Capitolo 14 - Pausa

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- Non possiamo permettere che dei semplici cittadini muoiano per mano di K! - esordì il capitano Becker dopo aver ascoltato la registrazione - Interromperemo seduta stante le indagini, e tra tre giorni lo annunceremo in diretta nazionale, come richiesto. Per quanto riguarda voi due, vi verrà al più presto affidato un altro caso; mi dispiace. -

- Quindi K ha vinto. - ammisi sconfortato.

- La veda come vuole detective Percivals, non riuscirà a cambiare le cose; come capitano devo mettere al primo posto la sicurezza dei civili. Potete andare. -

Uscimmo dal suo ufficio e informammo Yarnez e Graham delle decisioni prese dal capitano.

- E così quel maledetto ci ha battuto. - disse l'investigatore.

- Così pare. - ammise Pillow - Vi accompagno all'uscita. - Il mio partner, Yarnez e la sua collaboratrice si allontanarono, io invece rimasi lì, rimuginando su quello che era successo.

- A cosa stai pensando? - mi chiese Pillow dopo essere tornato.

- A un modo per evitare tutto ciò. Non possiamo fare proprio niente per fermarlo? -

- Temo di no. -

- Lo sai Pillow, ti facevo più combattivo; credevo che portassi sempre a termine i casi che ti venivano affidati. -

- la vita di milioni di persone vale più di un solo uomo. E poi non ho mai detto che ho intenzione di abbandonare il caso. -

- Ah sì? E che intendi fare allora? -

- Preferirei non dirti altro per il momento. Perché non ti prendi invece una giornata libera; lavori qui da poco più di un mese e sei stato subito catapultato in questa storia, credo che una pausa non ti farebbe male. Forse non sono la persona più adatta per chiedertelo, ma vorrei che ti fidassi di me per questa volta. -

Non osavo immaginare quale fosse il secondo fine del suo atto di altruismo, fatto sta che aveva dannatamente ragione: il lavoro mi aveva stremato sia dal punto di vista fisico che da quello mentale. Accettai quindi la sua proposta e mi presi il giorno.

Camminando per i corridoi incontrai Mac Phil e Reeves. Mi chiesero come andava con il caso K ed io gli aggiornai a riguardo.

- Sta bluffando, vero? - fece Mac Phil - Non può uccidere così tante persone; voglio dire, non siamo mica in Game of Thrones. -

- Fossi in te lo prenderei seriamente Vincent - gli rispose Reeves - se riesce ad uccidere criminali del calibro di signori della droga e gangster mafiosi non avrà di certo problemi a fare lo stesso con semplici civili. -

- E come si può permettere ad un malvivente così pericoloso di andare in giro a fare il giustiziere uccidendo chi gli pare e piace?! -

- K non uccide chi gli pare e piace, ha degli obiettivi ben precisi.  Non avete mai notato che da quando c'è lui il livello di criminalità è precipitato fino ai minimi storici? Dove la microcriminalità prima imperversava ora non si vede neanche uno spacciatore, i quartieri più malfamati sono diventati luoghi sicuri e la gente che vi abita non ha più paura di uscire di casa. -

- Questo è il tipico ragionamento di un sostenitore di K! - esclamai infastidito.

- Io sto solo esponendo dei dati - si difese Reeves - è ovvio che non approvo il suo operato, ma bisogna anche riconoscere che ha saputo tener fede ai suoi ideali, il che non è da tutti; spesso la gente tende ad impazzire quando si inebria di potere e tende ad usarlo per i propri interessi, lui invece ha perseguito il suo scopo e alla fine ha ottenuto ciò che voleva, anche se in maniera machiavellica. -

- Appunto Peter, in maniera machiavellica - replicò Mac Phil - non sempre il fine giustifica i mezzi, e K ne è la prova; se tutti la pensassero come lui il mondo sarebbe già da un pezzo nel caos più totale. - guardò l'orologio - Oh Cielo! Siamo in ritardo Peter, muoviamoci. - mi fecero entrambi un cenno di saluto e sparirono.

Mi avviai verso l'uscita con l'umore ancora più nero di prima, quando vidi un'altra figura a me familiare; aguzzai lo sguardo e riconobbi Catherine, l'agente della DEA. Era seduta ad un tavolo e scriveva su dei fogli.

- Buongiorno Catherine. - la salutai. Nessuna risposta.

- Ah, gli auricolari... - sbuffai e le toccai la spalla destra, facendola sobbalzare.

- Dio santo! Mi ha quasi fatto prendere un colpo detective. -

- Mi scusi tanto Catherine, non era mia intenzione spaventarla. -

- No, è colpa mia; dovrei smetterla di ascoltare la musica mentre lavoro, o finirò col rimanerci. - si mise a ridere.

- Cosa sono quei documenti? - domandai indicando le carte.

- Oh, queste? Sono delle semplici pratiche, l'inferno di ogni dipendente sulla faccia della Terra. -

- Interessante. - dissi con ironia non riuscendo a trattenere un sorriso - Senta, dopo aver passato l'inferno ha altro da fare? -

- Non credo, perché? -

- Le andrebbe di prendersi un caffè? Offro io. -

- Ok, perché no. -

Non uscivo per rilassarmi da molto tempo; ero così preso dal caso che le mie due uniche destinazioni erano casa e il dipartimento. Mi sembrava di non avere più problemi a cui pensare, di essere libero. Catherine poi era davvero un'ottima compagna di discussioni: intelligente, spiritosa, sembrava totalmente diversa dall'idea che mi ero fatto di lei la prima volta che l'avevo vista. Dopo esserci presi il caffè passeggiammo per le strade addobbate. Parlavamo del più e del meno senza mai citare i nostri lavori (ci eravamo imposti questa condizione da rispettare) e, senza che ce ne accorgemmo, si fece sera. Decisi quindi di accompagnarla a casa con la mia auto.

- Dovremmo rifarlo qualche altra volta. - dissi prima di lasciarla davanti al suo portone

- Già, è stata una bellissima giornata. - mi rispose - Ci vediamo Dominic. -

Le feci un cenno con la mano, mi voltai e tornai nella vettura.

In quel momento ricevetti una chiamata da Pillow.

- Ehi Pillow, che succede? - gli chiesi.

- Vieni da Yarnez, subito. -

Qualche minuto dopo fui in casa dell'investigatore; c'erano lui, la sua collaboratrice ed il mio partner.

- Qualcuno mi spiega che succede? - domandai leggermente preoccupato.

- Percivals, ho grandi notizie. - rispose Pillow con fare maestoso - Da oggi in poi questo sarà il quartier generale della squadra investigativa dedita al caso K. -

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