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Magnus sorseggiò il drink che si era preparato, lanciando un'altra occhiata alla porta di casa e sbuffando.

Aveva mandato un messaggio ad Alec, chiedendogli di raggiungerlo a casa quella sera, ma era quasi mezzanotte e il Nephilim non si era ancora presentato.
Magnus iniziava a preoccuparsi che avesse deciso di contravvenire al loro contratto già dal secondo giorno.
Sarebbe stata una terribile seccatura in tal caso, l'idea di avere un Nephilim sempre al suo servizio non era per niente male. Anzi, era probabilmente la cosa più stramba che gli fosse mai successa, e lui di cose strambe ne aveva vissute.

Inoltre, se Alec fosse morto a causa del suo glamour sicuramente il Conclave sarebbe venuto a cercarlo e quella sarebbe stata una seccatura ancora più grande.

Magnus picchiettò con le dita sul tavolino di cedro di fianco alla poltrona e sbuffò ancora una volta, nervoso. Eppure non gli sembrava di chiedere troppo, non lo aveva mica molestato (come invece aveva insinuato Catarina, che era sicuramente una malfidata, quando l'aveva chiamata per lamentarsi, verso le dieci di sera).

Magnus prese un sorso del suo drink, nervoso. E se gli fosse successo qualcosa? E se fosse stato bloccato all'Istituto per una riunione del Conclave?
Lo stregone si massaggiò il ponte del naso, pensando al glamour apposto sul contratto e chiedendosi se stesse già facendo effetto. Lo stava uccidendo lentamente? Per qualche motivo il pensiero lo turbava nel profondo.
Ripensò all'imbarazzo del Nephilim, così atipico per uno della sua razza, quando si era sdraiato sulle sue ginocchia e al sintetico biglietto che aveva lasciato sul tavolo insieme a quella tazza di caffè ormai freddato. Per qualche motivo voleva rivedere quegli occhi blu, così belli abbinati al nero dei suoi capelli, quelle guance che si tingevano adorabilmente di rosso scarlatto e quel sorriso che gli aveva visto rivolgere alla sorella, così puro e genuino.
Lo stregone si alzò di scatto dalla poltrona, deciso a mandare un nuovo messaggio ad Alec per dirgli di non venire, sperando che così il glamour non si sarebbe attivato.
Afferrò il cellulare e lo sbloccò, quando improvvisamente il campanello suonò, interrompendo il silenzio della casa.

Magnus si precipitò alla porta, poi si fermò all'ingresso e si guardò allo specchio posto vicino all'appendipanni. Era perfetto come sempre e, se si fosse sforzato, magari sarebbe anche riuscito ad apparire meno contento di quello che era in realtà.

Aprì la porta mettendo su un cipiglio contrito, che venne meno immediatamente dopo, appena Alec si accasciò su di lui, lasciandogli appena il tempo di riprendersi dalla sorpresa ed affrettarsi a sorreggerlo.

-Alexander!-esclamò Magnus, tirandolo dentro e dando un calcio alla porta, che si richiuse con un tonfo.-Cosa è successo?-chiese, mettendosi un braccio del più piccolo sulla spalla e trasportandolo di peso fino al divano, su cui lo fece stendere.

-Scusa.-borbottò il Nephilim.-Avevi detto di venire qui...-disse.-Ma non sono sicuro di poterti essere granchè utile al momento.-

-Dimmi che cosa ti è successo intanto.-disse Magnus, esaminando il suo corpo e individuando immediatamente una ferita aperta sul torace. Con uno schiocco di dita fece sparire la maglietta e la giacca di pelle dell'altro e, dopo aver constatato che la ferita non fosse troppo grave, appoggiò le mani sulla pelle nuda del più piccolo e recitò un incantesimo.
Alec mugolò sotto il suo tocco, storcendo la bocca per il dolore e serrando gli occhi.

-Avevo una missione. Jace sarà preoccupato.-mormorò, prima di svenire, la ferita ormai completamente rimarginata.

-Jace...-fece Magnus, aggrottando la fronte. Quel biondino non gli piaceva affatto, mentre ad Alec sembrava piacere anche troppo.

Lo stregone si asciugò il lieve sudore dalla fronte e fissò lo Shadowhunter steso sul suo divano, soffermandosi sui muscoli scolpiti con un ghigno compiaciuto.
-Bene, Alexander.-esordì, borbottando fra sè e sè -Sembra che mi dovrò prendere cura di te.-ammiccò, nonostante l'altro non potesse sentirlo.
Fece apparire una calda coperta con la quale coprì il suo ospite (nonostante considerasse niente di meno che un sacrilegio coprire tutto quel ben di Dio) e afferrò il cellulare dalla tasca del suoi pantaloni, sbloccandolo (ovviamente Alec non aveva mai nemmeno pensato di mettere una password) e cercando in rubrica il nome di Jace.
Fissò un attimo quel contatto, indeciso sul da farsi, poi sogghignò e scrisse un messaggio.

Caro parabatai, non ti preoccupare per me. Sono nelle sapienti mani del Sommo Stregone di Brooklyn e lui sa sicuramente cosa fare di me. Baci baci.

Ora Mi Appartieni ~ MalecDove le storie prendono vita. Scoprilo ora