedono di solito: scoprire informazioni sulla gente; però a differenza degli altri mi ha commissionato un lavoro piuttosto complicato: fingersi poliziotto per pedinare due detective. Inizialmente ero restio ad accettarlo, ma dopo aver sentito la cifra che mi offriva non potei farne a meno. -
- Dall’analisi del liquido presente nella fialetta trovata in suo possesso è emerso che consisteva in cianuro modificato chimicamente affinché i suoi effetti fossero  prolungati nel tempo. È stato K a fornirglielo? -
- Ovvio, non sono mica un chimico. -
- Come lo ha ricevuto? -
- Mi è stato recapitato un pacco qualche giorno dopo la mia assunzione. In esso vi trovai tre di quelle fialette insieme ad un biglietto con su scritto “usale bene”. -
- Molto bene. Lei, signor Urbanov, verrà portato al Penitenziario Statale di New York, anche se stavolta come prigioniero. Lì attenderà per il processo. Vuole aggiungere qualcos’altro? -
- Stia molto attento d’ora in poi detective - disse l’uomo fissando Pillow negli occhi con un sorriso beffardo stampato in faccia - in tutti questi anni ho imparato a riconoscere le emozioni che provano le persone semplicemente ascoltandone la voce, non importa quanto questa possa essere distorta. Ogni volta che K faceva il suo nome la sua voce tremava distintamente, come se coltivasse sentimenti forti nei suoi confronti, ma non di puro odio - si avvicinò al tavolo con la sedia - K non la considera una semplice minaccia, detective, bensì un vero rivale. Impiegherà tutta la sua intelligenza per ucciderla e non si fermerà fin quando non ce l’avrà fatta, anche a costo di essere lui stesso a finirla. -
Detto ciò Urbanov venne portato via. Il mio partner invece venne nella stanza accanto.
- E così K mi considera un rivale; vorrà dire che da domani mi farò scortare. - disse con ironia.
- Io non ci scherzerei troppo - replicai severo - K è un criminale pericolosissimo, è sempre un passo avanti e noi invece per quanto ci sforziamo non riusciamo a scoprire sul suo conto. -
- Per questo ho chiamato Sean e la signorina Graham, Percivals. -
- N- noi? Che centriamo noi? - chiese Yarnez confuso.
-  Vorrei che voi entraste a far parte della squadra per darci una mano. -

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